Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 febbraio 2017, n. 2630

Licenziamento disciplinare - Reiterate assenze ingiustificate - Precedenti sanzioni disciplinari - Atteggiamento disinteressato alla funzionalità aziendale

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 12 giugno 2014, la Corte d’Appello di Firenze, confermava la decisione resa dal Tribunale della stessa sede e rigettava la domanda proposta da S.Z. nei confronti della ditta P.D.S. di L.S., avente ad oggetto, la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare da questa intimato alla prima a motivo delle reiterate assenze ingiustificate già fatte oggetto di due precedenti sanzioni disciplinari e rinnovate con un ultimo episodio ancora in atto al momento della contestazione.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la configurabilità nella specie, ai sensi della disciplina collettiva applicabile, dell’ingiustificatezza delle assenze e la proporzionalità della sanzione in relazione al peculiare contesto lavorativo in cui operava la lavoratrice, risultando l’atteggiamento non collaborativo dalla stessa tenuto idoneo a pregiudicare il vincolo fiduciario.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la Z. affidando l’impugnazione a due motivi.

La L. intimata non ha svolto alcuna attività difensiva.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 41 Cost., 2119, 2967 c.c. 115, 116 e 421 c.p.c. e 26 e 37 del CCNL per i lavoratori dipendenti da imprese artigiane di parrucchieria ed estetica in una con il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, imputa alla Corte territoriale la mancata ammissione della prova relativa alla circostanza dell’avvenuta comunicazione dell’assenza tramite l’invio di un sms, motivata, a suo dire, apoditticamente in relazione all’inidoneità allo scopo della richiesta prova per testi.

Con il secondo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 41 Cost., 2104, 2106, 2110, 2119 c.c., 1 e 3 L. n. 604/1966, 7 L. n. 300/1970 e 26 e 37 del CCNL per i lavoratori dipendenti da imprese artigiane di parrucchieria ed estetica in una con il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, lamenta l’incongruità logico-giuridica del giudizio di proporzionalità, residuando, una volta provato lo stato di malattia, la sola mancanza consistente nell’omessa comunicazione dell’assenza entro il secondo giorno, non incluse tra le fattispecie legittimanti la sanzione espulsiva.

I due motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati.

E’ opportuno prendere le mosse dalla disciplina collettiva dettata in materia di assenze per malattia nel settore in relazione alla peculiarità dell’attività imprenditoriale cui ha riferimento e ciò al fine di rilevare l’essenzialità dell’adempimento di entrambi obblighi ivi previsti, quello di mera comunicazione dell’assenza entro il secondo giorno e quello di giustificazione dell’assenza medesima tramite certificazione medica entro il terzo giorno.

Di tale essenzialità ben si rende conto la ricorrente, laddove fonda la propria impugnazione principalmente sulla censura della statuizione della Corte territoriale in ordine alla mancata ammissione della richiesta prova testimoniale circa l’avvenuta comunicazione dell’assenza entro il secondo giorno tramite l’invio di un sms, censura che, tuttavia, non coglie nel segno, risultando quella statuizione sorretta da motivazione congrua sul piano logico è giuridico, per essere basata su considerazioni convergenti nel senso dell’inidoneità allo scopo della richiesta prova per testi (l’impossibilità per il teste di riferire sull’effettivo destinatario del messaggio, la mancata specificazione del numero telefonico al quale il messaggio sarebbe stato trasmesso, l’assenza di qualsiasi garanzia che il messaggio stesso, quand’anche inviato, sia pervenuto al destinatario e sia stato da questi letto) che la ricorrente neppure si prova a confutare.

Ed è appunto tale piena consapevolezza che vale a togliere consistenza al secondo motivo di impugnazione, inteso a censurare il giudizio di proporzionalità della sanzione irrogata rispetto alla condotta addebitata sulla base del solo rilievo per cui, una volta giustificata, tramite l’invio tempestivo del certificato medico, l’assenza per malattia, il licenziamento andrebbe a sanzionare esclusivamente l’inadempimento del mero obbligo di comunicazione, rilievo che muove, viceversa, dal disconoscimento della logica sottesa alla richiamata disciplina collettiva, nella quale trova invece pieno fondamento la valutazione espressa dalla Corte territoriale, la quale giunge a ritenere il venir meno dell’affidamento della datrice di lavoro sull’esatto adempimento delle prestazioni future da parte della ricorrente in base alla considerazione, di per sé non censurata in questa sede, dell’atteggiamento non collaborativo e disinteressato alla funzionalità aziendale che quell’inadempimento riflette in un contesto imprenditoriale all’evidenza legato, per la peculiarità dei trattamenti resi alla clientela secondo precisi appuntamenti ed orari, al preventivabile numero di addetti in servizio.

Il ricorso va, dunque, rigettato senza attribuzione di spese per non aver l’intimato svolto alcuna attività difensiva.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.