Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 agosto 2016, n. 17349

Tributi - Accertamento fiscale - Maggiori IRES, IRAP ed IVA - Rideterminazione del reddito d’impresa

 

In fatto

 

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, nei confronti della R. Costruzioni srl in liquidazione (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 10592/44/2014, depositata in data 4/12/2014, con la quale - in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento, per maggiori IRES, IRAP ed IVA dovute in relazione all'anno d’imposta 2006, a seguito di rideterminazione, ex art. 39 DPR 600/1973, del reddito d’impresa, sulla base di diversi rilievi concernenti varie operazioni commerciali, è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile il gravame principale dell’Agenzia delle Entrate per difetto di specificità, in violazione dell’art. 53 d.lgs. 546/1992, ed inefficace quello incidentale della contribuente, in quanto notificato ben oltre il termine lungo semestrale per impugnare.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

 

In diritto

 

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt.53 d.lgs. 546/1992 e 324 c.p.c., avendo i giudici della C.T.R. errato nel ritenere inammissibile l’appello, per difetto di specifici motivi.

2. La censura è fondata.

Ed infatti questa Corte ha affermato che "in tema di contenzioso tributario, la mancanza o l'assoluta incertezza dei motivi specifici dell'impugnazione, le quali, ai sensi dell'art. 53, comma primo, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora l’atto di appello, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione e questa non possa ritenersi "assolutamente" incerta, essendo interpretabile, anche alla luce delle conclusioni formulate, in modo non equivoco" (Cass. 6473/2002) ed, inoltre, "non essendo imposti dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere "specifici" i motivi d'appello possono essere ricavati, anche per implicito, purché in maniera univoca, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni" (Cass. 1224/2007).

Come poi ribadito anche di recente da questa Corte (Cass. ord. 14908/2014), nel processo tributario, anche "la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado - in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere - assolve l'onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dall’art. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza".

Nella specie, dalla stessa esposizione nel presente ricorso per cassazione, si evince che l’appellante, chiedendo l’annullamento della decisione di primo grado, contestava la contraddittorietà della motivazione e l’erronea valutazione degli elementi probatori offerti (in primis, il PVC redatto dai verificatori) da parte dei giudici della C.T.P..

Nè rileva, ai fini della censura di genericità del gravame (al di là della sovrabbondanza di dati), quanto dedotto dalla controricorrente, in ordine al fatto che le questioni portate in discussione dall’Amministrazione finanziaria concernessero anche altre annualità d’imposta, oggetto di separati accertamenti, essendo gli atti impositivi tutti scaturiti dalla stessa verifica fiscale e dal medesimo PVC.

Vi erano, comunque, nell’atto di appello riferimenti all’anno d’imposta (2006) oggetto della lite (anno nel quale era intervenuto il trasferimento di proprietà del terreno edificabile alla società contribuente, qualificato dall’Ufficio come permuta di cosa presente con cosa futura) ed alla correttezza dei rilievi scaturiti dal verbale dì verifica, alla base dell’atto impositivo impugnato.

Risulta, pertanto, che l’appello fosse sufficientemente specifico e contenesse quella necessaria "parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico’’ (Cass. S.U. 23299/2011).

3. Deve ritenersi poi inammissibile la censura, mossa nel corpo del controricorso, in ordine alla inesistenza dell’atto impositivo, perché asseritamente sottoscritto da soggetto privo di qualifica dirigenziale. Invero, non viene esplicitato dalla contro ricorrente quando ed in quale sede detta eccezione sia stata sollevata nel giudizio di merito (non trasparendo l’eccezione dalla sentenza impugnata). Deve ribadirsi che le forme di invalidità dell’atto tributario, ove anche dal legislatore indicate sotto il nomen di nullità, non sono rilevabili d'ufficio, né possono essere fatte valere per la prima volta nel giudizio di cassazione (Cass. n. 18448/2015).

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla CT.R. della Campania, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Campania in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.