Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 luglio 2017, n. 17573

Tributi locali - ICI - Accertamento - Immobili - Requisiti per l’esenzione

 

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 - bis del d.L n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 6797/21/2014, depositata il 13 novembre 2014, non notificata, la CTR del Lazio ha rigettato l’appello proposto dal Comune di Roma Capitale nei confronti della Casa di Roma dell’Istituto F.S.C.G.M. - Istituto Ravasco (di seguito Istituto) per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Roma, che aveva accolto i ricorsi riuniti proposti dall’Istituto contribuente avverso avviso di accertamento ICI per gli anni 2005, 2006 e 2007, con i quali il Comune di Roma aveva contestato l’omesso versamento del tributo riguardo a due unità immobiliari, site in Roma alla Via (...).

La sentenza della CTR del Lazio ha ritenuto, infatti, sussistenti i presupposti per usufruire della richiesta esenzione dal tributo, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. i) del d.lgs. n. 504/1992, ritenendo, sotto il profilo oggettivo, che gli immobili fossero destinati allo svolgimento di attività, pensionato per studentesse e casa per ferie, con modalità non esclusivamente commerciali.

Avverso detta pronuncia il Comune di Roma Capitale ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, cui resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria, l’Istituto.

Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. i) del d.lgs. n. 504/1992 e delle norme connesse e/o correlate in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c., avendo la pronuncia impugnata riconosciuto l’esenzione dal tributo, sebbene dalla stessa pronuncia si evincesse che non risultasse rispettata la condizione inerente al c.d. requisito oggettivo, non essendo stato dimostrato che le attività ricettive ivi esercitate fossero svolte esclusivamente con modalità non commerciali.

Il motivo è manifestamente fondato, essendo in linea con i principi affermati in materia dalla giurisprudenza di questa Corte.

Essendo gli accertamenti impugnati relativi agli anni 2005, 2006 e 2007, è opportuno dar conto della successione delle norme in materia. Per l’anno 2005, tenuto conto anche del disposto del secondo comma del citato art. 7, secondo cui l’esenzione spetta per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, risulta applicabile il testo originario dell’art. 7, comma 1, lett. i) del d.lgs. n. 504/1992, a mente del quale sono esenti dall’imposta «gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 87» (ora 73), «comma 1, lettera c) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222», tali essendo, definite come attività di religione o di culto, quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana.

Per il periodo dal 3 dicembre, data di entrata in vigore all’art. 7, comma 2 bis del d.l. n. 203/2005, quale introdotto dalle legge di conversione n. 248/2005, atteso il carattere innovativo della citata disposizione ad esso riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 16 giugno 2010, n. 14530 e Cass. sez. 5, 15 luglio 2015, n. 14795) avrebbe trovato applicazione la norma succitata, che aveva esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse. Sennonché tale ultima norma ha avuto vita breve, essendo stata sostituita dall’art. 39 del d.l. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 248/2006, anch’essa riconosciuta come avente carattere innovativo, che ha stabilito che «l’esenzione disposta dal d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale», che trova applicazione per il periodo dell’accertamento successivo all’entrata in vigore (4 luglio 2006) del citato decreto.

La ragione della pressoché immediata sostituzione del testo introdotto dall’art. 7, comma 2 bis del d.l. n. 203/2005 quale convertito nella legge n. 248/2005 sta nell’avere essa previsto una disciplina in contrasto con la normativa comunitaria sugli aiuti di Stato e con le regole sulla concorrenza, donde la necessità della sua disapplicazione per il breve periodo (3 dicembre - 31 dicembre) dell’anno 2005, oggetto di accertamento, per il quale la norma in oggetto era vigente.

Ciò premesso, nella fattispecie, l’esenzione può trovare applicazione a condizione che sia dimostrato, incombendo il relativo onere probatorio al contribuente, che le attività in oggetto, di natura ricettiva, (cfr. già, nel vigore della norma originaria, Cass. sez. 5, 8 marzo 2004, n. 4645), fossero svolte con modalità non commerciali, o, a seguito della modifica di cui al citato d.l. n. 223/2006, non avessero natura esclusivamente commerciale.

Tali conclusioni sono state ribadite dalla successiva giurisprudenza di questa Corte (tra cui, in particolare, Cass. sez. 5, 13 marzo 2015, n. 5041 e Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1436, con specifico riferimento ad attività ricettive svolte da Istituti religiosi, oltre a numerose pronunce riferite all’esercizio di attività didattica con pagamento di rette)

Sicché il fatto, ammesso pure dalla stessa sentenza impugnata, della destinazione dell’attività ricettiva anche per i normali fruitori con collocazione dell’offerta sul mercato di tutti i possibili utenti, è rivelatore dell’esercizio dell’attività con modalità commerciali, ciò che non è escluso neppure dal fatto che per uno degli anni oggetto di accertamento il bilancio sia stato chiuso in perdita.

Il ricorso va dunque accolto per manifesta fondatezza e la sentenza impugnata di conseguenza cassata, con rinvio per nuovo esame alla CTR del Lazio in diversa composizione, sulla base del principio di diritto, sopra enunciato, sulle condizioni per l’applicabilità o meno dell’esenzione.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.