Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 febbraio 2018, n. 2831

Pensione d'anzianità - Riliquidazione - Calcolo sulla base delle retribuzioni effettivamente corrisposte in Svizzera - Applicazione del sistema retributivo vigente in Italia - Non fondato - Presenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale - Trasferimento presso l'AGO dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza depositata il 7/5/2008 la Corte d'appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale, in applicazione dell'art. 1, comma 777, I. n. 296/2006 di interpretazione autentica del DPR n. 488/1968 art. 5, comma 2, ha rigettato la domanda di L.C., volta alla riliquidazione della pensione goduta sulla scorta delle retribuzioni effettivamente percepite durante i periodi di lavoro effettuati in Svizzera, in luogo di quelle virtuali, ricalcolate dall'INPS, in rapporto alla diversa incidenza degli oneri contributivi.

La Corte ha, altresì, ritenuto manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità prospettati.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso in cassazione il C. con un motivo. Si è costituito l'INPS chiedendo il rigetto del ricorso.

Fissata la causa per la decisione, con ordinanza del 18/12/2014, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale sollevata con ordinanza di questa Corte n. 4881/2015.

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 166/2017, la causa è stata fissata nuovamente per la decisione all'udienza odierna. L'Inps ha depositato memoria ex art. 378 cpc.

 

Ragioni della decisione

 

2. Oggetto del contendere è la legittimità o meno delle modalità di liquidazione della pensione spettante ai cittadini italiani che hanno prestato attività lavorativa in Svizzera. Il ricorrente, infatti, si duole del fatto che l'INPS gli abbia liquidato la pensione assumendo come base di calcolo, non già la retribuzione effettivamente percepita in tale Paese, - come a suo avviso avrebbe dovuto fare in virtù del disposto dell'art. 1, I. n. 283/1973, che, nel ratificare la Convenzione stipulata tra l'Italia e la Svizzera in materia di sicurezza sociale del 4.7.1969 aveva fissato il principio secondo cui il calcolo della pensione sarebbe stato effettuato come se l'assicurato avesse lavorato in Italia - , bensì una retribuzione teorica, ottenuta rapportando la retribuzione effettiva al maggior importo dei contributi previdenziali che sarebbero stati dovuti qualora egli avesse effettivamente lavorato in Italia, secondo modalità poi consacrate dall'art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, che, nel dettare l'interpretazione autentica dell'art. 5, comma 2°, d.P.R. n. 488/1968, ha previsto che esso s'interpreti nel senso che «in caso di trasferimento presso l'assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è determinata moltiplicando l'importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l'aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono», facendo salvi «i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge».

3. Tanto premesso, il ricorrente denuncia che l’art. 1, comma 777, della L. n. 296/2006 è in contrasto con la normativa comunitaria e quindi dovrebbe essere disapplicato in quanto viola: l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, che garantisce un equo processo vietando l'ingerenza del potere legislativo su quello giudiziario, volto ad influenzare e determinare la decisione giudiziaria della lite; la Convenzione Italo Svizzera del 14/12/1962 che, quale impegno internazionale, non può essere violata da una norma interpretativa nazionale; il principio di tutela del lavoro all'estero, con la previsione di una disparità di trattamento a svantaggio del lavoratore emigrato rispetto a quello rimasto a lavorare in Italia.

Il ricorrente ha, poi, concluso chiedendo il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 234 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea.

4. Appare opportuno brevemente ripercorrere le tappe fondamentali della questione oggi sottoposta all'esame di questo Collegio.

La legge di interpretazione autentica del 27/12/2006 n. 296 (legge finanziaria 2006), stabilisce al comma 777 che "Il DPR n. 488/1968 x art. 5, comma 2, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che, in caso di trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzione ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è determinata moltiplicando l'importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l'aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge".

La norma è stata dichiarata conforme a Costituzione in riferimento agli artt. 3 c. 1, 35 c. 4 e 38 c. 2, Cost. con sentenza della Corte Costituzionale n 172/2008 in quanto:- le previsioni dell'art. 5, c. 2, del d.P.R. n. 488 del 1968 e delle successive disposizioni in materia si collocano nell'ambito di un sistema previdenziale tendente alla corrispondenza fra risorse disponibili e prestazioni erogate (art. 81 Cost.) e implicano che il rapporto tra retribuzione pensionabile e massa dei contributi disponibili sia quello espresso dalle aliquote contributive previste in Italia; - l'art. 1, c. 777, della I. 296, disponendo che la retribuzione percepita all'estero, da porre a base del calcolo della prestazione, sia riproporzionata per stabilire lo stesso rapporto percentuale previsto per i contributi versati nel nostro Paese nel medesimo periodo, ha reso esplicito un precetto già contenuto nelle disposizioni oggetto di interpretazione autentica, e quindi non è irragionevole.

Essa, inoltre, assegna alla disposizione interpretata un significato rientrante nelle possibili letture del testo originario e non determina lesione dell'affidamento del cittadino nella certezza dell'ordinamento. - Non c'è violazione del principio di eguaglianza, perché la salvezza delle posizioni dei lavoratori cui già sia liquidato il trattamento pensionistico secondo un criterio più favorevole, risponde all'esigenza di rispettare il principio dell'affidamento ed i diritti ormai acquisiti di detti lavoratori. Non è leso neppure l'art. 35, c. 4, Cost., perché la disposizione censurata non attribuisce al lavoro prestato all'estero un trattamento deteriore rispetto a quello svolto in Italia, ma anzi assicura la razionalità complessiva del sistema previdenziale.- Infine, non esiste contrasto con l'art. 38, c. 2, Cost. perché la norma censurata non determina riduzione ex post del trattamento previdenziale spettante ai lavoratori.

5. Con ordinanza del 15/11/2001 questa Corte ha sollevato nuovamente la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, c. 777, della I. 296/06:"in riferimento all'art. 117 Cost., comma 1, in relazione all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, e in particolare dalla sentenza del 31 maggio 2011, resa nel caso Maggio e altri c. Italia".

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 264/2012, ha dichiarato infondata anche tale questione. La Corte, infatti, dopo aver rilevato che nel bilanciamento tra la tutela dell'interesse sotteso all'art. 6, paragrafo 1, CEDU, e la tutela degli altri interessi costituzionalmente protetti complessivamente coinvolti nella disciplina recata dall'art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, sussistevano quei preminenti interessi generali che giustificano il ricorso alla legislazione retroattiva, trattandosi in specie di assicurare che il sistema previdenziale risponda a criteri di corrispondenza tra le risorse disponibili e le prestazioni erogate e di impedire alterazioni della disponibilità economica a svantaggio di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri, così garantendo il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidarietà che occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali, ha dapprima rilevato come l'art. 1, comma 777, cit., sia ispirato ai principi di uguaglianza e di proporzionalità, in quanto, tenendo conto della circostanza che i contributi versati in Svizzera sono notevolmente inferiori a quelli versati in Italia, si limita ad operare una riparametrazione diretta a rendere i contributi proporzionati alle prestazioni, in modo da livellare i trattamenti per evitare sperequazioni e rendere sostenibile l'equilibrio del sistema previdenziale a garanzia di coloro che usufruiscono delle sue prestazioni (sent. n. 264 del 2012).

6. Da ultimo la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile l'ulteriore questione di legittimità costituzionale della disposizione in esame, sollevata da questa Corte, con ordinanza n. 4881 del 2015, per contrasto con l'art. 117, comma 1°, Cost. in relazione all'art. 6, par. 1, e all'art. 1, Protocollo n. 1 allegato alla CEDU, per come interpretato dalla Corte EDU nella sentenza 15.5.2014 (Stefanetti ed altri c/ Italia). Ha osservato, infatti, il giudice delle leggi che la citata sentenza della Corte EDU non evidenzia «un profilo di incompatibilità, con l'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, che sia riferito, o comunque riferibile, alla disposizione nazionale in esame, in termini che ne comportino, per interposizione, il contrasto - nella sua interezza - con l'art. 117, primo comma, Cost.», quanto piuttosto «l'esistenza di una più circoscritta area di situazioni in riferimento alle quali la riparametrazione delle retribuzioni percepite in Svizzera, in applicazione della censurata norma nazionale retroattiva, può entrare in collisione con gli evocati parametri convenzionali e, corrispondentemente, con i precetti di cui agli artt. 3 e 38 della Costituzione», e - dato atto che tale area non è stata delineata in termini generali nella sentenza della Corte EDU, il cui giudizio tiene invece conto, «quali "elementi pertinenti", dei lunghi periodi da quei soggetti trascorsi in Svizzera, della entità dei contributi ivi versati, della loro categoria lavorativa di appartenenza e della qualità dei rispettivi stili di vita» - ha concluso nel senso che «l'indicazione di una soglia (fissa o proporzionale) e di un non superabile limite di riducibilità delle "pensioni svizzere" [...] come pure l'individuazione del rimedio, congruo e sostenibile, atto a salvaguardare il nucleo essenziale del diritto leso, [...] presuppongono, evidentemente, la scelta tra una pluralità di soluzioni rimessa, come tale, alla discrezionalità del legislatore» (così Corte cost. n. 166/2017).

7. Le citate pronunce della Corte Costituzionale forniscono risposta completa alle censure di parte ricorrente, con la conseguenza che la decisione della Corte territoriale, di applicazione della norma di interpretazione autentica, deve essere confermata.

Il ricorso, conclusivamente, va rigettato. In considerazione della novità e straordinaria complessità della questione trattata, per il cui esito ultimo è stato necessario attendere il citato pronunciamento del giudice delle leggi, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Compensa le spese.