Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 dicembre 2017, n. 30868

Rapporto di lavoro - Borsa di studio annuale - Riqualificazione rapporto di lavoro subordinato - Assenza di insegnamento - Esercizio di potere direttivo, gerarchico e disciplinare - Illegittimità del licenziamento

 

Rilevato che

 

1. la Corte di Appello di Reggio Calabria ha respinto le impugnazioni, principale ed incidentale, proposte dalla Stazione Sperimentale per le Industrie delle Essenze e dei Derivati dagli Agrumi e da D.M. avverso le sentenze, parziale e definitiva, del locale Tribunale con le quali: era stata accertata la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso fra le parti; era stata dichiarata l'illegittimità del licenziamento intervenuto con nota del 2.9.2004; era stata pronunciata condanna della Stazione Sperimentale a reintegrare il M. nel posto di lavoro in precedenza occupato, al risarcimento del danno ed al pagamento delle differenze retributive, quantificate assumendo a parametro il trattamento economico previsto per l'operatore amministrativo dal CCNL Enti Pubblici di Ricerca;

2. la Corte territoriale, premesso che il M. era risultato vincitore di una borsa di studio annuale, ha rilevato che di fatto il rapporto si era svolto con le modalità tipiche della subordinazione, perché al borsista non era stato impartito alcun insegnamento e l'ente aveva esercitato il potere direttivo, gerarchico e disciplinare;

3. il giudice di appello ha ritenuto inapplicabile l'art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, invocato dall'appellante principale, perché il d.lgs. n. 540 del 1999 aveva qualificato la Stazione Sperimentale ente pubblico economico, sicché a fronte della espressa qualificazione normativa, irrilevante doveva ritenersi l'applicazione del CCNL per il Comparto degli Enti Pubblici di Ricerca nel periodo 2000-2004;

3. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l'Azienda Speciale Stazione Sperimentale per le Industrie delle Essenze e dei Derivati dagli Agrumi sulla base di tre motivi, ai quali ha opposto difese con tempestivo controricorso D.M..

 

Considerato che

 

1.1 il primo motivo denuncia, ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., «omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; contraddittoria ed erronea valutazione della volontà manifestata dalle parti» e, evidenziata la inapplicabilità dei principi affermati da questa Corte in relazione al rapporto di apprendistato, lamenta l'omesso esame del regolamento interno con il quale la borsa di studio era stata istituita nonché del relativo bando di gara, che escludeva espressamente la possibilità della costituzione di un rapporto di lavoro pubblicistico o privatistico fra l'ente e il borsista;

1.2. la seconda censura, formulata sempre ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., addebita alla sentenza impugnata di avere erroneamente valutato le risultanze istruttorie dalle quali emergeva che: il M. non aveva mai ricevuto direttive tecniche specifiche sull'attività da svolgere e non era mai stato sottoposto ad un puntuale controllo; il borsista era tenuto solo al rispetto dell'orario annuale previsto dal regolamento della borsa di studio e godeva di ampi margini di libertà nella gestione della propria presenza; la attività svolta non era mai stata eterodiretta né vi era stato inserimento stabile nella organizzazione dell'ente;

1.3. il terzo motivo denuncia «violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 5 del d.lgs. n. 540/1999 e degli artt. 1 e 36 del d.lgs. n. 165/2001; impossibilità di costituzione di un rapporto di lavoro di natura pubblicistica con la SSIEDA, con la CCIAA o con l'Azienda Speciale» perché la natura pubblica dell'ente, affermata già dal decreto luogotenenziale n. 2131 del 20 giugno 1918, rende applicabile il principio dell'accesso all'impiego solo a seguito di pubblico concorso;

2. il primo motivo è inammissibile perché formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ.;

2.1. l'Azienda Speciale, infatti, pone a fondamento della censura il regolamento interno ed il bando di gara ma non ne trascrive nel ricorso il contenuto (nel motivo è riportata solo la clausola relativa al divieto di instaurazione di un qualsiasi stabile rapporto, subordinato o parasubordinato) né indica dove, quando e da chi i documenti sono stati prodotti nel giudizio di merito;

2.2. la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell'affermare che «il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell'omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell'art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell'atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all'esame dei fascicoli d'ufficio o di parte» (Cass. 12.12.2014 n. 26174 e negli stessi termini Cass. 28.9. 2016 n. 19048 e Cass. 7.6.2017 n. 14107);

3. parimenti inammissibile è il secondo motivo perché « la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro è censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l'accertamento degli elementi, che rivelino l'effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e che sono idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli, costituisce apprezzamento di fatto che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione» (Cass. 7.7.2017 n. 16938 e negli stessi termini fra le più recenti Cass. 10.7.2017 n. 17009);

3.1. nel caso di specie la Corte territoriale ha desunto la natura subordinata del rapporto instauratosi fra le parti dalla sottoposizione del M. al potere direttivo, gerarchico e disciplinare dell'ente ricorrente, dalla continuità della prestazione (la borsa di studio è stata rinnovata per quattro anni anche oltre il limite massimo stabilito dal regolamento), dall'inserimento stabile nella organizzazione aziendale;

3.2. in tal modo il giudice di appello ha fatto corretta applicazione del principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, alla stregua del quale «la sussistenza dell'elemento della subordinazione nell'ambito di un contratto di lavoro va correttamente individuata sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l'inserimento del lavoratore nella organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, con un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità» (Cass. 10.7.2015 n. 14434);

3.3. tutte le censure si risolvono in una inammissibile critica della valutazione delle risultanze processuale effettuata dalla Corte territoriale, alla quale ne contrappongono una difforme, sollecitando un giudizio di merito non consentito in sede di legittimità perché il controllo di logicità sulla motivazione non equivale alla revisione del ragionamento decisorio (Cass. 5.8.2016 n. 16526);

4. il terzo motivo è infondato perché l'art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, invocato dalla ricorrente, non è applicabile agli enti pubblici economici (Cass. S.U. 9.3.2015 n. 4685; Cass. 10.10.2016 n. 20332; Cass. 19.12.2016 n. 26166; Cass. 18.12.2011 n. 4062), quale è la Stazione Sperimentale, qualificata tale dall'art. 2 del d.lgs. n. 540 del 1999 che, al successivo art. 5, prevede espressamente la applicabilità ai rapporti di lavoro delle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa;

5. il ricorso va pertanto rigettato con condanna dell'Azienda ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;

5.1. non sussistono ratione temporis le condizioni di cui all'art. 13 c. 1 quater dPR 115 del 2002

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 4.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge.