Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 aprile 2018, n. 8945

Tributi - Dichiarazioni dei redditi - Istanza di rimborso - Dichiarazione integrativa - Credito d’imposta - Interessi attivi

Ritenuto in fatto

Con istanza inviata all'Intendente di Finanza di Torino con raccomandata del 14/10/1985, la F. s.p.a. chiedeva il rimborso della maggior imposta versata a titolo di Irpeg, Ilor ed Addizionale Ilor su interessi maturati sui crediti di imposta, avendo presentato in data 26/7/1985 dichiarazione dei redditi relativa all'anno di imposta 1984 nella quale aveva erroneamente indicato tra i componenti positivi gli interessi attivi sui crediti di imposta che, non avendo natura reddituale, non concorrevano alla determinazione della base imponibile.

A seguito del formarsi del silenzio-rifiuto dell'Amministrazione finanziaria, la F. s.p.a. proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria di 1° grado, la quale respingeva il ricorso, motivando che, in assenza di giurisprudenza costante, prevalevano le indicazioni contenute nella circolare ministeriale n. 56/9/1605 del 20/12/1983, secondo cui "gli interessi sui crediti di imposta concorrono alla formazione dell'utile o delle perdite ai sensi del primo comma dell'art. 52 del d.P.R. n. 597/73, nel rispetto della competenza" (art. 74 d.P.R. 597/73).

La F. s.p.a. proponeva appello e la Commissione Provinciale di II° grado di Torino, in riforma della decisione impugnata, dichiarava dovuto il rimborso, assumendo che la istanza di rimborso presentata dalla società costituiva un tutt'uno con la dichiarazione dei redditi originariamente presentata, tanto da essere riconducibile alla fattispecie di "dichiarazione integrativa", per cui non risultava applicabile l'art. 36 d.P.R. 42/88, non riscontrandosi conformità della dichiarazione con l'istanza di rimborso e non essendo applicabili le norme del d.P.R. 917/86 che, all'art. 56, terzo comma, aveva sancito la tassabilità degli interessi sui crediti di imposta.

Il Dipartimento delle Entrate del Ministero delle Finanze- Ufficio Distrettuale delle Imposte Dirette di Torino- presentava ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Centrale, sostenendo che l'art. 52, primo comma, del d.P.R. 597/73, prevedeva che "il reddito di impresa è costituito dagli utili netti conseguiti nel periodo di imposta, determinati in base alle risultanze del conto dei profitti e delle perdite, con le variazioni derivanti dai criteri stabiliti nelle successive disposizioni di questo titolo", e che le disposizioni successive al citato art. 52 non contenevano alcuna deroga in materia di interessi sui crediti di imposta, che dovevano pertanto ritenersi ad esso assoggettati quali componenti positivi del reddito di impresa.

La F. s.p.a. presentava ricorso incidentale eccependo, in via prioritaria, la inammissibilità del ricorso in quanto presentato dal II° Uffico delle II.DD. di Torino e non dall'Intendenza di Finanza, e chiedeva la conferma della decisione impugnata.

La Commissione Tributaria Centrale respingeva il ricorso, evidenziando : «il comportamento della società ricorrente per gli interessi computati nel periodo di imposta 1984 e quindi anteriormente alla entrata in vigore del TUIR, appare estremamente prudente e finalizzato ad evitare l'applicabilità di sanzioni stanti le disposizioni allora emanate con le circolari ministeriali contestate. In presenza dell'incertezza allora esistente la ricorrente si cautelò, pagò le imposte e presentò istanza di rimborso dopo aver formulato apposita riserva in sede di dichiarazione dei redditi. Questo Collegio ritiene che l'applicazione retroattiva, ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. 42/1988, della normativa del TUIR nel caso di specie non può essere applicata in quanto mancano i relativi presupposti».

La Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidandosi ad un unico motivo.

La F. s.p.a. resiste con controricorso e deposita memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ.

 

Considerato in diritto

 

1. Con l'unico motivo - rubricato "violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 9 d.P.R. n. 600/73, 56 d.P.R. n. 917/86, 36 del d.P.R. n. 42/88, degli artt. 41, 42, 44 e 55 d.P.R. n. 597/73 e degli artt. 1224, 1282 e 1499 cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ."- la ricorrente sostiene che l'art. 56 del Testo Unico delle imposte dirette dispone la tassabilità, anche retroattiva, al 1 gennaio 1988, degli interessi sui crediti di imposta nelle ipotesi in cui le dichiarazioni pregresse siano state presentate in modo conforme, ossia quando gli interessi, come nel caso di specie, sono stati inclusi nell'imponibile, e che la questione da chiarire è se l'istanza di rimborso abbia o meno potuto "emendare" l'originaria dichiarazione che, avendo incluso gli interessi nella base imponibile, è conforme all'art 56 t.u.i.r. ed è quindi soggetta alla applicazione retroattiva disposta dall'art. 36 d.P.R. n. 42/88.

Ha inoltre evidenziato che, secondo la sentenza a Sezioni Unite di questa Corte n. 2766/1989, decorso il termine prescritto per la presentazione annuale dei redditi, non è consentito rettificarla, con la conseguenza che, non vertendosi nel caso di specie in una ipotesi di errore materiale o di calcolo, alla domanda di rimborso non potrebbe attribuirsi carattere rettificativo della originaria dichiarazione, sicchè la stessa deve considerarsi "conforme" alla nuova disciplina dettata dal TUIR, applicabile retroattiva mente ai sensi dell'art. 36 d.P.R. n. 42/88.

2. Il motivo è infondato.

3. La questione sollevata è già stata esaminata da questa Corte, la quale ha assunto sul punto un orientamento ormai univoco- dal quale il Collegio non intende discostarsi- secondo cui gli interessi maturati sui crediti di imposta nei confronti della Amministrazione, nel vigore del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, n. 598 e n. 599, ancorchè iscritti nel conto dei profitti e delle perdite, non vanno assoggettati ad Irpeg ed ad Ilor, atteso che essi hanno natura compensativa e, quindi, non sono qualificabili né come reddito di capitale, né come reddito di impresa (Cass. n. 29879 del 13/12/2017; n. 3399 del 12/2/10; n. 18864 del 20/9/2004; n. 3574 del 25/3/1995; n. 8725 del 30/5/2003).

Tale disciplina è stata modificata dall'art. 56 del Testo Unico approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che sottopone ora a tassazione tutti gli interessi comunque conseguiti da un soggetto che produce reddito di impresa, e che opera retroattivamente per i periodi di imposta precedenti, ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, ove sia stata presentata dichiarazione conforme alla disciplina di cui al predetto art. 56.

Tuttavia, il presupposto per la applicazione retroattiva dello ius superveniens viene meno quando il contribuente abbia, prima dell'entrata in vigore del nuovo Testo unico, fatto venire meno, con la presentazione dell'istanza di rimborso, la conformità alla nuova disciplina, attesa la emendabilità della dichiarazione dei redditi anche con l'istanza di rimborso, alla stregua del principio della ritrattabilità della dichiarazione affetta da errore, testuale o extra testuale, di fatto o di diritto, il quale comporti l'assoggettamento del dichiarante ad oneri fiscali più gravosi di quelli che per legge devono applicarsi (Cass. n. 29879 del 13/12/2017; Cass. n. 9853 del 13/5/2016).

4. Occorre, quindi, verificare se la istanza di rimborso sia stata presentata prima o dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 42/88, avvenuta in data 1° marzo 1988.

Nel caso di specie la F. s.p.a. ha presentato istanza di rimborso in data antecedente alla entrata in vigore del d.P.R. n. 42/88, rendendo "non conforme" la dichiarazione originaria alle disposizioni successive e sottraendosi in tal modo alla applicazione retroattiva del d.P.R. n. 917/86.

La sentenza impugnata non si è discostata dai principi sopra richiamati.

Il ricorso va, quindi, respinto.

Il definitivo consolidamento giurisprudenziale dei richiamati principi di diritto solo in epoca successiva al ricorso induce a ritenere sussistenti giustificati motivi, ex art. 92 cod. proc. civ., per la compensazione delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.