Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 novembre 2017, n. 27777

Tributi - Accertamento - Fatture per operazioni inesistenti - Genericità dell’oggetto - Prova di inerenza del bene o del servizio acquistato all'attività imprenditoriale

 

Ritenuto che

 

G.D.M., E.D.M., soci della E. s.r.I., e R.R., amministratrice e liquidatrice della E. s.r.I., ricorrono con cinque motivi, per la cassazione della sentenza della C.T.R. del Veneto, n. 58/14/10 dep. il 13 luglio 2010, che, respingendo (previa riunione) gli appelli promossi dalla società contribuente, ha ribadito, così confermando le decisioni di primo grado, la legittimità degli avvisi di accertamento per Irpeg, Iva e Irap, relativi agli anni d'imposta 2003 e 2004, tesi a recuperare deduzione di costi ritenuti non adeguatamente documentati e non inerenti, nonché le corrispondenti detrazioni Iva. I recuperi riguardavano importi portati da fatture emesse da I. s.r.I., per asserite prestazioni di consulenza promozionale, marketing e organizzazione di iniziative propagandistiche, utilizzate nell'ambito del rapporto intercorrente con la cliente S.G. s.p.a., ed erano in particolare fondati sulla discrasia fra l'attività risultante dall'oggetto sociale e dal codice di attività di E. s.r.l. (fabbricazione imballaggi, carta e cartone) e quella (di consulenza industriale) riferibile alle prestazioni di cui ai costi recuperati e dichiaratamente esercitata, nonché sulla genericità delle fatture oggetto di contestazione e l'esistenza di stretti rapporti di parentela tra i soci e gli amministratori delle tre summenzionate società.

Nel ribadire la legittimità dei recuperi, la C.T.R., considera che la fondatezza degli accertamenti si desume affidabilmente dalla mancata definizione dell'attività di consulenza asseritamente prestata da E. a favore di S.G., dalla non congruente circostanza che l'importo complessivo delle fatture emesse da I. nei confronti di E. è tale da coprire pressoché integralmente l'entità dei ricavi della società, dall'estrema genericità delle fatture emesse ed oggetto del recupero; elementi tali da far anche pensare "ad un giro di coperture fasulle generate dall'attività di cartiera svolta da I. s.r.l.".

L'Agenzia resiste con controricorso.

 

Considerato che

 

1. Col primo motivo del ricorso si deduce nullità, della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. per vizio di extrapetizione avendo la CTR statuito che le fatture in contestazione sarebbero "coperture fasulle generate dall'attività di cartiera svolta da I. s.r.l.", mentre l'avviso di accertamento contestava la non inerenza dei costi.

2. Col secondo motivo del ricorso si deduce violazione di legge (art. 7 I. 212/2000, art. 3 I. 241/90, art. 42 d.p.r. 600/73, art. 56 d.p.r. 633/72, artt. 18, 19, 23, 24, 54 e 57 d.lgs. 546/92 e art. 111 cost.), non avendo l'Amministrazione finanziaria contestato che i costi in questione fossero relativi a operazioni inesistenti e neppure che I. s.r.l. fosse una società cartiera, con ciò mutando i termini della controversia.

3. Col terzo motivo si denuncia insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo, per avere la C.T.R. ritenuto che le fatture in contestazione sarebbero "coperture fasulle generate dall'attività di cartiera svolta da I. s.r.l.", omettendo di indicare gli elementi da cui ha tratto tale convincimento.

4. Gli indicati motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione, sono inammissibili, poiché non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha giudicato legittimi gli avvisi di accertamento in esito al riscontro dei plurimi elementi sopra evidenziati, ritenuti idonei a contrastare la rilevanza probatoria delle fatture in merito all'inerenza delle prestazioni attestate all'attività dell'impresa e alla loro stessa esistenza (che dell'inerenza costituisce presupposto indefettibile).

5. Col quarto motivo si deduce violazione di legge, dell'art. 75 TUIR (oggi 109); degli artt. 13, 18 e 19 d.p.r. 633/72; dell'art. 11 parte A) n. 1 della sesta direttiva n. 77/388/CEE e dell'art. 2697 cod. civ., per avere la C.T.R. fatto mal governo del criterio di inerenza dei costi, dovendosi questo intendere come collegamento all'attività d'impresa in senso ampio e, ulteriormente, insufficiente motivazione (ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c.) in relazione alle circostanze di fatto in base alle quali il requisito dell'inerenza è stato escluso.

6. Col quinto motivo si censura la decisione impugnata - sul piano della violazione di legge, in relazione all'art. 75 TUIR (oggi 109); artt. 13, 18 e 19 d.p.r. 633/72; art. 11 parte A n. 1 della sesta direttiva n. 77/388/CEE, e del vizio di motivazione - nella parte in cui ha negato per intero la deduzione dei costi, perché considerati incongrui, nonché la detrazione dell'Iva afferente, invece che riconoscere la deducibilità del costo e dell'Iva, per la quota parte ritenuta congrua.

7. I suddetti motivi sono infondati e vanno respinti.

Al riguardo occorre in primo luogo premettere che, secondo consolidato canone ermeneutico (cfr. Cass. nn. 21980/15, 21446/14, 24426/13, 9108/12, 5748/10), sia in tema di imposizione diretta sia in tema di Iva, la fattura costituisce elemento probatorio a favore dell'impresa solo se redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti dall'art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 ed idonea a rivelare compiutamente natura, qualità e quantità delle prestazioni attestate. Deve, inoltre, considerarsi che è altresì consolidato il principio, secondo cui, sia ai fini della deduzione dei costi in tema di imposte dirette sia ai fini di detrazione Iva, incombe sul contribuente l'onere di provare l'inerenza del bene o del servizio acquistato all'attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene o del servizio all'esercizio dell'attività medesima (cfr. Cass. nn. 13300/17, 18475/16, 21184/14, 16853/13).

Sulla base di tali premesse deve ritenersi che, nell'esprimersi nei termini sopra riportati, il giudice a quo ha ritenuto la legittimità degli accertamenti impugnati per difetto di prova dell'inerenza delle prestazioni oggetto della deduzione ai fini dell'imposizione diretta e della detrazione Iva, con accertamento di fatto rispondente ai canoni interpretativi sopra riportati e, in quanto coerentemente motivato in relazione a plurime concludenti circostanze, insindacabile in questa sede.

8. Conclusivamente il ricorso va rigettato.

9. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in €. 15.000/00 oltre spese prenotate a debito.