Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 marzo 2017, n. 6772

Licenziamento disciplinare - Dipendente postale - Rimborso spese non pertinenti alla trasferta autorizzata - Lesione del vincolo fiduciario

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 27 maggio 2014, la Corte d'Appello di Torino, investita, quale giudice di rinvio, dell’appello proposto, con ricorso in riassunzione, avverso la decisione resa dal Tribunale di Genova, da T. D. C. nel giudizio promosso nei confronti di Poste Italiane S.p.A., confermava quella decisione e rigettava la domanda della ricorrente avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatole per aver allegato alle richieste di rimborso di spese di viaggio per trasferte biglietti ferroviari non pertinenti o non compiutamente leggibili o riferiti a località diverse da quelle delle trasferte.

La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto la sussistenza di indizi precisi, univoci e concordanti, idonei ad assurgere a prova piena, attestanti l'addebitata presentazione a rimborso di titoli di viaggio non pertinenti alla trasferta autorizzata e l'idoneità di tale comportamento, improntato a slealtà e scorrettezza, ripetutamente reiterato, a pregiudicare il vincolo fiduciario tra le parti.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la D. C., affidando l'impugnazione a due motivi cui resiste, con controricorso la Società, che ha poi presentato memoria.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare "nullità dell'impugnala sentenza ex art. 384, comma 2, c.p.c., per non essersi la stessa adeguata ai principi enunciati da codesta Suprema Corte nella sentenza di annullamento e rinvio in ordine alla portata della condotta di presunto rilievo disciplinare ascritta all’odierna ricorrente, ai criteri di prova che presiedono alla medesima ed al riparto, tra le parti, del relativo onere " ed, in subordine, ancora la "nullità della sentenza per insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio", lamenta l'incongruità del giudizio reso dalla Corte territoriale rispetto al principio di diritto fissato, in sede di rinvio, da parte di questa Corte, per riprodurre l'impugnata sentenza il medesimo rilievo all'epoca assunto a motivo della disposta cassazione per la quale "...essendo alla domanda di rimborso della D. C. allegati biglietti per tratta diversa da quella Genova-Chiavari si deve ritenere provata la condotta intenzionalmente elusiva dei doveri inerenti l’incarico e le mansioni dell’odierna ricorrente".

Il secondo motivo, rubricato "in subordine, nullità della sentenza ex art. 384, comma 2, c.p.c. per violazione dei principi enunciati nella sentenza di annullamento e di rinvio di codesta Suprema Corte in punto "gravità dell’inadempimento" della lavoratrice giustificativa del licenziamento nonché, in subordine, sullo stesso tema, per insufficiente motivazione o motivazione "apparente " o comunque illogica", ripropone la medesima censura relativa allo scostamento della Corte territoriale rispetto al principio di diritto enunciato da questa Corte in sede di rinvio con riguardo al giudizio espresso in ordine al profilo della proporzionalità della sanzione irrogata, con specifico riferimento all'elemento intenzionale, alla consistenza del danno, ai precedenti disciplinari.

Il primo motivo deve ritenersi fondato atteso che il giudice di rinvio incorre nel medesimo errore censurato da questa Corte nel giudizio rescindente, avendo ritenuto assolto da parte della Società datrice, cui incombeva, l’onere della prova della ricorrenza della giusta causa di recesso semplicemente attraverso la produzione delle richieste di rimborso delle spese per le trasferte presentate e sottoscritte dalla lavoratrice recanti in allegato i biglietti ferroviari per tratta diversa da quella dichiarata e, perciò non pertinenti, con evidente scostamento dai principi enunciati da questa Corte che imponevano al giudice di rinvio di pretendere dalla Società datrice la prova, certa e non meramente indiziaria, degli elementi fondanti l’adottato provvedimento espulsivo, ovvero la riferibilità alla lavoratrice medesima della responsabilità di quella errata allegazione e la volontarietà della stessa, precludendogli la possibilità di desumerla, addirittura affermandone la pienezza ed incontrovertibilità, da una presunzione fondata, non su circostanze gravi precise e concordanti addotte dalla stessa Società datrice, ma sulla ritenuta assenza di riscontro dei fatti giustificativi invocati dalla lavoratrice.

Il ricorso, derivando da quanto sopra l’assorbimento del secondo motivo, va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, che provvederà in conformità, disponendo altresì per l’attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’’Appello di Milano.