Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 dicembre 2016, n. 25918

Lavoro - Somministrazione irregolare - Nullità - Conversione - Indennità risarcitoria

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza depositata il 18.1.11 la Corte d'appello di Brescia, in totale riforma della sentenza n. 656/10 del Tribunale della stessa sede, accertato ex art. 27 d.lgs. n. 276/03 un caso di somministrazione irregolare di lavoro, dichiarava costituito un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 19.9.05 tra I. S.p.A. e M. B., condannando la prima a riammettere il secondo in servizio e a pagargli a titolo risarcitorio la somma di € 12.796,49 (oltre accessori e spese) ex art. 32, co. 5° legge n. 183/10.

Per la cassazione della sentenza ricorre M. B. per quattro motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.

I. S.p.A. resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale affidato a diciassette motivi, cui a sua volta il ricorrente principale resiste (salvo che per il tredicesimo motivo, cui dichiara di aderire) con controricorso e ricorso incidentale condizionato basato su due motivi, cui a sua volta resiste con ulteriore controricorso I. S.p.A.

 

Motivi della decisione

 

1- Preliminarmente va dichiarata l'inammissibilità del ricorso incidentale condizionato proposto da M. B. al fine di coltivare - con due motivi - la questione preliminare di merito relativa al profilo formale della mancata specificazione, nei contratti intercorsi con la società Adecco Italia S.p.A., delle causali del ricorso alla somministrazione.

Invero, la proposizione del ricorso principale determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che il ricorrente principale, ricevuta la notificazione del ricorso incidentale dell'altra parte, non può introdurre nuovi e diversi motivi di censura con un successivo ricorso incidentale (pur se qualificato come condizionato), che, se proposto, va dichiarato inammissibile, pur restando esaminabile come controricorso nei limiti in cui sia rivolto a contrastare l'impugnazione avversaria (giurisprudenza costante: cfr., per tutte, Cass. n. 9993/16; Cass. S.U. n. 2568/12).

Per l'effetto, del pari inammissibile è il secondo controricorso di I. S.p.A. volto a resistere all'inammissibile impugnazione incidentale condizionata proposta da M. B.

2- Per ragioni di priorità logica vanno dapprima esaminati i motivi del ricorso incidentale di I. S.p.A.

I primi sette motivi denunciano plurimi vizi di motivazione della sentenza impugnata: aver contraddittoriamente ritenuto che la società avrebbe offerto una lettura nuova delle medesime causali dei contratti di somministrazione lavoro e modificato a posteriori le causali medesime; aver ritenuto non provato che il ricorso alla somministrazione di lavoro riguardo a M. B. sia avvenuto prima della consegna della macchina pelatrice destinata a sostituire i macchinari obsoleti cui era stato addetto l'odierno ricorrente principale; aver considerato contraddittorio giustificare con una ragione unica (cioè l'attesa della macchina pelatrice) sei diversi contratti di somministrazione, là dove sarebbe bastato un unico contratto che avesse indicato come termine finale la consegna di detta macchina; aver escluso la correlazione fra l'utilizzo di M. B. e l'attesa di tale nuovo macchinario perché, nel frattempo, la società aveva mediamente utilizzato altri 6-7 lavoratori interinali; aver giudicato inattendibile la deposizione del teste Bondoni sol perché questi aveva confermato i fatti esposti dalla società a sostegno delle ragioni del ricorso alla somministrazione; non aver scrutinato se, come allegato da I. S.p.A., davvero con i vecchi macchinari l'organico aziendale fosse o meno sufficiente ad evadere l'incremento di ordini verificatosi dal 2004 al 2006, il tutto senza considerare ulteriori commesse documentate dalla società e confermate dai testi; aver negato il carattere temporaneo dell'esigenza produttiva che era stata alla base dell'utilizzo di M. B.

Tali motivi vanno disattesi perché, in sostanza, sollecitano una mera rivisitazione del materiale istruttorio affinché se ne fornisca una valutazione diversa da quella accolta dalla sentenza impugnata, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione.

È, poi, appena il caso di aggiungere che alla ricorrente incidentale non gioverebbe nemmeno intendere le censure summenzionate come di denuncia di travisamento del fatto, per il quale l'ordinamento appresta - ove mai, s'intende, effettivamente ne ricorrano i presupposti - il rimedio della revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. e non quello del ricorso per cassazione (giurisprudenza costante: cfr., e pluribus, Cass. n. 3535/15; Cass. n. 24834/14; Cass. n. 15702/10; Cass. n. 213/07).

3- L'ottavo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della normativa sulla somministrazione di lavoro e degli artt. 2727, 2728 e 2729 c.c. e 113 c.p.c., per avere la Corte territoriale reputato irrilevante la soppressione della necessità di indicare la causale nei contratti di somministrazione.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 c.p.c., poiché l'affermazione censurata concerne la questione preliminare relativa ai vizi formali dei contratti di somministrazione lamentati da M. B. e disattesi dalla Corte territoriale.

4- Il nono motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme sulla somministrazione di lavoro, per avere la gravata pronuncia ritenuto sindacabili - in violazione dell'art. 41 Cost. - le ragioni in base alle quali l'utilizzatore ritiene di ricorrere alla somministrazione di lavoro e per aver affermato la non modificabilità a posteriori di tali ragioni.

Il motivo è infondato perché attribuisce alla sentenza impugnata affermazioni che in essa non si leggono neppure per implicito, atteso che la Corte territoriale - lungi dal sindacare il merito delle scelte imprenditoriali - si è limitata a verificare (com'era suo compito precipuo) la corrispondenza fra la causale del ricorso alla somministrazione di lavoro e il concreto impiego del lavoratore presso l'impresa utilizzatrice (ossia presso I. S.p.A.).

Quanto all'immodificabilità a posteriori delle ragioni del ricorso alla somministrazione di lavoro, essa è connaturata al controllo di legittimità circa l'effettività delle ragioni del ricorso alla somministrazione medesima: diversamente, il giudice non potrebbe verificare, come dispone l'art. 27 co. 1° d. lgs. n. 276/03 (applicabile ratione temporis al caso di specie), che la somministrazione sia avvenuta entro i limiti e le condizioni previste dagli artt. 20 e 21 co. 1° lett. a), b), c), d) ed e) stesso decreto legislativo. Né avrebbe senso il successivo disposto relativo alla costituzione d'un rapporto di lavoro con l'utilizzatore a far tempo dall'inizio della somministrazione.

D'altronde, è la stessa doverosa analiticità del contratto di somministrazione - come delineata dall'art. 21 cit. d.lgs. n. 276/03 e, in particolare, dal relativo comma 1, lett c) - a militare in tal senso.

5 - Il decimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della normativa sulla somministrazione di lavoro e vizio di motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata ha asserito che le esigenze del ricorso alla somministrazione di lavoro devono essere destinate a cessare dopo un certo periodo di tempo.

Il motivo è infondato: la transitorietà del ricorso alla somministrazione per cui è causa è stata desunta dal tenore stesso delle motivazioni addotte in contratto, di guisa che la loro non effettività (ravvisata dalla Corte territoriale con motivazione immune da vizi logico-giuridici) ha comportato le conseguenze previste dall'art. 27 cit. d.lgs.

6- L'undicesimo motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 20 co. 4 e 27 d.lgs. n. 276/03, nonché degli artt. 1321, 1325 e 1326 c.c., per avere i giudici di merito considerato ingiustificata la somministrazione di lavoro per fare fronte ad aumenti della domanda per i quali non vi sia certezza di stabilizzazione.

Il motivo è infondato, valendo in proposito considerazioni analoghe a quelle esposte nel paragrafo che precede circa la non effettività della causale dedotta in contratto.

7- Il dodicesimo motivo deduce violazione della normativa sulla somministrazione di lavoro vigente fino al 31.12.07 e degli artt. 1419 co. 1° e 2126 c.c., per avere la sentenza impugnata asserito che la conversione del contratto in uno a tempo indeterminato fosse prevista dall'art. 27 d.lg.s n. 276/03, mentre la norma all'epoca vigente prevedeva soltanto la costituzione del rapporto alle dipendenze dell'utilizzatore, senza alcun riferimento al tempo indeterminato.

Il motivo è infondato.

La disciplina legislativa del contratto di lavoro a termine - all'epoca dei fatti per cui è processo - prevedeva la regola della causalità. Pertanto, non si vede come la violazione degli artt. 20 e 21 d.lgs. n. 276/03, invalidando la somministrazione, potesse dare luogo alla costituzione, con l'utilizzatore, d'un rapporto a termine anziché a tempo indeterminato. Peraltro, circa tale contratto costituito ope iudicis non sarebbe stata possibile individuazione alcuna né della causale né del termine di scadenza.

8- Il tredicesimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 32, commi 5 e 7, legge n. 183/10 e nullità della sentenza per violazione degli artt. 421, 156, 157 e 161 c.p.c., per avere la Corte territoriale asserito l'applicabilità dell'art. 32 cit. anche ai giudizi che, come quello in oggetto, alla data di entrata in vigore della norma pendevano in appello.

Il motivo, oltre ad essere inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 c.p.c. (perché dal suo ipotetico accoglimento I. S.p.A. non ricaverebbe alcun concreto vantaggio, essendo quello di cui al cit. art. 32, commi 5 e 7, un regime risarcitorio di maggior favore per il datore di lavoro), è comunque infondato.

Premessa l'applicabilità dell'art. 32 co. 5 legge n. 183/10 anche alle somministrazioni irregolari come quella per cui è processo (v. infra le argomentazioni che impongono il rigetto del primo motivo del ricorso principale), basti ricordare che fin dall'ordinanza n. 2112 del 28.1.2011 (seguita da numerosi precedenti conformi) questa S.C. si è pronunciata per l’applicabilità dell'art. 32, commi 5 e 7, legge n. 183/2010 non soli ai giudizi pendenti in appello, ma anche a quelli pendenti in sede di legittimità.

9- Il quattordicesimo motivo prospetta, in subordine rispetto al tredicesimo, nullità della sentenza per violazione dell’art. 32 co. 7 legge n. 183/10, nonché per violazione degli artt. 183 co. 4°, 101, 156, 157 e 161 c.p.c. e 111 co. 2° Cost., per avere la Corte territoriale omesso di fissare un termine per l’integrazione della domanda e delle eccezioni a fronte della ritenuta sopraggiunta applicabilità dell’art. 32 legge n. 183/10.

Anche tale motivo è inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 c.p.c., perché dal suo ipotetico accoglimento I. S.p.A. non ricaverebbe alcuna concreta utilità (come già s'è detto).

10- Il quindicesimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme varie, per non avere la Corte territoriale considerato la mancanza d'una messa in mora da parte del lavoratore.

Il motivo è infondato perché, come questa S.C. ha già avuto modo di statuire (cfr. Cass. n. 19371/13), quella di cui all'art. 32 co. 5 cit. è un'indennità forfetizzata e onnicomprensiva per i danni causati dalla nullità del termine, indennità che prescinde da qualunque costituzione in mora del datore di lavoro.

11- Il sedicesimo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 32 legge n. 183/10 e 8 legge n. 604/66, per avere la sentenza impugnata liquidato l'indennità tenendo conto soltanto della durata del rapporto e non anche degli ulteriori parametri previsti dall'art. 8 co. 1° cit.

Il motivo è infondato, poiché tali parametri non concorrono tra loro in via necessariamente cumulativa. Ciò che conta è che la determinazione fra il minimo e il massimo dell'indennità - che spetta al giudice di merito - sia motivata in modo logico e non contraddittorio (cfr. Cass. n. 458/11; Cass. n. 107/01).

È quel che ha fatto la sentenza impugnata, che a tal fine ha tenuto conto della durata del rapporto e, quanto al comportamento delle parti, delle interruzioni del rapporto medesimo strumentali a negarne la continuità durante i periodi di ferie e di sospensione dell'attività produttiva.

12- Con il diciassettesimo motivo si chiede che la cassazione della sentenza, da disporre in accoglimento dei precedenti motivi, importi anche la cassazione del capo sulle spese di lite.

Il motivo è inammissibile, poiché non denuncia un vizio della sentenza, ma si limita a ricordare che l'invocata sua cassazione per uno o più dei motivi dedotti si estenderebbe, ex art. 336 co. 1° c.p.c., anche ai capi dipendenti, come quello sulle spese.

13- Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione dell'art. 32, co. 5, legge n. 183/10, in quanto non applicabile nei casi di conversione in lavoro a tempo indeterminato delle somministrazioni irregolari (come quella per cui è processo).

Il motivo è infondato, dovendosi dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale manifestatosi con le sentenze n. 1148/13, n. 13404/13, n. 17540/14 e n. 8286/15 di questa S.C., che hanno ritenuto applicabile l'indennità prevista dall'art. 32 co. 5° legge n. 183/10 (nel significato chiarito dal comma 13° dell'art. 1 legge n. 92/12) a qualsiasi ipotesi di ricostituzione del rapporto di lavoro avente in origine un termine illegittimo e, dunque, anche nel caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa della nullità d'un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo a tempo determinato, ai sensi della lett. a) del co. 1° dell'art. 3 legge n. 196/97, contratto convertito in uno a tempo indeterminato tra lavoratore e utilizzatore della prestazione.

A tal fine valga, in primo luogo, l'evidente analogia tra il lavoro temporaneo di cui alla legge n. 196/97 e la somministrazione di lavoro ex artt. 20 e ss. Del d. lg.s n. 276/03.

In secondo, si tenga presente che la nullità del contratto fra somministratore e utilizzatore travolge anche quello fra lavoratore e somministratore, trattandosi di negozi collegati. L'effetto finale è quello di produrre una duplice conversione, sul piano soggettivo (ex art. 21 ult. co. d.lgs. n. 276/03 il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore e non più del somministratore) e su quello oggettivo (atteso che quello che con il somministratore era sorto come contratto di lavoro a tempo determinato diventa, con l'utilizzatore, un contratto di lavoro a tempo indeterminato).

Ma fino a quando la sentenza non accerti tale conversione, il rapporto fra utilizzatore e lavoratore, finché si è protratto de facto, ha avuto caratteristiche analoghe a quelle d'un rapporto a termine, di guisa che nulla preclude il ricorso alla sanzione meramente indennitaria prevista dall'art. 32 co. 5° cit., anche perché essa è destinata - grazie all'ampia formula adoperata dal legislatore - ai "casi di conversione del contratto a tempo determinato".

D'altronde, la tendenza normativa è - in linea di massima - quella di liquidare con un'indennità determinata a forfait (o con un risarcimento previsto entro un tetto massimo) il mancato guadagno sofferto dal lavoratore nell'arco di tempo trascorso fra l'illegittima cessazione d'un rapporto lavorativo (a cagione della nullità del termine o dell'illegittimità del licenziamento intimatogli) e il suo ripristino grazie alla sentenza del giudice: si pensi, ad esempio, all'art. 8 legge n. 604/66, all'art. 18 Stat. nuovo testo come modificato ex lege n. 92/12 (che riserva solo a pochi casi la tutela reintegratoria piena con attribuzione di tutte le retribuzioni maturate medio tempore), e, appunto, all'art. 32 co. 5° legge n. 183/10.

Restano due ultime precisazioni: la prima è che alla soluzione accolta non osta la sentenza della CGUE 11.4.13, Della Rocca, emessa in sede di rinvio pregiudiziale, che ha escluso che la direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato si applichi anche al contratto a tempo determinato che si accompagni ad un contratto interinale.

Invero, dall'esame della motivazione emerge che tale inapplicabilità deriva solo dal tenore del preambolo dell'accordo quadro e dall'esistenza di altra più specifica regolamentazione (la direttiva 2008/104) per il contratto a termine che si accompagni ad un contratto interinale o di somministrazione e non già da una ritenuta sua incompatibilità ontologica, a tutti gli effetti, con un puro e semplice contratto a tempo determinato: d'altronde, quand'anche la CGUE avesse asserito il contrario (il che non è), ciò non avrebbe vincolato il giudice

dello Stato membro, non conseguendo all'inapplicabilitá della direttiva 1999/70/CE - quasi fosse un naturale precipitato - una sorta di rivisitazione dei concetti propri d'un dato ordinamento, compito estraneo a quelli della Corte di Lussemburgo, cui spetta l'interpretazione del diritto dell'Unione e non di quello nazionale.

La seconda puntualizzazione è che, per ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, l'art. 32 co. 5° legge n. 183/10 si applica anche ai processi in corso, persino ai giudizi di legittimità, sempre che sul relativo capo di decisione non si sia già formato il giudicato (cfr., e pluribus, Cass. 3.1.11 n. 65; Cass. 4.1.11 n. 80; Cass. 2.2.11 n. 2452).

14- Il secondo motivo del ricorso principale, fatto valere in subordine rispetto al primo, deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 32 co. 5° legge n. 183/10 in quanto, si sostiene, ove pure la norma fosse applicabile in caso di somministrazione irregolare, nondimeno l'indennità in essa prevista si aggiungerebbe al pagamento delle retribuzioni maturate dalla messa in mora alla riammissione in servizio.

Il motivo è infondato.

Come sopra anticipato, quella di cui all'art. 32 co. 5 cit. è un'indennità forfetizzata e onnicomprensiva per i danni causati dalla nullità del termine, che prescinde da qualsivoglia costituzione in mora del datore di lavoro (cfr. Cass. n. 17065/15; Cass. n. 19371/13).

In tal senso è stata espressamente intesa dalla norma interpretativa di cui alla L. 28 giugno 2012, n. 92, art. 1, comma 13, che ha stabilito che la suddetta disposizione "si interpreta nel senso che l'indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostruzione del rapporto di lavoro.".

15- Il terzo motivo denuncia nullità del capo della sentenza relativo alle spese del primo e del secondo grado del giudizio, liquidate - malgrado la nota spese depositata - senza indicare dettagliatamente le singole voci ridotte, così non consentendo alla parte interessata di verificare il rispetto dei minimi tariffari.

Doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere con il quarto motivo, sotto forma di vizio di motivazione.

I due motivi - da esaminarsi congiuntamente perché connessi - sono fondati, dovendosi dare continuità alla giurisprudenza di questa S.C. (cfr. Cass. n. 20604/15) secondo cui il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l'onere di motivare adeguatamente l'eliminazione o la riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti e alle tariffe, in relazione all'inderogabilità dei relativi minimi, a norma dell'art. 24 della legge n. 794 del 1942.

16- In conclusione, vanno accolti il terzo e il quarto motivo del ricorso principale e rigettate le restanti censure in esso contenute; va dichiarata l'inammissibilità del ricorso incidentale condizionato proposto da B. M. e del successivo controricorso di I. S.p.A.; va, poi, rigettato il ricorso incidentale di I. S.p.A. e cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d'appello di Milano affinché liquidi le spese del secondo grado e anche quelle del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, rigetta le restanti censure, dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato proposto da B. M. e il successivo controricorso di I. S.p.A., rigetta il ricorso incidentale di I. S.p.A., cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Milano.