Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 luglio 2016, n. 13682

Rapporto di lavoro - Lettera di assunzione - Orario di lavoro - Durata superiore - Prova

 

Svolgimento del processo

 

P.F. conveniva in giudizio la C.P.C. s.n.c. di C.G.M. e C.B. snc lamentando un periodo di lavoro ed un orario superiori a quello risultante dalla lettera di assunzione (dall'Ottobre 1996 e per un orario di 28,30 settimanali, assumeva la ricorrente, invece che dall'Ottobre 1997 e 20 ore settimanali); si costituiva la società che contestava la fondatezza del ricorso. Il Tribunale del lavoro accoglieva la domanda e condannava la C.P.C. al pagamento in favore della lavoratrice della somma di euro 18.945,42 per differenze retributive ed euro 527, 64 per differenze sul TFR. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 14.3.2012, accoglieva l'appello della C.P.C. e rigettava la domanda per difetto di prova. La Corte territoriale rilevava che l'appello appariva ammissibile ed osservava che orario e durata risultavano dal contratto e che spettava alla lavoratrice provare circostanze diverse. Le dichiarazioni rese dai testi non consentivano di ritenere provata la domanda; il teste L.F. nulla aveva riferito circa il thema decidendum, così come il teste S. portiere dello stabile aveva avvalorato una tesi circa orario e durata della prestazione compatibile con quello, affermata dalla datrice di lavoro; la teste V. non aveva reso affermazioni concludenti, così come la teste T. che aveva riferito di una durata superiore a quella sostenuta dalla stessa lavoratrice dimostrando di non essere a conoscenza dell'effettiva durata del rapporto; circa l'orario aveva sostenuto che era identico a quello da lei seguito avvalorando così la tesi sostenuta in un analogo giudizio da lei condotto, sicché poteva dubitarsi dell'attendibilità del teste.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la P. con 3 motivi, resiste controparte con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c. circa l'inammissibilità del ricorso, in appello. Non era stata idoneamente valutata l'eccezione di inammissibilità dell'appello.

Il motivo appare infondato. Nello stesso motivo a pag. 5 si riporta integralmente il primo motivo di appello con il quale la parte appellante contestava l'erroneo riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato dalla data del 15 ottobre 2006 e per un diverso orario rispetto a quello convenuto al momento dell'assunzione nel 1997; nel motivo si indicano con chiarezza le ragioni della contestazione e cioè l'insufficienza della prova in relazione all'inattendibilità della teste T. ed al carattere solo indiretto della conoscenza delle circostanze riferite dalla teste V., cui si aggiungeva anche la genericità di quanto riferito dagli altri testi escussi. Inoltre si allegava che era erronea l'affermazione nella sentenza di primo grado per cui spettava alla datrice di lavoro provare il titolo della presenza della lavoratrice nello studio professionale. Pertanto correttamente la Corte di appello ha ritenuto il motivo pienamente ammissibile posto che era chiaro il titolo della sentenza impugnata e le ragioni della detta impugnazione: l'appellante ha invitato la Corte a riesaminare le deposizioni rese in ordine alla durata del rapporto, riesame che ha poi condotto all'accoglimento dell'appello secondo le regole di un corretto effetto devolutivo del giudizio di appello.

Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 132 comma secondo n. 4 c.p.c. e dell'art. 118 della disposizioni di attuazione c.p.c. Nullità della sentenza per difetto di motivazione relativamente alla proposta eccezione di genericità dei motivi di appello.

Il motivo va rigettato per quanto già detto: l'atto di appello indicava con chiarezza il capo della sentenza impugnata e le censure mosse alla sentenza impugnata; in particolare la parte appellante invitava a riesaminare le deposizioni rese dalla teste T. in quanto inattendibili, quelle della teste V. a carattere indiretto, le dichiarazioni degli altri testi in quanto generiche, come concretamente è avvenuto senza alcuna alterazione o compromissione dei diritti di difesa.

Con il terzo motivo sì allega I' omessa ed insufficiente motivazione in relazione alla dichiarata inattendibilità del teste T.

Il motivo appare infondato avendo la Corte di appello spiegato le ragioni del dubbio sulla attendibilità del teste sotto un duplice profilo: circa la durata del rapporto aveva indicato un periodo di lavoro superiore a quello indicato dalla stessa ricorrente manifestando così di non essere a conoscenza dei fatti e sull'orario aveva riferito circostanze da lei stessa addotte in una controversia simile nei confronti della C.P.C., circostanze rimaste prive di riscontri esterni. La motivazione appare pertanto congrua e logicamente coerente; mentre le censure sono di merito, dirette ad una " rivalutazione del fatto", come tale inammissibile in questa sede.

Si deve quindi rigettare il ricorso. Le spese di lite - liquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per esborsi oltre euro 3.500,00 per compensi professionali oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge.