Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 gennaio 2018, n. 1011

Tributi - Imposta di registro - Atto di conferimento di immobili a titolo di aumento di capitale e successiva cessione delle quote - Configurazione di negozio unitario finalizzato alla cessione degli immobili

 

Fatto

 

Con sentenza n. 74/02/09, depositata il 27.10.2009, la Commissione Tributaria di II grado di Bolzano, respingeva l'appello dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria di I grado di Bolzano n. 31/05/2008 La Commissione Tributaria di II grado confermava quanto affermato già nella sentenza di primo grado che aveva annullato l'avviso di liquidazione, per l'anno 2002, per l'importo di € 183.529,76, relativo all'atto di conferimento in società, a titolo di aumento di capitale, da parte dei signori C.T., ricorrente, e C.R. di due beni immobili di loro proprietà siti in Merano, a liberazione delle quote.

I giudici di appello rilevavano la decadenza dell'ufficio, ai fini della notifica degli avvisi di liquidazione, essendo decorso il termine triennale, ex art. 76 d.p.r. 131/1986, dalla registrazione dell'atto (15.3.2002), ritenendo non applicabile la proroga biennale ex art. 11 legge 289/2002 e, comunque, corretta l'applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale sul valore degli immobili conferiti depurati dell'importo del mutuo garantito da ipoteca, ritenendo non sindacabile la scelta da parte dei contribuenti del conferimento di beni gravati dell'ipoteca invece della cessione dei beni stessi.

L'Agenzia delle entrate impugna la sentenza deducendo i seguenti motivi:

a) violazione e falsa applicazione dell'art. 20 d.p.r. 131/86, in relazione all'art. 360 n.3 c.p.c., rilevando come la CT di II° abbia errato nell'escludere la possibilità di un collegamento negoziale e la configurabilità un negozio unitario diretto a trasferire alla società gli immobili a seguito di conferimento e cessione di quote;

b) omessa motivazione, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., avendo omesso i giudici di appello di valutare la possibilità di considerare il conferimento e le cessioni di quote un’unitario negozio di trasferimento, trattandosi di negozi tra loro collegati;

c) violazione e falsa applicazione degli articoli 5, 20 e 76 d.p.r. 131/1986, 2473 c.c. e I. 310/93, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., rilevando come nel caso di unitario negozio o di collegamento negoziale il termine di decadenza inizia a decorrere dal 16/9/2003, data di cessione delle quote e si compie con il decorso un quinquennio da detta data (16.9.2008), dovendosi escludere la decadenza essendo stati notificati gli avvisi tra il 14/9/2007 e il 27.9.2007;

d) vizio di motivazione, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., in relazione alla registrazione delle cessioni di quote del 16.9.2003;

e) violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 42, 76 d.p.r. 131/ 1986, 2964 c.c., 11 I. 289/02, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., non avendo il giudice di appello rilevato che il termine triennale, ex art. 76 d.p.r. 131/86 era prorogato di due anni ex art. 11. L. 289/2002;

f) vizio di motivazione, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., avendo la Commissione di II Grado erroneamente negato la proroga biennale del termine di decadenza, considerando l'imposta quale complementare;

g) violazione e falsa applicazione degli articoli 20, 43 e 50 d.p.r. 131/1986, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. non avendo i giudici di merito valutato, trattandosi nella fattispecie, di un negozio unitario o di negozi collegati, che trova applicazione non l'art. 50, ma l'art. 43 d.p.r. 131/ 1986 essendo il mutuo ipotecario accollato alla cessionaria dell'immobile.

A seguito della morte del sig. R. C. si è costituita in giudizio solamente C. D. coerede e successore secondo il diritto svizzero di C. R.; poiché dal certificato di eredità prodotto risulta che vi sono altri coeredi di C. R. (C. B., C. R. e C. A.), stante la difficoltà di individuarne il relativo domicilio ne veniva autorizzata la notifica per pubblici proclami.

 

Motivi della decisione

 

1. Va, preliminarmente rilevata la ritualità della notifica per pubblici proclami nei confronti degli eredi di di C. R.; in ordine logico vanno esaminati, in via prioritaria, i motivi 3, 5 e 6, trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi con cui si contesta, sotto vari profili, la declaratoria di decadenza dell'A.F. dal potere impositivo; i giudici di appello hanno dichiarato la decadenza dell'A.F. ritenendo applicabile il solo termine triennale ex art. 76 d.p.r 131/1986 "in quanto la proroga biennale introdotta con l'art. 5 bis, lett a) del DL n. 282/2002...si riferisce alle sole imposte complementari derivanti da accertamenti di maggior valore e non alle imposte principali derivanti, come nel caso specifico, dal mancato riconoscimento di passività relative al bene conferito". L'imposta richiesta dall'Ufficio non può essere qualificata quale principale, essendo tale, ai sensi dell'art. 42, comma 1, d.p.r. 131/1986, quella "diretta a correggere errori o omissioni effettuati in sede di autoliquidazione..."; mentre è suppletiva "l'imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell'ufficio" ed è, invece, complementare "l'imposta applicata in ogni altro caso".

Nel caso di specie la maggiore imposta liquidata dall'Ufficio a seguito del conferimento in s.r.l. di immobile gravato da ipoteca con accollo del relativo mutuo ipotecario da parte della conferitaria e di successiva cessione delle quote ottenute con il suddetto conferimento agli altri soci della s.r.l., rilevandone il collegamento negoziale o comunque la natura unitaria, ha natura d'imposta complementare, dal momento che la sua determinazione non ha luogo sulla base di elementi desunti dai singoli atti atto o comunque indicati dalle parti, ma richiede un'attività ulteriore dell'Amministrazione, avente rilevanza non meramente interna e produttiva di atti autonomamente impugnabili, sicché, anche in tale ipotesi, il termine di decadenza previsto dall'art. 76, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ai fini della notifica dell'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, è soggetto alla sospensione di cui all'art. 11, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

Ai fini della individuazione del dies a quo di decorrenza del termine triennale di decadenza dell’amministrazione finanziaria ex art. 76 d.p.r. 131/1986, maggiorato della proroga biennale ex art. 11 I. cit., nel caso in cui si sia in presenza non già di un conferimento di immobili in società, bensì di una vendita, quindi di un meccanismo attraverso il quale eludere l'imposta di registro, sulla base della prospettazione dell’amministrazione finanziaria, ai fin della individuazione del termine iniziale di decadenza, occorre valutare la natura della imposta di registro.

La prestazione patrimoniale tributaria di registro, ha subito una evoluzione normativa dal regime della tassa (avente come oggetto l’atto inteso nella sua forma documentale, e come contenuto una determinata quantità di denaro da riscuotere, in corrispettivo del servizio di registrazione), a quello dell'imposta (avente come oggetto la manifestazione di capacità contributiva correlabile a una ben dimostrata forza economica). Sicché, inserendosi nell'ambito di una simile evoluzione, gli artt. 1 e 20 del d.p.r. n. 131 del 1986 vanno interpretati nell'univoco senso che oggetto dell'imposta di registro, per quanto genericamente e formalmente individuata nel riferimento dell'art. 1 agli atti soggetti a registrazione o volontariamente presentati per la registrazione, è, nella sostanza, costituito dagli effetti giuridici di tali atti. L'art. 20 del d.p.r. n. 131/86 non è dunque soltanto una norma interpretativa degli atti registrati, ma una disposizione intesa a identificare l'elemento strutturale del rapporto giuridico tributario. Né, invero, tali conclusioni presuppongono che all'art. 20 del D.P.R. n. 131/1986 sia riconosciuta una specifica valenza antielusiva. Il riconoscimento di un'unica causa reale, giuridica, in forza del collegamento negoziale di più atti cui non corrisponda il titolo o la forma apparente dell'atto sottoposto al tributo, prescinde, infatti, da intenti elusivi, che possono eventualmente ricorrere, ma non necessariamente essere posti a base della scelta negoziale complessa (in tal senso, ex plurimis, Cass. civ. sez. trib. 28 agosto 2013, n. 19752, Cass. Sent. n. 7335 del 28 marzo 2014).

La giurisprudenza di questa Corte è pacificamente orientata nel senso di escludere che l'art. 20, D.P.R. n. 131 del 1986 sia disposizione predisposta al recupero di imposte "eluse", perché l'istituto dell' "abuso del diritto", presuppone una mancanza di "causa economica" che non è viceversa prevista per l'applicazione dell'art. 20 citato, disposizione la quale semplicemente impone, ai fini della determinazione dell'imposta di registro, di qualificare l'atto o il collegamento di più atti in ragione del loro intrinseca portata, cioè in ragione degli effetti oggettivamente raggiunti dal negozio o dal collegamento negoziale, come può appunto avvenire con la cessione delle quote della società, oppure con il conferimento in società, a titolo di aumento di capitale, di immobili a liberazione delle quote, atti che, se funzionalmente e cronologicamente "collegati", potrebbero essere idonei a realizzare "oggettivamente" gli effetti della vendita e cioè il trasferimento di cose dietro corrispettivo del pagamento del prezzo (Cass. n. 3562/2017).

Nel caso di pluralità di atti non contestuali, nell'ambito dell'applicazione dell'art. 20 del D.P.R n. 131/1986, va attribuita, ai fini della determinazione dell'imposta di registro, preminenza alla causa reale dell'operazione economica rispetto alle forme negoziali in concreto adoperate dalle parti, di modo che, ai fini dell'individuazione del corretto trattamento fiscale, è consentito all'interprete considerare circostanze ed elementi di fatto diversi da quelli emergenti dal tenore letterale delle previsioni contrattuali.(Cass. Sent. n. 6405 del 19 marzo 2014, cfr anche Cass. n. 10216/2016; Cass. n. 1955/2015).

Sulla base di tali considerazioni, ove venga ravvisato un collegamento negoziale, il termine iniziale di decadenza, ex art. 76 d.p.r. 131/ 1986, stante l'unitarietà della causa e tenendo conto di tutti gli atti collegati, trattandosi di comportamento sostanzialmente unitario rispetto ai risultati parziali e strumentali di una molteplicità di comportamenti formali, con riferimento al momento in cui si verifica l'effetto giuridico finale e cioè dalla data di registrazione dell'atto di cessione delle quote, inizia a decorrere dal 16/9/2003, data di cessione delle quote e si compie con il decorso di un quinquennio da detta data (16.9.2008), dovendosi, quindi, difformenente da quanto rilevato dai giudici di merito, escludere la decadenza dell'A.F. essendo stati notificati gli avvisi tra il 14/9/2007 e il 27.9.2007.

2. Sono fondati anche gli altri motivi, ad eccezione del 4 che rimane assorbito.

La Corte ha erroneamente ritenuto non sindacabile dall'Ufficio la scelta da parte dei contribuenti dello strumento negoziale del conferimento di beni gravati da ipoteca ritenendo "ampiamente discutibile quella parte della giurisprudenza che, nell'ipotesi di successiva cessione delle quote sociali, considera i due negozi come atti tra loro collegati".

Anche tale valutazione è errata in quanto, come già evidenziato, in tema di imposta di registro, sussiste per l'Ufficio il potere, previsto dall'art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, di interpretare gli atti presentati alla registrazione secondo l'intrinseca natura e gli effetti giuridici,ben potendo, quindi, ravvisare la sostanziale unitarietà del fenomeno negoziale - trattandosi di un contratto a formazione progressiva o, quantomeno, di un oggettivo collegamento strutturale e funzionale tra gli atti stipulati dalle parti (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15192 del 23/06/2010).

Come ribadito da questa Corte, << l'incorporazione in un solo documento di più dichiarazioni negoziali, produttive di effetti giuridici distinti e l'incorporazione in documenti diversi di dichiarazioni negoziali miranti a realizzare, attraverso effetti giuridici parziali, un unico effetto giuridico finale traslativo, costitutivo o dichiarativo costituiscono tecniche operative alternative per i contribuenti, che si trovano, però, dinanzi ad una sola e costante qualificazione giuridica formulata dal legislatore tributario: la sottoposizione ad imposta di registro del loro atto o dei loro atti in base alla natura dell'effetto giuridico finale dei loro comportamenti, semplici o complessi che essi siano >> (Cass. n. 2017/3562).

La motivazione della CTR è incongrua in ordine alla ricostruzione dei fatti giuridicamente rilevanti sul punto, non avendo valutato la sussistenza o meno del collegamento negoziale tre i vari atti e la loro eventuale valenza simulatoria; il Giudice di appello ha trascurato l'efficacia interpretativa e probatoria di tutti gli elementi fattuali dedotti dall'Agenzia delle Entrate a fondamento della causa unitaria di cessione aziendale, così come perseguita dai negozi dedotti in giudizio, la sentenza va pertanto cassata e dovendosi procedere al discernimento di una tipica quaestio facti, si impone il rinvio ad altra sezione della medesima CTR , la quale rivaluterà la fattispecie, alla luce dei principi di diritto sopra ricordati, e provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza con rinvio alla Commissione tributaria di II grado di Bolzano, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.