Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 27 dicembre 2017, n. 30930

Pubblico impiego - Selezione concorsuale - Riconoscimento di maggior livello di professionalità - Trattamento retributivo ulteriore - Natura di diritto quesito

 

Rilevato

 

che la Corte di Appello di Brescia con la sentenza n. 422 in data 25.10.2011 , in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il diritto di G.L. a trattenere le somme percepite dall'Inps a titolo di retribuzione di 1° livello differenziato di professionalità nel periodo compreso tra il 1.7.1990 ed il 31.12.1996; che la Corte territoriale ha ritenuto che: la retribuzione erogata era collegata al riconoscimento del maggior livello di professionalità acquisita dal L. a seguito della procedura concorsuale, successivamente annullata e all'avvenuto espletamento, nel periodo dedotto in giudizio, delle mansioni corrispondenti al superiore livello di professionalità; trovava applicazione alla fattispecie dedotta in giudizio l'art. 2126 c.c. che per la cassazione della sentenza l'Inps ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui ha resistito G.L. con controricorso, illustrato da successiva memoria;

 

Considerato

 

che in via preliminare va rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dal controricorrente, sul rilievo della sua tardività rispetto al termine di cui al c. 1 dell'art. 327 c.p.c.posto nella fattispecie in esame non trova applicazione "ratione temporis" il termine semestrale previsto dall’art. 327 c.p.c. nel testo risultante dalle modifiche apportate dall' art. 46 c. 17 L n. 69 del 2009 (il giudizio di primo grado ha avuto inizio nel 2007);

che ancora in via preliminare va rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dal controricorrente, sul rilievo della avvenuta deduzione in entrambi i motivi di censure eterogenee riconducibili ad una pluralità di vizi tra quelli indicati nell'art. 360 c.p.c. perché le prospettazioni difensive esposte nel ricorso consentono di ricostruire in modo chiaro a quale dei vizi siano riferite le censure formulate (Cass. SSUU 26242/2014, 17931/2013);

che con il primo motivo, il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli articoli 2033 e 2126 c.c., dell'articolo 52 del Testo unico n. 165 del 2001, dell'articolo 14 del D.P.R. n. 43 del 1990, come integrato dall'articolo 12 del D.L. 22.9.1990, sostituito dall'articolo 13 del D.L. 24.11.1990, convertito dalla L. n. 21 del 1991, nonché violazione e falsa applicazione degli articoli 29 del D.P.R. n. 411 del 1976, e 17 c. 5 del D.P.R. n. 267 del 1987 ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio;

che il ricorrente sostiene che: il trattamento retributivo corrisposto al L. all'esito della selezione concorsuale per l'attribuzione del primo livello di professionalità non poteva assumere la natura di diritto quesito, dipendendo dall'esito finale del giudizio relativo all'annullamento della procedura concorsuale e che, annullata quest'ultima, le maggiori retribuzioni corrisposte avrebbero dovuto essere considerate come erogate "sine titulo" e conseguentemente ripetibili ex articolo 2033 del c.c.; la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere, nonostante I' assenza di ogni supporto probatorio, che con l'attribuzione al L. del 1° livello differenziato di professionalità fossero state attribuite mansioni di superiore livello professionale; la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere inapplicabile alla fattispecie dedotta in giudizio l'art. 2033 c.c. ed invece applicabile l'art. 2126 c.c.; il livello differenziato di professionalità istituito dall' art. 14 D.P.R. n. 43 del 1990, integrato dall'art. 12 del D.L. n. 264 del 1990, sostituito dall'art. 13 del D.L. n. 344 del 1990, convertito in L. n. 21 del 1991, costituirebbe una mera modifica dell'assetto retributivo dei dipendenti, senza previsione della utilizzazione in mansioni diverse e superiori rispetto a quelle in precedenza espletate, circostanza, comunque, non accertata dalla Corte; che con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2103 c.c., e dell'art. 52 del D. Lgs. n. 165 del 2001 e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, sostenendo che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che all'attribuzione del superiore livello di retribuzione corrispondesse un mutamento di mansioni e che avrebbe omesso di accertare e di motivare in ordine alle mansioni in concreto svolte dal L.;

che entrambi i motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente, devono essere rigettati perché il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati da questa Corte, nelle decisioni n. 4448, 4325, 3377, 3376, 2815, 2506 del 2017 e n. 7424 del 2016, pronunciate in fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella dedotta giudizio le cui argomentazioni motivazionali esposte a sostegno del "decisum" devono qui intendersi richiamate ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c.;

che questa Corte nelle decisioni innanzi richiamate relative con riguardo alla progressione di carriera dei dipendenti dell’Inps, ha affermato che: l’art. 14, comma 14, del d.P.R. n. 43 del 1990 - nel condizionare l’accesso ai livelli differenziati di professionalità ad un concorso per titoli cui possono partecipare i dipendenti, appartenenti alla decima qualifica funzionale, in possesso di una data anzianità e che abbiano, per un determinato periodo, effettivamente prestato servizio nella predetta qualifica - ha inteso riconoscere l’aumento retributivo solo a coloro che si fossero dimostrati più meritevoli, correlando la progressione economica al maggior valore professionale della prestazione resa; tale normativa va letta in coerenza con i principi di perequazione retributiva - ricavabili dal combinato disposto degli articoli 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione e dalla normativa in materia di pubblico impiego (art. 45 del D.Igs 165 del 2001, che ha recepito l’art. 49 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 23 del d.lgs n. 546 del 1993 - e di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione pubblica (art. 97 II comma Cost.), sicché la progressione economica deve tradursi nel correlato maggior valore professionale della prestazione richiedibile, e quindi in un risultato del quale l’amministrazione possa effettivamente valersi, il quale solo giustifica l’incremento patrimoniale; I' introduzione (ad opera dell’art. 14 del DPR 13.1.1990 n. 43, aggiunto dall'art. 13 del D.L. n. 344 del 1990, convertito con modificazioni in L. n. 21 del 1991) dei concorsi per titoli rispetto alle precedenti mere progressioni automatiche di anzianità ha perseguito la finalità di correlare la progressione stipendiale al maggior impegno professionale manifestato ossia all'accertamento, mediante concorso per titolo, di una acquisita maggiore capacità professionale rispetto agli altri concorrenti che rappresentasse garanzia di una "migliore organizzazione dell'amministrazione" ed una maggiore affidabilità al fine dell'assegnazione di mansioni più complesse che la Corte territoriale nella sentenza oggi impugnata ha accertato che il L., al quale era stato riconosciuto dal 1.7.1990 al 31.12.1996 il livello superiore (1°) di professionalità per effetto della procedura concorsuale poi annullata, aveva svolto funzioni connesse ai livelli di professionalità a suo tempo conseguiti, in quanto non era contestato in causa che egli avesse svolto attività di coordinamento dell'Ufficio ove prestava servizio;

che la Corte territoriale non ha attribuito, in difetto di superamento dell'utile concorso, un inquadramento diverso e superiore, ma ha solo mantenuti fermi a fini economici gli effetti del riconoscimento della superiore professionalità che era già intervenuto nei confronti del ricorrente, ed a cui aveva fatto riscontro l'esercizio a lungo protratto di mansioni particolarmente qualificate;

che è, pertanto, priva di pregio la affermazione secondo cui l'esercizio di compiti di coordinamento (con la percezione della relativa indennità) non equivarrebbe a svolgimento di mansioni superiori, perché la Corte non ha ritenuto significativo l'esercizio delle funzioni di coordinamento di per sé, ma l'esercizio delle mansioni che il L. aveva svolto e della professionalità che nell' esercizio delle stesse egli aveva dimostrato di possedere;

che il giudizio secondo il quale le mansioni svolte dal L. fossero meritevoli del superiore riconoscimento costituisce un accertamento in fatto, incensurabile in questa sede, in quanto il ricorrente ha omesso di specificare quale sia il fatto controverso e decisivo in relazione al quale si sarebbero consumati i vizi motivazionali dedotti nel primo e nel secondo motivo;

che le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 4.000,00 per compensi professionali, ed € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso forfettario spese generali, oltre IVA e CPA.