Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 febbraio 2017, n. 4809

Riscossione - Cartella di pagamento - Ipoteca - Iscrizione - Notifica

 

Svolgimento del giudizio e motivi della decisione

 

1. Equitalia Nord spa propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 58/30/12 del 25 settembre 2012, con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittima l'iscrizione ipotecaria eseguita a carico di S.M. sulla base di alcune cartelle di pagamento. Ha rilevato la commissione tributaria regionale, in particolare, che: - Equitalia non aveva provato la regolare notificazione delle cartelle di pagamento che avevano preceduto l'iscrizione ipotecaria; - inoltre, quest'ultima non era stata preceduta dalla notificazione dell'intimazione di pagamento ex articolo 50 d.P.R. 602/73.

Resiste con controricorso il M..

Equitalia ha depositato memoria ex art. 378 cpc.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

2. Con il primo motivo di ricorso Equitalia lamenta - ex art. 360, 1^ co. n. 3 cod.proc.civ. - violazione e falsa applicazione dell'articolo 26 d.P.R. 602/73. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto, in contrasto con quanto deciso sul punto specifico dal primo giudice, la mancata o irregolare notificazione delle cartelle.

Contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, era agli atti la prova della regolare notificazione di tali cartelle, del resto suscettibile di essere eseguita - in assenza di relata di notifica - mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, ex art. 26 cit..

La censura non può trovare accoglimento, in quanto basata sull'asserita violazione o falsa applicazione di quest'ultima disposizione, nonostante che dalla decisione impugnata emerga non già l'erronea applicazione, da parte della commissione tributaria regionale, della disciplina di notificazione delle cartelle esattoriali di pagamento bensì - ferma restando tale disciplina - una determinata e qui insindacabile valutazione del compendio probatorio. Tale da escludere, nel convincimento del giudice di merito, la dimostrazione della regolare esecuzione di tale notificazione.

Ora, quest'ultimo aspetto doveva essere censurato non ex art. 360, 1^ co. n. 3) cod.proc.civ., bensì ai sensi del n. 5) della stessa disposizione.

Né quest'ultima censura potrebbe essere desunta, indipendentemente dalla ‘rubrica’ erroneamente utilizzata, in sede di ricostruzione sostanziale del motivo di ricorso. Al di là del fatto che quest'operazione ricostruttiva non apparirebbe comunque né agevole né dall'esito univoco, è dirimente osservare come la sentenza impugnata sia stata emanata successivamente all'entrata in vigore della nuova formulazione dell'art. 360, co. n. 5 cod.proc.civ.. Con la conseguenza che la censura in questione avrebbe dovuto porre in evidenza i requisiti di rilevanza del vizio, così come oggi richiesti dall'ordinamento: ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti’. In ordine a tale nuova formulazione - applicabile anche al ricorso per cassazione proposto avverso sentenze del giudice tributario - rileva, in particolare, quanto affermato dalla sentenza Cass. Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014; seguita, tra le altre, da Cass. n. 12928/14; Cass. ord. n. 21257/14; Cass. 2498/15.

Senonché appare del tutto evidente come la censura in oggetto non si faccia minimamente carico del nuovo regime di impugnazione, né sia validamente suscettibile di ricostruzioni interpretative di sorta, idonee allo scopo.

3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce - ex art. 360, 1^ co. n. 3 cod.proc.civ. - violazione e falsa applicazione dell'articolo 50 d.P.R. 602/73; posto che l'avviso disposto da quest'ultima norma era necessario per l'intrapresa, oltre l'anno dalla notificazione della cartella, dell'azione espropriativa; mentre, nel caso di specie, si verteva di iscrizione ipotecaria non avente natura espropriativa, ma soltanto conservativa e di garanzia.

Il motivo sarebbe, in linea di principio, fondato; atteso quanto stabilito da SSUU 19667/14 in ordine al rapporto tra intimazione ex art. 50 cit. e natura non espropriativa dell' iscrizione ipotecaria.

Da tale (teorico) giudizio di fondatezza non può però discendere la cassazione della sentenza impugnata, essendo quest'ultima basata sulla ulteriore ed autonoma ratio decidendi costituita dalla mancata prova della regolare notificazione delle cartelle. Ratio decidendi, quest'ultima, che non è stata - per le indicate ragioni (§ 2.) - validamente censurata.

Ricorre pertanto il consolidato indirizzo di legittimità secondo cui: "quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome "rationes decidendi" ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite "rationes", dall'altro che tali censure risultino tutte fondate. Ne consegue che, rigettato (o dichiarato inammissibile) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata, sono inammissibili, per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta" (Cass. n. 12372 del 24/05/2006; in termini: Cass. 16.8.06 n. 18170; Cass.29.9.05 n. 19161 ed altre).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso;

- condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in euro 8.000,00; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.

- v.to l'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

- dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.