Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 aprile 2018, n. 10040

Tributi - Accertamento - Detraibilità IVA - Frode carosello - Fatturazione per operazioni inesistenti

 

Fatti di causa

 

Con sentenza del 20.1.2011 la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte rigettava l'appello avverso la sentenza n. 48/02/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Verbania, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società A. S.p.A. avverso avvisi di accertamento IVA IRAP IRES ed Addizionali, annualità 2005, per indebita detrazione Iva in relazione a fatture emesse per operazioni di compravendita di telefoni cellulari operate nell'ambito di una frode carosello con diverse società cartiere.

Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate, affidato a quattro motivi.

Con un primo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 19 e 21 DPR 633/1972, 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. per avere la CTR ritenuto non raggiunta la prova dell'inesistenza oggettiva delle contestate operazioni e della consapevolezza della contribuente circa l'inesistenza soggettiva delle operazioni.

Con un secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 2727 c.c. e 115-116 c.p.c. lamentando la violazione dei principi che governano la valutazione della prova indiziaria laddove la CTR aveva ritenuto non raggiunta la prova dell'inesistenza oggettiva delle contestate operazioni e della consapevolezza della contribuente circa l'inesistenza soggettiva delle operazioni.

Con un terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. insufficiente motivazione su fatto decisivo e controverso del giudizio lamentando, con riguardo alle valutazioni della CTR dianzi illustrate, anche vizio motivazionale.

Con un quarto motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, comma 1. n. 4 c.p.c., la violazione dell'art. 36, comma 4, D.lgs. n. 546/1992, nonché, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., omessa motivazione su fatto decisivo e controverso del giudizio lamentando l'errata statuizione della CTR circa la mancata prova, da parte dell'Ufficio, dell'inesistenza e della violazione del principio di inerenza relativamente al contestati costi di trasferta del personale.

La società contribuente si è costituita con controricorso, deducendo l'inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Va preliminarmente respinta l'istanza, avanzata dalla difesa della società controricorrente, per la riunione del presente ricorso ai ricorsi, proposti dall'Ufficio avverso due società controllate dalla medesima A. S.p.A., aventi ad oggetto le medesime contestazioni sulla "frode carosello", oggetto del presente ricorso; la riunione è, infatti, giustificata solo da ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, non per mera identità di causa petendi e petitum, come nella specie.

2.1. A seguire, circa la questione preliminare dell'efficacia del giudicato esterno, prospettata dalla controricorrente mediante produzione della sentenza n. 1418/3/16, in giudicato, emessa in data 17.10.2017 dalla CTR del Piemonte, inerente ad avviso di accertamento per l'annualità 2006 sulla base del medesimo contestato coinvolgimento nella "frode carosello", si osserva che il giudicato esterno incentra la sua potenziale capacità espansiva solo su quegli elementi che abbiano un valore condizionante inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che accerta una determinata situazione fattuale in relazione ad uno specifico periodo d'imposta non può estendere automaticamente i suoi effetti ad altro periodo, ancorché siano coinvolti elementi comuni (cfr. Cass. n. 1837/2014, 18907/2011).

2.2. Nel caso di specie risulta che la CTR del Piemonte, in relazione a periodo d'imposta precedente a quello preso in esame dalla sentenza il cui giudicato viene invocato dalla contribuente, ha valutato l'inidoneità degli elementi dedotti dall'Ufficio a supporto della rettifica del calcolo delle imposte in capo alla società.

2.3. La valutazione della CTR relativa all'anno 2006 non può, quindi, estendersi all'annualità precedente, presa in esame dalla sentenza impugnata, in quanto collegata ad emergenze fattuali (<<operazioni di acquisto e di vendita aventi per oggetto i telefoni cellulari contestate nell'avviso di accertamento come "assolutamente inesistenti">>) variabili in relazione ai diversi periodi d'imposta: non è dunque possibile traslare detta valutazione ad altre annualità diverse da quelle sulle quali si è formato il giudicato.

3.1. Poste tali premesse, i primi tre motivi, involgenti la statuizione sulla sussistenza della frode carosello e la sua riferibilità anche alla società contribuente, ed il cui esame può essere effettuato unitariamente in quanto strettamente connessi, sono fondati.

3.2. La tematica della detraibilità dell'IVA, nel caso di fatturazione per operazioni inesistenti (oggettivamente o soggettivamente) o per operazioni comunque iscritte in un meccanismo negoziale attuato allo scopo di frodare il fisco (comunemente dette "frodi carosello"), è stata oggetto di numerose decisioni di questa Corte, che hanno affermato - alla luce di ripetuti interventi della Corte di Giustizia - che cosa deve essere provato e come è ripartito l'onere della prova tra fisco e contribuente (cfr ex multis Cass. n. 20059/2014, 24426/2013, 23074/2012; cfr. Corte di Giustizia, in C- 285/11, Bonik; Corte di Giustizia, in C-277/14, Ppuh, par. 50); in particolare, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, incombe sull'amministrazione tributaria provare, sia pure anche solo in base a presunzioni, che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l'uso dell'ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva, con l'emissione della relativa fattura, evaso l'imposta o partecipato a una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei ad avvalorare un tale sospetto ed a porre sull'avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente, mentre, una volta raggiunta questa prova, spetterà al contribuente fornire la prova contraria, ossia di aver, svolto le trattative in buona fede, ritenendo incolpevolmente che le merci acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente.

3.3. Nella specie, sussiste il contestato vizio sia di violazione di legge, che motivazionale; la CTR è infatti pervenuta a formulare il proprio giudizio sulla ripresa dell'Ufficio senza procedere ad un'adeguata disamina degli elementi offerti in cognizione dalla deducente a conforto del proprio assunto, limitandosi ad affermare che, pur alla luce delle "risultanze degli accertamenti svolti in sede penale", era comunque «mancata la prova circa la partecipazione attiva della A. alla frode, da una parte e che le operazioni di compravendita poste in essere dalla A. fossero inesistenti, dall'altra, atteso che «tutti gli elementi messi in evidenza dell'Ufficio ...(avevano)... una valenza univoca solo se letti unitariamente nel loro più ampio contesto, mentre l'esame in sezione degli stessi (soprattutto in questa particolare sezione vale a dire il rapporto tra società broker e società buffer) rende(va) la vicenda paradossalmente ambivalente ... sicché in assenza di prove certe circa Il coinvolgimento della A., alla stessa non (potevano) essere mossi gli addebiti>> dell'Ufficio.

3.4. Assai più articolate erano state, invece, le difese dispiegate dall'Ufficio in sede di accertamento, prima, ed in sede contenziosa, poi, ove era stata rappresentata l'anomalia della situazione fattuale oggetto di verifica, valorizzando - come l'Agenzia riporta in ricorso mediante puntuali riferimenti al p.v.c. trasfuso nell'avviso di accertamento -: a) il riscontro tra le fatture emesse da A. S.p.A. a M. S.r.L. e fra quelle emesse da quest'ultima alle imprese individuali "cartiere" italiane, recanti la stessa data e lo stesso quantitativo di merci, b) il saldo delle merci, tramite bonifico, da parte di A. al suo fornitore solo dopo che M. aveva effettuato il proprio pagamento tramite bonifico, c) le successive vendite di M. ad imprese italiane mediante pagamenti effettuati nella stessa data, d) i telefax, provenienti da A., rinvenuti nelle sedi delle varie società coinvolte nella frode, attestanti l'incongruità delle operazioni e delle tempistiche, laddove, ad esempio, era stato riscontrato che il fornitore FC S.r.L. era a conoscenza della richiesta di acquisto ad A. da parte di M. prima ancora che A. glielo avesse comunicato, e) la circostanza che i fornitori utilizzati da A. (FC S.r.L. e M. S.r.L.) fossero tutti cartiere non disponendo di locali adatti a movimentare le merci indicate nelle fatture.

3.5. Tale pluralità di elementi tributa apparente consistenza all'assunto fatto valere dall'Ufficio, in particolare offrendo riscontro documentale all'interposizione e alla relativa consapevolezza della contribuente, tanto più a fronte della necessità di una valutazione globale del complesso indiziario, che vede A. al centro delle operazioni poste in essere da varie società cartiere, che la CTR ha invece insufficientemente considerato o valutato privo di rilievo, pur a fronte della continuità tra le condotte univocamente accertate (e di cui il contribuente era consapevole) e quelle successive, in tal modo venendo meno all'obbligo di motivare il proprio convincimento in maniera lineare e coerente, nonché conforme ai principi di diritto dianzi illustrati, il che ne giustifica la cassazione.

4.1. Con riguardo alle rimanenti doglianze, il quarto motivo è infondato laddove si denuncia la nullità della sentenza per mancanza di motivazione.

4.2. Non può Infatti dubitarsi che una motivazione esista e che non sia meramente apparente, consentendo la stessa di comprendere quale sia la ragione della decisione adottata (non configurabilità nella specie di operazione di frode carosello stante la .correttezza o comunque la buona fede della contribuente),

4.3. Ciò vale certamente ad escludere la dedotta violazione dei doveri decisori di cui all'art. 112. c.p.c. denunciata dall'amministrazione, che si configura soltanto, nell'ipotesi in cui sia mancata del tutto da parte del giudice — ovvero sia meramente apparente — ogni statuizione sulla domanda o eccezione proposta in giudizio, mentre rientra nell'ambito dell'art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c. la censura con la quale si contesta l'adeguatezza della motivazione resa a supporto di tale statuizione, nei limiti in cui tale censura è consentita ai sensi di tale disposizione.

5.1. E' invece fondato i; quarto motivo di ricorso laddove si lamenta vizio motivazionale della sentenza impugnata.

5.2. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, spetta, infatti, al contribuente l'onere della prova dell'esistenza, dell'inerenza e, ove contestata dall'Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili; a tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall'imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l'importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all'oggetto dell'impresa (cfr. Cass. n. 13300/2017 ord.).

5.3. A fronte dell'affermazione della ,CTR secondo cui "anche per quanto riguarda le spese i rilievi difettano di prove generali e complete, tenuto conto che le esemplificazioni probatorie non possono essere generalizzate a tutto il contesto", la Corte osserva, dunque, che con l'appello l'Ufficio aveva insistito nella tesi che gli elementi probatori acquisiti nel corso delle attività accertative espletate (ed oggetto di specifica contestazione nell'avviso di accertamento e nel p.v.c. in esso richiamato) provavano la non inerenza dei costi di trasferta del personale all'attività professionale svolta dalla società controricorrente per inidoneità della relativa documentazione (scontrini fiscali o ricevute fiscali) o perché aventi ad oggetto spese effettuate a titolo personale dall'amministratore della società; tali elementi non ricevono, tuttavia, nella sentenza impugnata una risposta adeguata, esprimendo in modo del tutto insufficiente gli elementi di fatto tenuti presenti nella valutazione della deducibilità dei costi dell'impresa, e ciò è reso ancor più evidente dal fatto che la CTR, nonostante lo specifico riferimento contenuto nell'atto di appello ai fatti rilevanti, alla documentazione acquisita e alla loro incidenza rispetto alla decisione (cfr. Cass. n. 4589/2009), non ha tenuto alcun conto delle inferenze logiche che possono essere desunte degli elementi dimostrativi addotti in giudizio ed indicati nel ricorso -con autosufficiente ricostruzione, e si è limitata ad assumere l'insussistenza della prova, senza compiere un'analitica considerazione delle risultanze processuali» (cfr. Cass. n. 3370/2012; v. anche Sez. un., n. 24148/2013).

6. Conclusivamente vanno accolti il primo, il secondo, il terzo, nonché il quarto motivo, nei limiti indicati in motivazione, e la sentenza cassata con rinvio alla CTR dei Piemonte, in diversa composizione, per nuovo esame e per la regolamentazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, accoglie altresì il quarto motivo di ricorso nei limiti indicati in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese processuali del giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Piemonte, in diversa composizione.