Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 aprile 2018, n. 10087

Contributi, somme aggiuntive ed accessori dovuti alla Gestione Commercianti - Socio accomandatario - Esercizio dell'attività commerciale in modo abituale e prevalente - Iscrizione alla gestione commercianti

Rilevato

 

Che la Corte d'Appello di Venezia, con sentenza n. 224 del 2011, ha accolto l'appello dell'Inps e respinto quello proposto da S. M. così rigettando integralmente le opposizioni proposte dalla stessa parte avverso le diverse cartelle esattoriali notificatele ad istanza dell'Inps e di S.C.C.I. s.p.a. aventi ad oggetto contributi, somme aggiuntive ed accessori dovuti alla Gestione Commercianti in ragione dell'iscrizione d'ufficio disposta dall'INPS della M. (quale socia accomandataria di M. s.a.s. e del fratello, quale coadiutore), ai sensi dell'art. 1 commi 202 e 203 legge n. 662 del 1996, in riforma della sentenza del locale Tribunale, che aveva accolto solo con riguardo alla posizione di S. M., rigettandole con riferimento alla posizione del fratello Franco M., le dette opposizioni;

Che la Corte territoriale ha ritenuto fondata, quanto alla posizione di S. M., l'impugnazione dell'INPS in ragione della necessaria applicazione del principio, espresso da Cass. n. 845 del 2010, secondo il quale il socio accomandatario deve essere iscritto nella Gestione Commercianti in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, sicché l'esercizio dell'attività commerciale in modo abituale e prevalente va considerato in re ipsa; quanto al fratello Franco M., poi, l'attività di coadiutore dedito prevalentemente al lavoro di corniciaio correlato all'attività della società era stata confermata dalla dichiarazione resa in sede ispettiva da M. G., figlia di S. M. ed occupata con mansioni di commessa presso il negozio gestito dalla madre, posto che tali dichiarazioni erano maggiormente attendibili rispetto a quelle rese in sede giudiziale più favorevoli alla tesi dell'oponente; che avverso tale sentenza S. M. ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi, di cui l'ultimo al solo fine di estendere anche ad Equitalia Poli s.p.a. l'esito del giudizio, relativi: a) alla violazione dell'art. 1 legge n. 1397 del 1960 in relazione alla configurabilità per S. M. dell'obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti in virtù della mera qualità di socia

accomandataria che implicherebbe necessariamente l'abitualità e la prevalenza dell'attività commerciale; b) vizio di motivazione in ordine agli effettivi presupposti di prevalenza ed abitualità dell'attività ai fini dell'obbligo di iscrizione; c) vizio di motivazione in ordine all'accertamento della natura prevalente dell'attività commerciale rispetto a quella di insegnante svolta da Franco M.; d)vizio di motivazione relativo alla decisione di attribuire maggiore rilievo alle dichiarazioni testimoniali della figlia dell'appellata piuttosto che alle dichiarazioni rese in sede ispettiva; e) vizio di motivazione in ordine al concetto di prevalenza di cui all'art. 1 comma 203 della lege n. 662 del 1996;

che l'INPS resiste con controricorso;

che sono state depositate memorie da S. M.;

 

Considerato

 

Che i motivi sub a) e b), relativi alla posizione di S. M., in quanto legati all'interpretazione dell'art. 1, comma 203, della I. n. 662 del 1996, che ha modificato l’art. 29 della I. n. 160 del 1975, e dell'art. 3 della I. n. 45 del 1986, in ordine al rilievo della qualità di socio accomandatario, vanno trattati congiuntamente e sono fondati; che, in sostanza, la sentenza ha condiviso la tesi sostenuta dall'INPS che l’attività svolta dalla M. sia inclusa in quelle per cui è prevista l’iscrizione alla Gestione Commercianti assumendo che la stessa possieda carattere commerciale in quanto la M. è l’unico socio accomandatario della s.a.s. M.; si pretende cioè di desumere l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti da elementi di carattere meramente presuntivo, che però non rilevano sul piano previdenziale che richiede sia effettivamente provato lo svolgimento di un'attività commerciale da parte del socio accomandatario come ribadito dall'orientamento più volte espresso da questa Corte di legittimità, (Cass. Sez. Lav. n. 3835 del 26.2.2016; Cass. n. 5210 del 2017), secondo il quale nelle società in accomandita semplice, in forza dell’art. 1, comma 203, della I. n. 662 del 1996, che ha modificato l’art. 29 della I. n. 160 del 1975, e dell’art. 3 della I. n. 45 del 1986, la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza quest'ultima intesa come prevalenza;

che la sentenza impugnata si è discostata da tale principio ed ha omesso di verificare se la partecipazione della socia accomandataria abbia, in concreto, rivestito i caratteri dell'abitualità e prevalenza di cui sopra per cui a tale accertamento occorre provvedere; che, il terzo, quarto e quinto motivo, da trattarsi congiuntamente in quanto relativi a vizi di motivazione sulla sussistenza dei presupposti per l'iscrizione di F. M. come coadiutore, sono fondati, ad esclusione del profilo di diritto evocato nel quinto motivo relativo all'interpretazione della nozione di prevalenza riferita agli altri soggetti impiegati in azienda, dal momento che questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la L. n. 613 del 1966, art. 2, (a norma del quale "si considerano familiari coadiutori il coniuge, i figli legittimi o legittimati ed i nipoti in linea diretta, gli ascendenti, i fratelli e le sorelle, che partecipano al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, sempreché per tale attività non siano soggetti all'assicurazione generale obbligatoria in qualità di lavoratori dipendenti o di apprendisti"), va interpretato nel senso che l'obbligo di iscrizione per il familiare coadiutore sussiste allorché la sua prestazione lavorativa sia abituale, in quanto svolta con continuità e stabilmente e non in via straordinaria od eccezionale (ancorché non sia necessaria la presenza quotidiana e ininterrotta sul luogo di lavoro, essendo sufficiente escluderne l'occasionalità, la transitorietà o la saltuarietà) e prevalente, in quanto resa, sotto il profilo temporale, per un tempo maggiore rispetto ad altre occupazioni del lavoratore (così Cass. n. 9873 del 2014; n. 7336 del 2017), restando conseguentemente esclusa ogni valutazione concernente la prevalenza del suo apporto rispetto agli altri occupati nell'azienda, siano essi lavoratori autonomi o dipendenti;

che, dunque, posto che i requisiti della abitualità e della prevalenza dell'attività commerciale svolta dal coadiutore, come sopra intesi, assumono il rilievo di fatti essenziali ai fini della corretta applicazione della regola sull'obbligo dell'iscrizione alla Gestione Commercianti di cui si tratta, deve riconoscersi fondata la censura posta dalla ricorrente poiché la motivazione della sentenza impugnata si manifesta carente su tale punto controverso e decisivo. In particolare, al paragrafo B) della pagina 9 della sentenza, dopo aver posto correttamente la questione in diritto, la Corte territoriale riproduce le dichiarazioni rese in sede ispettiva da M. G. relativamente alla durata della presenza dello zio F. M. in negozio, ed alle stesse afferma di riconoscere maggiore credibilità di quelle rese dalla stessa G. in sede giudiziaria che risultano più favorevoli alla madre; la sentenza, però, non fornisce alcun accenno ai contenuti della detta testimonianza, né procede a confrontare le diverse affermazioni in modo tale da mostrare la plausibilità della decisione; si limita a giustificare la stessa decisione attraverso il mero richiamo, poco pertinente, a taluni precedenti giurisprudenziali di legittimità che affermano la sufficienza, al fine di sanzionare il datore di lavoro per il comportamento contrario alla legge, delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva ovvero ad un proprio precedente che alluderebbe al rilievo dell'assenza di giustificazione delle divergenze tra dichiarazioni al fine di privilegiare le dichiarazioni rese in sede ispettiva, rispetto rese in sede testimoniale;

che il mero richiamo al contenuto di precedenti giurisprudenziali, però, non può sostituire il vaglio delle risultanze istruttorie che costituisce il perno dell'attività giurisdizionale di merito e tanto integra il vizio di motivazione di cui all'art. 360 primo comma n. 5 nella formulazione introdotta dall'art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006, applicabile ratione temporis, poiché risulta omessa la motivazione sul "fatto" controverso e decisivo della prevalenza dell'attività di corniciaio rispetto a quella d'insegnante, dovendosi intendere per "fatto" non una "questione" o un "punto" della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo (Cass. n. 17661 del 2016; Cass. 21152 del 2014);

che, conseguentemente, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata e la causa va rinviata per il doveroso esame delle circostanze in fatto ritualmente acquisite e decisive per il giudizio, indicate nei punti precedenti, alla Corte d'appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Venezia, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.