Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 febbraio 2018, n. 2841

Personale del comparto scuola - Utilizzo abusivo del contratto a termine - Computo dell'anzianità retributiva complessivamente maturata - Successione di contratti a termine per sopperire a esigenze non straordinarie e imprevedibili - Sussiste

 

Fatti di causa

 

La Corte d'Appello di Milano, dopo aver disposto la riunione dei giudizi, ha riformato la pronuncia di prime cure che aveva accolto le domande d'insegnanti supplenti di scuole di diverso ordine e grado, iscritti nelle graduatorie permanenti (ora a esaurimento) da utilizzare per l'immissione in ruolo di cui all'art. 401 d.lgs. n. 29/1994 e succ. modif., rivolte a sentir riconoscere il diritto al risarcimento del danno per utilizzo abusivo del contratto a termine e il computo dell'anzianità retributiva maturata complessivamente in virtù delle successive reiterazioni.

La ratio decidendi della sentenza d'appello si basa sostanzialmente sull'affermazione di una specialità e autonomia del reclutamento del personale scolastico tale da escluderne in radice la compatibilità con la disciplina dettata in via generale, per i contratti di lavoro a tempo determinato, dal d.lgsl. n. 368/2001, attuativo dell'Accordo Quadro Europeo del 18/3/1999 allegato alla Direttiva 1999/70/CE.

In particolare, l'inoperatività del principio di conversione dei rapporti di lavoro e l'inapplicabilità di un limite massimo alla reiterazione dei contratti a termine, ove permanga la necessità di sostituzione, troverebbero la loro puntuale giustificazione nel precipuo interesse pubblico alla continuità didattica.

Il sistema delle supplenze, secondo la Corte territoriale, parteciperebbe di un peculiare percorso formativo selettivo attraverso il quale il personale della scuola è immesso in ruolo in virtù di un modello di reclutamento alternativo rispetto a quello ordinario del concorso per titoli ed esami.

Non riscontrandosi alcuna violazione delle norme europee gli insegnanti non potrebbero reclamare né la conversione a tempo indeterminato dei rapporti né il risarcimento del danno in misura equitativa.

Operando una ricostruzione del complesso insieme normativo del reclutamento nel comparto della scuola, ispirata a tale propensione concettuale, la Corte d'Appello ha escluso la violazione del principio di parità di trattamento retributivo per i supplenti della scuola, rispetto al più favorevole trattamento del personale scolastico immesso nei ruoli, giustificando tale assunto con la speciale valenza dei servizi pre-ruolo ai fini della stabilizzazione, e del sistema del c.d. doppio canale di cui all'art. 399 d.lgs. n. 297/1994 e successive modifiche, che nel fissare i criteri per l'individuazione del supplente in base alla graduatoria aggiornata di volta in volta col punteggio calcolato sul numero degli incarichi e sulla loro durata, ne agevola la possibilità di occupazione in vista dell'immissione in ruolo.

Avverso tale sentenza interpongono ricorso per cassazione D.B. e altri sulla base di cinque censure, cui oppone difese il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con la prima censura è dedotta la violazione dell'art. 6 CEDU e dell'art. 24, co. 1 Cost.

La censura contesta il decreto del Presidente della Corte d'Appello che ha disposto una composizione "rafforzata" dei collegi, per esigenze di contenimento del pesante carico giudiziario, individuando i giudici assegnatari secondo regole diverse da quelle ordinarie e con specifico riferimento a un gruppo di cause definite.

2. La seconda censura deduce violazione ed errata applicazione dell'art. 4 I. n. 124/1999, dell'art. 1 comma 1 d.l. 25/9/2009, n. 134, conv. con I. 24/11/2009, n. 167, dell'art. 9, co.18 d.l. 13/5/2011, n. 70, conv. in I. 2/7/2011, n. 106.

Incompatibilità con la Direttiva 99/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999. Insufficienza e contraddittorietà della motivazione.

Parte ricorrente contesta che l'esclusione della misura della conversione dei rapporti d'impiego al personale scolastico, ai sensi dell'art. 9, co. 18 d.l. 13/5/2011, n. 70, conv. in I. 2/7/2011, n. 106, che ha aggiunto il co. 4 bis all'art. 10 del d.lgs. n. 368/2001, possa essere assunta a paradigma di un'esclusione generalizzata dell'applicazione del d.lgs. n. 368 allo stesso personale.

3. La terza censura deduce incompatibilità dell'art. 4 I. n.124/1999, dell'art. 1, d.l. 25/9/2009, n. 134, conv. in I. 24/11/2009, n. 167, dell'art. 9, co. 18, d.l. 13/5/2011, n. 70, conv. in I. 12/7/2011, n. 106 con la Direttiva 99/70/CE.

Richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea (C - 378/2007 del 23/4/2009 - Angelidaki e a.; C -212/4 del 4/7/2006 - Adeneler; C -3/2010 dell'1/10/2010 - Affatato; C-555/2007 del 19/01/2010 - Kucukdeveci), parte ricorrente prospetta che una previsione nazionale generale e astratta, che prevede una successione di contratti a termine per sopperire a esigenze non straordinarie e imprevedibili, ma al contrario, prevedibili e durature nel tempo, e utilizza finanche tale sistema quale strumento per l'(eventuale) accesso a un posto stabile, non solo non è compatibile con la normativa comunitaria, ma ne invera la palese violazione.

4. La quarta censura lamenta insufficienza della motivazione per omesso esame dei contratti oggetto d'impugnazione. La sentenza C-586/2010 del 26/1/2012 - Kucuk richiede, al fini della prova dell'abuso di contratti flessibili, la verifica dello stesso in base a tutte le circostanze del caso concreto, compresi il numero e la durata complessiva dei contratti. Tuttavia, sotto tale profilo, la Corte d'Appello avrebbe omesso la concreta verifica delle concrete circostanze della successione contrattuale, né avrebbe motivato quanto alla supposta riconducibilità delle fattispecie sottoposte al suo giudizio di merito alla normativa del settore.

5. La quinta censura contesta la violazione dell'art. 6 del d.lgs. n. 368/2001 e della clausola 4 dell'accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70. Difetto e contraddittorietà della motivazione, con riferimento alla comparabilità degli assunti con contratto a termine e con contratto a tempo indeterminato.

Richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea (C. - 307/2005 del 13/9/2007 - Del Cerro Alonso; e C. - 302 e 305 del 2011 del 18/01/2012 - Valenza) censura la pronuncia gravata per non aver considerato illegittimo l'inquadramento dei ricorrenti nella classe retributiva iniziale senza applicazione della progressione stipendiale prevista per il personale assunto a tempo Indeterminato, con palese violazione della clausola 4 dell'accordo quadro, per la quale la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura e alle caratteristiche delle mansioni espletate.

Dal punto di vista della completezza della motivazione, parte ricorrente deduce che ai fini della comparabilità delle due categorie di personale scolastico non è sufficiente il riferimento contenuto nella sentenza gravata all'incidenza dell'assenza del breve periodo di prova nel caso dei supplenti, ed è contraddittorio il riferimento al carattere vincolante delle graduatorie rispetto al permanere dello stato di precarietà. Di contro, ciò che rileva per la Direttiva ai fini del giudizio sulla comparabilità delle condizioni di lavoro è il concreto atteggiarsi del rapporto, che nel caso in esame, sotto il profilo dell'identità del titolo di studio posseduto e del concorso superato, della durata dei rapporti, dell'uniformità del contenuto delle prestazioni, avrebbe dovuto portare la Corte territoriale a ritenere violato il principio di parità di trattamento tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato nel settore della scuola.

La prima censura, relativa alla dedotta violazione del principio del Giudice naturale è inammissibile, poiché manca di autosufficienza.

Parte ricorrente non trascrive, infatti, il decreto del Presidente della Corte d'Appello riguardante la modificata composizione del Collegio nei ricorsi in esame. Essa si rivela, comunque, altresì infondata, in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, per cui "La garanzia posta dall'art. 25 Cost., secondo cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, va riferita alla competenza dell'organo giudiziario nel suo complesso, impersonalmente considerato, e non incide sulla concreta composizione dell'organo giudicante" (Cass. n. 12969/2004; cfr. anche Cass. n. 4839/1992).

Le altre censure, da esaminarsi congiuntamente, meritano accoglimento.

Questa Corte, con varie sentenze (dal n. 22552 al n. 22557 del 2016 e numerose altre conformi) ha affrontato le questioni sollevate dalla parte ricorrente, e, dopo aver ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (26/11/2014, Mascolo e altri in cause riunite C-22/2013; C- 61/2013; C-62/2013; C-63/2013; C-418/2013), dalla Corte Costituzionale (n. 187/2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (n. 5072/2016) ha affermato i seguenti principi di diritto:

I) La disciplina del reclutamento del personale a termine nel settore scolastico di cui al d.lgs. n. 297/1994 non ha subito un'abrogazione da parte del d.lgs. n. 368/2001, essendone stata salvaguardata la specialità dall'art. 70, co. 8 del d.lgs. n. 165/2001;

II) Per effetto della dichiarata illegittimità costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 2 della I. n. 124/1999 e in conformità con la Direttiva 1999/70/CE, è illegittima, a far tempo dal 10/7/2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della I. n. 124 anteriormente all'entrata in vigore della I. n. 107/2015, col personale sia docente sia amministrativo, tecnico e ausiliario, per la copertura di posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi.

III) L'art. 36, co.5 del d.lgs. n. 165/2001 non consente di costituire rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni a tempo indeterminato quale conseguenza della violazione da parte degli enti pubblici, di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori.

IV) Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine realizzatesi dal 10/7/2001 e prima dell'entrata in vigore della I. n. 107/2015 con il personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, la misura della stabilizzazione acquisita da tali categorie attraverso gli strumenti selettivi-contrattuali operanti, è proporzionata, effettiva e idonea a sanzionare l'abuso della reiterazione e a cancellare le conseguenze della violazione del Diritto dell'Unione.

V) Che tale stabilizzazione attraverso l'avvenuta immissione in ruolo non preclude al personale docente e al personale amministrativo, tecnico e ausiliario la possibilità di proporre domanda per ottenere il risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall'immissione in ruolo stessa, ma, in tal caso, in continuità con i principi affermati dalle Sez. Un n. 5072/2016, il lavoratore, gravato del relativo onere, non potrà beneficiare dell'agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza.

VI) Nelle ipotesi di cui al punto IV), al personale docente e non docente che non abbia alcuna certezza di stabilizzazione va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati dalla sopra richiamata sentenza delle Sezioni Unite.

VII) Che quanto alle reiterazioni dei contratti a termine, effettuate in relazione ai posti per i quali si verificano esigenze temporanee non è in sé configurabile alcun abuso ai sensi dell'Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio e distorto a siffatto strumento contrattuale, prospettando non già la sola reiterazione, ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima.

I principi affermati da questa Corte sono confermati anche nella controversia in esame, per le ragioni tutte indicate in motivazione, che s'intendono qui trascritte ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.

In effetti, rispetto all'attenta analisi della parte ricorrente, ispirata ai principi europei, la Corte d'Appello manca di svolgere la verifica del caso concreto, così come raccomandato dalla giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia, cui la stessa, diffusamente (ma genericamente) si richiama, omettendo, in particolare, di controllare il numero e la durata complessiva dei contratti a termine sottoscritti dagli insegnanti, e di verificare l'abuso delle reiterazioni sulla base delle allegazioni della parte.

Quanto alla mancata comparazione nella sentenza gravata, dedotta nella quinta censura, delle retribuzioni degli assunti a termine rispetto alla progressione stipendiale degli assunti con contratto a tempo indeterminato, la sentenza gravata non è aderente al principio con cui questa Corte (Cass. n. 22552/2016) ha stabilito che l'inquadramento nella classe stipendiale iniziale del personale scolastico con contratto a termine successivamente prorogato viola la clausola 4 dell'Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70.

La motivazione si palesa, pertanto, insufficiente e contraddittoria in merito all'esame in concreto dell'abuso di reiterazione dei contratti a termine in danno dei ricorrenti da parte dell'amministrazione scolastica e delle eventuali conseguenze applicabili secondo la giurisprudenza di questa Corte, nonché della disparità di trattamento rispetto al personale di ruolo, dovuta all'inquadramento stipendiale nella classe retributiva iniziale, provata in giudizio per mezzo di specifiche e circostanziate allegazioni.

In definitiva, essendo inammissibile la prima censura e fondate le altre quattro, il ricorso è accolto nei limiti di cui in motivazione. La sentenza è cassata. Si rinvia alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione. Cassa la sentenza e rinvia alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13 (ndr comma 1 bis dello stesso art. 13).