Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 luglio 2016, n. 13784

Cooperativa - Crediti INPS - Esclusione - Sgravi contributivi ex art. 9, co. 5, L. n. 67/1988 - Fruizione

 

Svolgimento del processo

 

Con decreto in data 2.11.2012 il Tribunale civile di Ancona, sezione fallimentare, rigettava l'opposizione allo stato passivo proposta da Equitalia Marche S.P.A. avverso il decreto del giudice delegato emesso il 20.1.2011 che aveva statuito l'esclusione di crediti INPS e aggi di riscossione dal passivo dell'Amministrazione Straordinaria A.M. Soc. Coop. a r.l. A fondamento della decisione il tribunale osservava che il credito di € 553.765,86 vantato da Equitalia Marche Spa era stato escluso per compensazione con il maggior credito vantato dalla cooperativa A.M. per sgravi contributivi; che gli sgravi in oggetto erano previsti dall'art. 9 comma 5 della legge 67/1988 (il quale ha stabilito che a decorrere dal primo gennaio 1988 i premi e i contributi relativi alle gestioni previdenziali ed assistenziali sono dovuti nella misura del 15 per cento dai datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente ed occupato a tempo indeterminato nei terrori montani di cui all'art. 9 dpr 29 settembre 1973 n. 601 e nella misura del 40 per cento per i datori di lavoro operanti nelle zone agricole svantaggiate); che l'applicazione dei predetti benefici alle cooperative che trasformano manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici propri o dei loro soci ricavati dalla coltivazione dei fondi, dalla silvicultura e dall'allevamento di animali discendeva dalla legge 240/1984 ed era confermata dalle diverse circolari INPS le quali avevano precisato che alle cooperative sono concessi i benefici che sarebbero spettati ai singoli soci conferenti il prodotto, in relazione ai territori di provenienza del prodotto. Concludeva, pertanto, il tribunale che gli sgravi in discorso spettassero anche alla A.M. Soc. Coop. a r.l. perché non era contestata la provenienza dei prodotti da zone agevolate, né vi era specifica contestazione sul quantum. Inoltre, l'unica contestazione avanzata da Equitalia, in relazione al rapporto di soccida instaurato tra i soci ed i singoli allevatori, era superabile in quanto il soccidante partecipa all'impresa del soccidario e beneficia degli sgravi connessi all'ubicazione del soccidario medesimo. Secondo il tribunale, neppure poteva costituire ragione ostativa all'attribuzione degli sgravi il fatto che l'Ente impositore non avesse emesso il provvedimento di riconoscimento del diritto al beneficio, giacche questo discende direttamente dalla legge al ricorrere delle relative condizioni.

Contro questa decisione Equitalia Marche spa ha proposto ricorso per cassazione incentrato su tre motivi di impugnazione,

L'Amministrazione Straordinaria A.M. Soc. Coop, a r.l. in liquidazione ha resistito con controricorso. Equitalia Marche spa ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1.- Con il primo motivo di ricorso, Equitalia Marche spa ha denunciato la violazione e/o falsa e/o erronea interpretazione e/o applicazione di norme di diritto (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.) posto che l'Amministrazione Straordinaria A.M. Soc. Coop, a r.l. in liquidazione non aveva provato il proprio controcredito costituito dai pretesi sgravi contributivi, e quindi il diritto alla compensazione, né dimostrato all'uopo la loro consistenza. La ricorrente contestava altresì che gli sgravi potessero spettare alla A.M. soc. coop. a r.l, poiché essa, in qualità di soccidante, non poteva godere delle agevolazioni previste dalla legge per il soccidario. Inoltre il decreto impugnato avrebbe dovuto essere necessariamente cassato nella parte in cui aveva affermato che, in conseguenza dell'affermata compensazione, non fossero nemmeno dovute le somme spettanti all'agente della riscossione a titolo di aggi e gli interessi.

2. - Con il secondo motivo la ricorrente deduceva insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.) discendente dall'erroneo approccio alle questioni di diritto rilevanti ai fini del decidere e dalla mancata ammissione delle istanze probatorie avanzate subordinatamente da Equitalia Centro SPA.

3. - Con il terzo motivo, infine, la società ricorrente lamenta nullità della sentenza e del procedimento per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dell'INPS, nei cui confronti aveva formulato istanza di chiamata in causa ex art. 39, d.lgs. n. 112/1999.

Tale ultimo motivo appare all'evidenza logicamente preliminare rispetto ai primi due ed è fondato nei termini che seguono. Questa Corte ha invero consolidato l'insegnamento secondo cui, nelle controversie aventi ad oggetto la debenza di tributi e contributi soggetti a riscossione mediante iscrizione a ruolo, la legittimazione del concessionario del servizio di riscossione dei tributi sussiste soltanto se l'impugnazione proposta dal debitore concerne vizi propri del procedimento esecutivo, mentre va esclusa qualora la materia del contendere attenga alla debenza del tributo o del contributo, dovendosi in tal caso integrare il contraddittorio con l'ente impositore (cfr. in tal senso Cass. nn. 6450 del 2002 e 18972 del 2007): non solo infatti quest’ultimo resta l’unico titolare della pretesa creditoria, al punto che, ove non vengano in rilievo vizi della procedura di riscossione, la notifica dell'impugnazione al concessionario ha valore di mera denuntiatio litis, che non gli attribuisce la qualità di parte (Cass. n. 23984 del 2014), ma la stessa iscrizione a ruolo del credito e la conseguente attribuzione al concessionario della legittimazione a farlo valere in executivis hanno valenza esclusivamente processuale, nel senso che il potere rappresentativo a tal fine attribuito agli organi della riscossione non esclude la concorrente legittimazione dell'ente impositore, il quale conserva la titolarità del credito azionato (Cass. n. 24202 del 2015). Prova ne sia che l'art. 39, d.lgs. n. 112/1999, impone al concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o validità degli atti esecutivi, di chiamare in causa l’ente impositore, rispondendo diversamente in proprio delle conseguenze della lite.

Vero è che, nel caso di specie, non di un'impugnazione tecnicamente si trattava, bensì di un'eccezione di compensazione con la quale l'amministrazione straordinaria di A.M. s.c. a r.l., nell'ambito di un'opposizione instaurata dall'esattore contro lo stato passivo, aveva fatto valere il proprio maggior credito a titolo di sgravi ex I. n. 67/1988, onde potrebbe soccorrere il principio secondo cui, non avendo l'amministrazione straordinaria proposto alcuna domanda riconvenzionale ed essendosi piuttosto limitata a eccepire il proprio controcredito a! solo fine di contrastare la domanda di ammissione al passivo, non sussisterebbe alcuna necessità di integrazione del contraddittorio con l'ente impositore (arg. ex Cass. n. 543 del 1977). Reputa tuttavia il Collegio che ragioni di coerenza sistematica, oltre che di economia processuale, impongano di circoscrivere la possibilità che il processo per opposizione allo stato passivo intentato dal concessionario possa svolgersi senza la presenza dell'ente impositore al solo caso in cui la materia del contendere concerna per l'appunto vizi propri del procedimento di riscossione: è infatti evidente che, non potendo la statuizione concernente il merito della pretesa creditoria far stato nei confronti del titolare del credito, essendo questi rimasto estraneo al processo, l'unico suo effetto consisterebbe nella paralisi dell'azione esecutiva intrapresa dal concessionario dei servizi di riscossione, che obbligherebbe l'ente impositore a far valere il proprio credito in via ordinaria, frustrando così le finalità acceleratorie perseguite dal legislatore mercé il ricorso al procedimento di iscrizione a ruolo. E ciò senza alcuna plausibile ragione logico-sistematica, se è vero che l'iscrizione a ruolo non fa comunque venir meno la legitimatio ad causam in capo all'ente impositore, al punto che questi potrebbe comunque intervenire autonomamente nel procedimento promosso dal concessionario.

Dovendo pertanto ritenersi che, anche in tema di opposizione allo stato passivo promossa dal concessionario dei servizi di riscossione di crediti per contributi e premi, ex art. 24, d.lgs. n. 46/1999, qualora il debitore sottoposto alla procedura concorsuale deduca fatti o circostanze che incidono sul merito della pretesa creditoria o, a fortiori, eccepisca in compensazione un proprio controcredito nei confronti dell'ente impositore, sussiste la necessità di integrare il contraddittorio con quest'ultimo, ex art. 102 c.p.c., resta da dire che la soluzione prescelta non impinge contro il consolidato orientamento di questa Corte di legittimità secondo cui la proposizione di un'eccezione riconvenzionale involgente un rapporto giuridico plurisoggettivo non dà luogo, di norma, a litisconsorzio necessario con gli altri collegittimati (cfr. da ult. Cass. n. 4624 del 2013), giacché nel caso di specie, come anzidetto, non può parlarsi di vera e propria colegittimazione tra il concessionario dei servizi di riscossione e l'ente impositore, dal momento che quest'ultimo è in realtà l'unico legittimato ad causam, essendo quella del concessionario una legittimazione meramente processuale (Cass. n. 24202 del 2015, cit.).

Non essendosi il Tribunale attenuto al superiore principio, il decreto impugnato, assorbiti i primi due motivi di censura, va cassato con rinvio della causa per nuovo esame al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità al tribunale di Ancona in diversa composizione.