Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 gennaio 2017, n. 1540

Accertamento - Dichiarazioni reddituali - Riscossione - Cartella di pagamento - Istituto della continuazione

 

Fatti di causa

 

In accoglimento parziale dell'appello della contribuente I. s.r.l., la Commissione Tributaria Regionale della Puglia annullava la cartella di pagamento n. 04320070003909634 emessa in séguito a controllo automatizzato dei modelli Unico 2003 e 2004, e ciò faceva dichiarando applicabile l'istituto della continuazione ex art. 12, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, viceversa ritenuto inapplicabile dal giudice di prime cure.

L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione sulla base di unico motivo.

La società contribuente resta intimata.

 

Ragioni della decisione

 

1. Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 12 d.lgs. n. 472 del 1997, art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997, per aver il giudice d'appello dichiarato applicabile l'istituto della continuazione a fattispecie di omesso versamento di imposta autoliquidata.

2. Il ricorso è fondato.

A norma dell'art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997, il ritardato od omesso versamento dell'imposta risultante dalla dichiarazione fiscale è sanzionato nella misura del "trenta per cento di ogni importo non versato".

A norma dell'art. 12, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, la continuazione riguarda le violazioni che, "nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell'imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo".

La questione del rapporto tra i disposti ha ricevuto soluzioni non univoche.

Un orientamento emerso per il tardivo pagamento dei diritti doganali in conto di debito ha escluso l'applicazione del cumulo giuridico ex art. 12 d.lgs. n. 472 del 1997 e ha fatto luogo al regime sanzionatorio ex art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997 in ragione del carattere intrinsecamente dannoso della mora debendi (Cass. 8 marzo 2013, n. 5897, Rv. 625953); indirizzo ribadito escludendo l'istituto della continuazione riguardo all'omesso versamento dell'imposta di bollo (Cass. 20 maggio 2015, n. 10357, Rv. 635590).

Un differente orientamento fa leva sul carattere generale del disposto dell'art. 12 d.lgs. n. 472 del 1997 quale attuazione del favor rei diretta a mitigare il rigore del cumulo materiale, sicché l'art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997 si limiterebbe a identificare l'entità della sanzione in caso di tardivi od omessi versamenti, senza tuttavia escludere il beneficio del cumulo giuridico (Cass. 26 ottobre 2016, n. 21570, Rv. 641490).

Si aderisce alla tesi dell'inapplicabilità della continuazione.

Invero, la sfera applicativa della progressione tributaria è limitata alle violazioni potenzialmente incidenti su "la determinazione dell'imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo" (art. 12, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997), mentre i pagamenti omessi o tardivi riguardano imposte già compiutamente liquidate, ipotesi di ben maggiore gravità in quanto causativa di un sicuro deficit di cassa.

Sembra coerente a tale rilievo l'autonomia quoad poenam di ciascun tardivo od omesso versamento d'imposta, per il quale la legge, derogando alla generale applicazione degli istituti di favor rei, commina appunto una distinta sanzione proporzionale, nella misura del trenta per cento di "ogni importo non versato" (art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997).

Può affermarsi allora il seguente principio di diritto: "le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell'imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all'istituto della continuazione disciplinato dall'art. 12, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, perché questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell'imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l'omissione del pagamento è una violazione che attiene all'imposta già liquidata, per la quale l'art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997 dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento".

3. Discostatasi da tale principio, la sentenza d'appello deve essere cassata.

Non è necessario alcun accertamento di fatto, sicché la causa deve essere decisa nel merito, respingendo l'impugnazione della cartella in punto di continuazione.

4. L'incertezza della questione suggerisce di non gravare di spese processuali la società intimata, a guisa che le spese di merito vanno compensate e quelle di legittimità dichiarate irripetibili.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e - decidendo nel merito - respinge l'impugnazione della cartella di pagamento in ordine alla continuazione; dichiara compensate le spese dei giudizi di merito ed irripetibili le spese del giudizio di legittimità.