Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 novembre 2017, n. 27799

Tempo di vestizione/svestizione e per dare/ricevere le consegne al passaggio di turno - Adempimenti connessi ad effettiva e diligente prestazione - Compenso economico - Punto qualificante - Verificare se i tempi siano utilizzati fuori o all'interno dell'orario di lavoro

 

Considerato

 

Che con sentenza in data 23/01/2012 la Corte d'Appello di L'Aquila, a conferma della sentenza del Tribunale di Pescara n. 202/2011 ha dichiarato il diritto di A.A., infermiere presso il Presidio Ospedaliero di P. ricadente territorialmente nell'AUSL di Pescara, a percepire la retribuzione maturata per il tempo utilizzato per la vestizione/svestizione della divisa aziendale e per dare/ricevere le consegne all'uscita e all'entrata dal proprio turno di lavoro, trattandosi di adempimenti connessi a un'effettiva e diligente prestazione, meritevoli pertanto di compenso economico.

Che avverso tale decisione interpone ricorso in Cassazione l'AUSL di Pescara con un unico motivo, cui oppone tempestivo controricorso A.A..

Che entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Ritenuto

 

Che nell'unica censura l'Ausl ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 1 d.lgs. n. 66/2003, del c.c.n.l. per il comparto sanità 2001, integrativo del c.c.n.l. del 1999, nonché del c.c. integrativo aziendale del 2003, dell'art. 2104, co.2 cod. civ., dell'art. 2697 cod. civ. e di ogni norma e principio in materia di onere della prova; deduce altresì il vizio di omessa e carente motivazione in relazione all'art. 360, n.5 del codice di rito.

Che quanto alla retribuibilità dei tempi per la vestizione/svestizione la motivazione della sentenza gravata si porrebbe in palese contrasto con le norme richiamate, in quanto, tale attività rientrerebbe nella diligenza preparatoria, intesa nei limiti della normalità socio culturale che a essa la giurisprudenza riconnette.

Che nel caso in esame le norme contrattuali fanno obbligo al lavoratore di indossare non già da casa, per evidenti motivi d'igiene e sanità pubblica, ma prima e dopo l'uscita dai relativi reparti, camice e mascherina protettiva e che pertanto, non risulta essere stato provato che su tale adempimento l'azienda abbia svolto mai un controllo, né che il lavoratore -fosse obbligato a indossare la divisa prima della timbratura del cartellino; che dunque, l'attività in oggetto potrebbe tutt'al più configurarsi quale adempimento di un obbligo di diligenza preparatoria.

Che quanto al secondo punto oggetto della sentenza, concernente il passaggio di turno al fine di assicurare la continuità terapeutica ai pazienti, l'Ausl ricorrente ritiene che quest'esigenza possa dirsi soddisfatta dalle annotazioni in cartella (c.d. scheda infermieristica), ove sono puntualmente riportate le pratiche eseguite e da eseguire; che, inoltre, il contratto integrativo aziendale prevede la rotazione dei lavoratori entro un range temporale di trenta minuti, secondo la formula organizzativa c.d. dell'avvicendamento dinamico di squadra, così da consentire che nel tempo necessario al passaggio di consegne, i reparti non siano lasciati mai completamente sguarniti.

Che, laddove si renda necessario un prolungamento, oltre il proprio turno, e la formula flessibile dell'avvicendamento non si riveli sufficiente, entrerebbe in soccorso l'altra tecnica dell'autorizzazione postuma dell'orario reso oltre il turno prestabilito da parte del coordinatore del reparto, onde permettere al turnista successivo di assumere informazioni e prescrizioni da chi l'ha preceduto, nel caso in cui ciò sia richiesto dalla gravità del caso.

Che l'unica censura è infondata.

Che sotto ambedue i profili controversi, sia quello concernente il cambio abito sia quello relativo al cambio turno, entrano in gioco comportamenti integrativi e strumentali all'adempimento dell'obbligazione principale, i quali nondimeno appaiono funzionali ai fini del corretto espletamento dei doveri deontologici della presa in carico del paziente e della continuità assistenziale.

Che quanto al tempo per la vestizione/svestizione, la giurisprudenza di questa Corte, che lo considera tempo di lavoro ove qualificato da eterodirezione, in difetto della quale l'atto rientra nell'obbligo di diligenza preparatoria e non dà titolo ad autonomo corrispettivo (Cass. n. 9215/2012), non è invocabile nel caso in esame, in quanto, non essendo detta attività svolta nell'interesse dell'azienda bensì dell'igiene pubblica, essa deve ritenersi implicitamente autorizzata da parte dell'AUSL.

Che la Corte territoriale ha correttamente affermato il diritto alla retribuzione soltanto per il tempo effettivo eventualmente di volta in volta utilizzato dal lavoratore; che pertanto il punto qualificante della controversa materia diventa verificare se i tempi di vestizione/svestizione siano stati utilizzati fuori o all'interno dell'orario di lavoro.

Che la sentenza gravata, nel sostenere il diritto alla retribuzione per il tempo di vestizione/svestizione del personale infermieristico ha affermato che nel caso di specie "...l'incombente ancorché correlato alla fase preparatoria, non è rimesso alla libertà del lavoratore, tanto che il datore può rifiutarne la prestazione senza di esso", e pertanto, non essendo stato accertato che tale attività si fosse svolta entro l'orario di lavoro, il tema della non retribuzione non si pone in quanto non ha costituito oggetto di prova nell'ambito del giudizio di merito, a nulla rilevando in tal caso il riferimento all'esercizio del potere di eterodirezione datoriale, invocato da questa Corte per fattispecie tutt'affatto diversa, non adattabile al caso in esame; Che per quanto riguarda il lavoro all'interno delle strutture sanitarie, nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa, il tempo di vestizione/svestizione dà diritto alla retribuzione, essendo detto obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto; che, tuttavia, la declaratoria di tale diritto è subordinata all'accertamento di quanto di volta in volta è in concreto avvenuto.

Che quanto al cambio di consegne nel passaggio di turno, adempimento, anch'esso necessariamente connesso alle peculiarità del servizio sanitario, risponde al vero - come sostiene il controricorrente - che la Corte territoriale, col non reputare soddisfatta l'esigenza della presa in carico del paziente, né dal sistema di turnazione flessibile, né dalla prassi delle annotazioni sulla scheda infermieristica, mero scambio cartaceo riguardante la terapia somministrata, e con l'affermare che, "... in quanto riferibile ai tempi di una diligente effettiva prestazione di lavoro", per la funzione che è chiamata ad assolvere, lo scambio di consegne va considerato, di per sé stesso, meritevole di ricompensa economica, ha inteso imprimere a tale attività una nuova rilevanza, accrescendo la dignità giuridica della regola deontologica della continuità assistenziale.

Essendo, pertanto, infondata l'unica censura, il ricorso va rigettato con condanna alle spese di legittimità della parte soccombente.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento nei confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.