Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 settembre 2017, n. 22292

Autista di autotreno - Compenso straordinario - Ore di straordinario - Indennità di trasferta - Compenso forfetario

Svolgimento del processo

 

1) La Corte d'Appello di Genova ha confermato la sentenza del tribunale della stessa città che aveva parzialmente accolto la domanda di N.B., dipendente della società S. srl, in qualità di autista di autotreno, condannando la società al pagamento in favore del B. di in importo di euro 7261,65 a titolo di compenso per straordinario, pari alla differenza di quanto spettante per compenso straordinario determinato a seguito di CTU secondo le percentuali di maggiorazione previste dal CCNL del settore autotrasporti per le ore di straordinario provate dal lavoratore, detratto quanto da questi percepito sotto la voce di indennità di trasferta, così avendo imputato formalmente le parti il compenso forfetario per lavoro straordinario.

2) La Corte territoriale ha ritenuto che la prestazione di lavoro straordinario (indicata dal lavoratore in 14 ore al giorno) fosse stata adeguatamente provata dai rapportini giornalieri redatti dal ricorrente su espressa richiesta datoriale, come confermato dai testi escussi e come desumibile anche dai dischi crono tachigrafici; che la CTU aveva correttamente conteggiato l'ammontare complessivo delle ore di lavoro straordinario e quantificato le somme in base all'art. 11 bis del CCNL - relativo al limite di orario giornaliero nel caso di mansioni discontinue.

3) Ha poi ritenuto la Corte genovese che fosse corretta l'operazione effettuata dal primo giudice di sottrazione dall'ammontare delle somme determinate dal CTU, quelle percepite a titolo di indennità di trasferta, non essendo stato contestato che il lavoratore aveva conseguito importi di gran lunga in eccesso rispetto a quelli dovuti effettivamente a tale titolo.

4) Ha proposto ricorso per cassazione la S. srl svolgendo due motivi.

Ha resistito il B. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

 

Motivi della decisione

 

5) Con il primo motivo la società lamenta violazione e falsa applicazione degli art. 2108 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.

Avrebbe errato la corte nel ritenere provata la prestazione di lavoro straordinario soltanto attraverso i "rapportini", redatti dal B. medesimo, e le copie dei dischi crono tachigrafici. Si tratterebbe infatti, quanto ai primi, di atti provenienti dallo stesso lavoratore, privi di valore probatorio; mentre i dischi si riferirebbero a periodi limitati e comunque sarebbero stati disconosciuti dalla società. Ha rilevato poi il ricorrente che le testimonianze cui aveva fatto riferimento la corte di merito non sarebbero state rilevanti.

6) Con il secondo motivo la società lamenta la violazione dell'art. 2712 c.c.,con riferimento all'art. 360 c.1.n 3 c.p.c. , per avere la corte ritenuto il valore probatorio dei dischi crono tachigrafici che oltre a ricoprire un arco temporale limitatissimo (da aprile a maggio 1998), erano stati disconosciuti dalla società con memoria difensiva depositata in primo grado.

7) I motivi, i quali possono essere trattati congiuntamente perché connessi, se non sovrapponibili, sono inammissibili e comunque infondati. Il ricorrente lamenta in sostanza che la corte territoriale non avrebbe correttamente applicato le norme di diritto indicate perché avrebbe ritenuto provato lo svolgimento di lavoro straordinario, nonostante tale prova non fosse stata raggiunta dal B., onerato di fornirla, sostenendo in particolare la inutilizzabilità delle prove documentali offerte dal lavoratore.

8) Va osservato che la Corte territoriale ha adeguatamente motivato in ordine al valore probatorio dei "rapportini" prodotti dal B., che riepilogavano tutte le ore di lavoro giornaliero, dalle quali era emersa una presenza al lavoro superiore all'orario normale. La corte di merito infatti ha precisato che la compilazione di tali documenti era richiesta ed imposta dalla stessa datrice di lavoro, come avevano confermato i testimoni sentiti in primo grado. Le testimonianze sono state ritenute attendibili e pertanto tali risultanze probatorie non sono censurabili in questa sede.

10) Quanto poi ai dischi crono tachigrafici, la società ricorrente ne lamenta la valenza probatoria per averli disconosciuti. Tuttavia la doglianza sul punto è del tutto generica perché non viene precisato esattamente dove e con quale precisa contestazione tale disconoscimento sia stato effettuato nel giudizio di merito. Sul punto questa corte ha osservato che il disconoscimento idoneo a far perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, delle riproduzioni informatiche di cui all'art. 2712 c.c. deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (cfr in termini Cass. 17526/2016). Nel caso in esame la ricorrente non ha precisato neanche se fossero stati prodotti dalla stessa gli originali e se vi fossero delle divergenze di contenuto con quanto prodotto dal lavoratore, in piena assenza quindi di elementi che consentissero di ritenere il documento prodotto dal B. non rispondente al vero.

11) Il ricorso deve quindi essere respinto, con condanna della società alla rifusione delle spese del presente grado, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi, ed euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali e oneri di legge.