Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 novembre 2017, n. 28739

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Ricorso in cassazione - Contenuto necessario del ricorso - Motivi - Quesito di diritto per le violazioni di legge e quesito di fatto in ordine ai vizi motivazionali

 

Rilevato

 

- che, in controversia relativa ad avviso di accertamento ai fini ILOR e avviso di rettifica IVA relativi all'anno di imposta 1997, emessi dall'Agenzia delle Entrate nei confronti della R.S.P. di G. D. & C. s.a.s., nonché dei soci G. L. e S. N., per maggiori ricavi risultanti dagli accertamenti bancari effettuati dalla G.d.F. e risultanti dal relativo processo verbale di constatazione, la CTR laziale con la sentenza in epigrafe accoglieva il ricorso dell'amministrazione finanziaria e, riformando la sentenza di primo grado, confermava gli atti impositivi;

- che i giudici di appello ritenevano che la correzione del nominativo del relatore sul frontespizio della sentenza di primo grado non costituisse motivo di nullità della stessa in quanto la presenza del relatore risultava dal verbale di udienza del 19/05/2005 sottoscritto dal segretario e dal presidente, che non sussistevano le condizioni per l'applicazione dell'agevolazione dell'art. 115, comma 2, lett. e-bis), TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), nel testo previgente alla riforma del 2004, in quanto il numero degli addetti era superiore a tre, stante la presenza di collaboratori "in nero", e che era legittimo, anche senza preventivo contraddittorio, l'accertamento di maggiori ricavi desunto dai movimenti di conti correnti bancari riconducibili, anche quello intestato alla madre del L., all'attività di impresa;

- che avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, il solo socio G. L. e che l'intimata ha replicato con controricorso;

 

Considerato

 

- che con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. n. 5, cod. proc. civ., l'omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata in ordine alla richiesta di rilevazione d'ufficio della violazione del principio di immodificabilità del collegio giudicante, ex art. 276 cod. proc. civ., nonché la valutazione della sussistenza della nullità ovvero della rimessione in primo grado ai sensi dell'art. 59, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 546 del 1992;

- che con il secondo motivo deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., la falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 116, primo comma, cod. proc. civ., 37, comma 3, e 42, d.P.R. n. 600 del 1973 nonché per mancata valutazione delle prove prodotte dalla parte ricorrente;

- che con il terzo motivo deduce, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 38, commi 1 e 2, d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 2, n. 2, d.P.R. n. 633 del 1972, nonché «incongruità e contraddittorietà» della motivazione della sentenza impugnata;

- che con il quarto motivo deduce, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 115, comma 2, lett. e-bis), d.P.R. n. 917 del 1986, nonché «incongruità e contraddittorietà» della motivazione della sentenza impugnata;

- che tutti i motivi sono inammissibili in quanto la parte ricorrente omette di accompagnare i dedotti vizi di violazione di legge con il corrispondente quesito di diritto ed i vizi motivazionali con il corrispondente momento di sintesi (o quesito di fatto), come invece prescritto dall'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, trattandosi di impugnazione di sentenza pubblicata in data 19 novembre 2008;

- che, ribadendo quanto più volte affermato da questa Corte (cfr. sent. n. 12556 del 2016; ord. n. 7119 del 2010), alla stregua del principio generale di cui all'art. 11, comma primo, disp. prel. cod. civ., secondo cui, in mancanza di un'espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l'avvenire e non ha effetto retroattivo, nonché del correlato specifico disposto del comma quinto dell'art. 58 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l'abrogazione dell'art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi dell'art. 47 della citata legge n. 69 del 2009) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti antecedentemente, ma dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 40 del 2006 - come il ricorso in esame - tale norma è da ritenersi ancora applicabile;

- che, pertanto, i motivi di ricorso con cui venivano dedotti errores in iudicando dovevano essere corredati del quesito di diritto, mentre i denunciati vizi motivazionali dovevano contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscrivesse puntualmente i limiti, con la precisazione delle ragioni che rendevano la motivazione inidonea a giustificare la decisione mediante lo specifico riferimento ai fatti rilevanti, alla documentazione prodotta, alla sua provenienza e all'incidenza rispetto alla decisione, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ex multis, S.U. n. 20603 del 2007; n. 8897 del 2008; n. 30640 del 2011; n. 952 del 2015);

- che i motivi di ricorso non si sottraggono ad un ulteriore profilo di inammissibilità da ravvisarsi nella simultanea deduzione, in relazione alla medesima statuizione impugnata, del vizio di violazione di norme di diritto e del vizio logico di motivazione, accomunati inestricabilmente nella esposizione dei motivo, in modo da tale da non rendere possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell'uno o dell'altro vizio (cfr. Cass. n. 9793 del 2013; v. anche Sez. U., n. 9100 del 2015 e, in motivazione, Cass. n. 17526 del 2016 che richiama Sez. U. n. 26242 del 2014 e Sez. U. n. 17931 del 2013);

- che la rilevata inammissibilità dei motivi di ricorso consente di superare la necessità di preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti della s.a.s R.S.P. di G. D. & C. e della socia S. N. M., che risultano dalla sentenza impugnata aver partecipato ad entrambi i giudizi di merito ed ai quali non risulta essere stato notificato il ricorso per cassazione, né gli stessi si sono volontariamente costituiti in giudizio, in ossequio al principio giurisprudenziale, assolutamente condivisibile e che va qui ribadito, secondo cui «nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un'evidente ragione d'inammissibilità del ricorso [...] di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un'attività processuale del tutto ininfluente sull'esito del giudizio» (Cass. n. 6826 del 2010; conf. n. 690 del 2012, nonché Cass. n. 15106 del 2013 in ipotesi di ricorso prima face infondato);

- che la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo;

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili i motivi di ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.