Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 aprile 2018, n. 8952

Licenziamento - Giusta causa convertita in giustificato motivo soggettivo - Indennità sostitutiva del preavviso -Manomissione di un dato al fine di occultare un errore nello svolgimento della prestazione lavorativa - Ricorso inammissibile - Non ricorre la decisività del fatto storico, nel senso dell'idoneità a determinare il segno della decisione

 

Fatti di causa

 

Con sentenza non definitiva del 9.4.2015-29.7.2015 (nr. 242 del 2015) la Corte di Appello di Venezia accoglieva parzialmente il gravame proposto da A.Z. avverso la sentenza del Tribunale di Rovigo (del 14.5.2013 nr. 191 del 2013) che, pronunciando sulle domande formulate nei confronti della D.P.A. s.r.l, aveva annullato le sanzioni disciplinari irrogate con provvedimenti del 25.5.2010, 9.6.2010, 16.6.2010 e 24.6.2010; aveva convertito il licenziamento intimato il 15.2.2011 per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo e condannato la società al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso; aveva rigettato le domande relative al dedotto demansionamento e di inquadramento superiore.

Per quel che rileva in questa sede, la Corte di appello, con la sentenza non definitiva, dichiarava illegittimo il licenziamento intimato il 15.2.2011 e condannava la D.P.A. srl a reintegrare la lavoratrice nel suo posto di lavoro; confermava, per il resto, la pronuncia di primo grado.

La Corte distrettuale riteneva non sussistenti i fatti addebitati con la lettera di contestazione dell’1.2.2011, alla quale aveva fatto seguito il licenziamento, in difetto di una attività (dolosa) di occultamento; osservava, in particolare, che il dato inesatto riportato dalla dipendente sul quaderno di laboratorio e derivante da un errata impostazione dello spettrofotometro (parametrato ai solfati anziché ai tensioattivi anionici, cioè detersivi) fosse pienamente leggibile e conoscibile e che, dunque, non sussistesse alcun comportamento diretto ad occultare l'errore.

L'insussistenza del fatto escludeva anche che i precedenti disciplinari - contestati come recidiva - potessero, evidentemente, giustificare, da soli, il recesso per giustificato motivo soggettivo.

Quanto alle ulteriori sanzioni disciplinari di cui ai provvedimenti del 25.5.2010, 9.6.2010, 16.6.2010 e 24.6.2010, il giudice di appello concordava con la valutazione operata dal Tribunale, in primo grado, ed escludeva la sussistenza di comportamenti negligenti.

Infine, quanto alla domanda di inquadramento nella 5a categoria, la Corte distrettuale escludeva che le mansioni svolte dalla lavoratrice fossero riconducibili alla richiesta categoria del CCNL in quanto, seppure in astratto "inerenti" alla laurea conseguita, non lo erano in concreto per la semplicità delle analisi effettuate, senza responsabilità diretta.

Con la sentenza definitiva del 16.7.2015 - 29.7.2015 (nr. 496 del 2015), per ciò che è di interesse nella presente sede di legittimità, la Corte di Appello compensava, per la reciproca soccombenza, le spese dei due gradi, confermando, altresì, a carico di entrambe, nella misura del 50%, la liquidazione delle spese di consulenza tecnica; al riguardo osservava che l'onorario del CTU era stato liquidato prima che il difensore comunicasse I' ammissione al gratuito patrocinio di A.Z..

Per la cassazione delle sentenze, ha proposto ricorso D.P.A. s.r.l., articolato in 11 motivi al quale ha resistito, con controricorso, A.Z..

Con autonomo ricorso, ha chiesto la cassazione delle sentenze A.Z., affidato a tre motivi; non ha svolto ulteriore attività difensiva la D.P.A..

D.P.A. s.r.l. ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.

 

Ragioni della decisione

 

Sintesi dei motivi del ricorso principale proposto da D.P.A. srl ed esame degli stessi.

1. Con il primo motivo, D.P.A. srl (di seguito D.)

- ai sensi dell'art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. - denuncia, in relazione alla sentenza nr. 242/15, l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio consistente: 1) nella sovrascrittura al valore "0,103" di quello diverso" 0,063"; 2) nella aggiunta della dicitura " pers. camp" e nella "interlineatura"; 3) nel fatto che la lavoratrice negava l'errore e confermava che il dato era "0,063".

2. Con il secondo motivo, DEPUR - ai sensi dell'art. 360 nr. 3 (erroneamente indicato comma 3) cod. proc. civ. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2104 cod.civ., 2119 cod. civ., 115 e 116 cod.proc. civ., 3 L. 604/66 e dell' art. 18 L. 300 del 1970.

La società critica la sentenza nr. 242/15 perché ha omesso di valutare le prove come emerse in giudizio ed erroneamente giudicato privo di rilevanza disciplinare il contegno della dipendente, consistente invece nell'occultamento intenzionale dell'errore.

3. Con il terzo motivo, la società - ai sensi dell’art. 360 nr. 3 (erroneamente indicato comma 3) cod. proc. civ. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2104 cod. civ., 2119 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., dell'art. 3 L. 604 del 1966 e dell' art. L. 300 del 1970 (ndr art. 18 L. 300 del 1970), dell’art. 30, comma 3, legge 183 del 2010 e dell’art. 69 lett. d) parte finale CCNL Metalmeccanica Piccola e Media Industria 25 gennaio 2008, rimarcando l'erroneo accertamento di insussistenza del fatto.

3.1. Il primo motivo è inammissibile.

La Corte di appello di Venezia ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento irrogato alla ricorrente per insussistenza del fatto materiale posto a base del recesso (pag. 30 sentenza nr. 242 del 2015).

Alla lavoratrice, laureata in biologia ed addetta al laboratorio analisi dell'azienda, veniva addebitata la condotta di manomissione di un dato riportato sul quaderno di lavoro al fine di occultare un errore compiuto nello svolgimento della prestazione lavorativa.

La Corte di Appello ha ritenuto che la lavoratrice, effettivamente incorsa in un errore (per aver impostato lo spettofotometro sul parametro solfati anziché su quello tensioattivi anionici, cioè detersivi) per effetto del quale otteneva un risultato inesatto, comunque riportava il dato sbagliato sul quaderno di laboratorio in maniera leggibile e conoscibile e, perciò, senza porre in essere una condotta dolosamente volta ad occultare l'errore compiuto.

Il vizio di motivazione denunciato da parte ricorrente non configura l'ipotesi introdotta dal novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, limitata alla devoluzione di un "fatto storico", non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053).

In particolare, non ricorre la decisività del fatto che, come nel caso di specie, va esclusa in una pluralità di fatti, nessuno dei quali ex se risolutivo, nel senso dell'idoneità a determinare il segno della decisione. (Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439).

3.2. Il secondo ed il terzo motivo sono infondati.

Una questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. può porsi solo allorché la parte ricorrente alleghi che il giudice di merito: - abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d'ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; - abbia fatto ricorso alla propria scienza privata ovvero ritenuto necessitanti di prova fatti dati per pacifici; - abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione.

In realtà, nessuna di tali situazioni ricorre nella fattispecie.

Le censure, sia pure dedotte in termini di violazione di legge, investono l'operata valutazione delle risultanze di causa e denunciano vizi di motivazione; come tali, incorrono nei medesimi limiti individuati in relazione al primo motivo.

4. Con il quarto motivo del ricorso DEPUR - ai sensi dell'art. 360 comma 1 nr. 5 - denuncia, in relazione alla sentenza non definitiva nr. 242 del 2015, l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, concernente il provvedimento disciplinare del 25.5.2010 e consistente nel fatto che alla lavoratrice era stato insegnato che la procedura prevedeva un primo esame a campione filtrato ed un secondo esame a campione omogeneizzato.

5. Con il quinto motivo la società deduce - ai sensi dell'art. 360 comma 1 nr. 3 (erroneamente indicato come comma 3) - la violazione e falsa applicazione degli artt. 2104 e 2106 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ. e dell'art. 69 CCNL Metalmeccanica Piccola e Media Industria 25 gennaio 2008, avendo la Corte fondato il giudizio non sulle prove proposte dalle parti ma "su proprie conclusioni" ed omettendo di valutare in termini di "gravità" la condotta posta in essere.

6. Con il sesto motivo del ricorso DEPUR - ai sensi dell'art. 360 comma 1 nr. 5 - denuncia l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione, in relazione al provvedimento disciplinare dell'8.6.2010, consistente: 1) nell'utilizzo della colonnina C18 nella prima analisi; nell'utilizzo del reagente anche dopo il viraggio; 3) nella tenuta dei quaderni di lavoro.

7. Con il settimo motivo la società deduce - ai sensi dell'art. 360 comma 1 nr. 3 (erroneamente indicato come comma 3) - la violazione e falsa applicazione degli artt. 2104 e 2106 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., e dell' art. 69 CCNL Metalmeccanica Piccola e Media Industria 25 gennaio 2008, avendo la avendo la Corte fondato II giudizio non sulle prove proposte dalle parti ma "su proprie conclusioni" ed omettendo di valutare in termini di "gravità" la condotta posta in essere.

8. Con l'ottavo motivo del ricorso DEPUR - ai sensi dell'art. 360 comma 1 nr. 5 - denuncia l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione al provvedimento disciplinare del 16.6.2010, e consistente nel fatto che la dipendente ometteva di omogeneizzare il campione.

9. Con il nono motivo la società deduce - ai sensi dell'art. 360 comma 1 nr. 3 (erroneamente indicato come comma 3) - la violazione e falsa applicazione degli artt. 2104 e 2106 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., e dell' art. 69 CCNL Metalmeccanica Piccola e Media Industria 25 gennaio 2008, avendo la avendo la Corte fondato il giudizio non sulle prove proposte dalle parti ma "su proprie conclusioni" ed omettendo di valutare in termini di "gravità" la condotta posta in essere.

10. Con il decimo motivo del ricorso DEPUR - ai sensi dell'art. 360 comma 1 nr. 5 - denuncia l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione al provvedimento disciplinare del 24.6.2010, e consistente nel fatto che la dipendente procedeva all'analisi di un campione torbido e non limpido e privo di elementi in sospensione.

11. Con l'undicesimo motivo la società deduce - ai sensi dell'art. 360 comma 1 nr. 3 (erroneamente indicato come comma 3) - la violazione e falsa applicazione degli artt. 2104 e 2106 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., e dell' art. 69 CCNL Metalmeccanica Piccola e Media Industria 25 gennaio 2008, avendo la avendo la Corte fondato il giudizio non sulle prove proposte dalle parti ma "su proprie conclusioni" ed omettendo di valutare in termini di "gravità" la condotta posta in essere.

12. I motivi quarto, sesto, ottavo e decimo possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi per il medesimo profilo di inammissibilità.

Con essi, la società denuncia, quanto alle statuizioni assunte in relazione ai provvedimenti disciplinari di natura conservativa, vizi di motivazione.

La Corte di appello, con riferimento alle sanzioni conservative impugnate, ha affermato di conformarsi alla sentenza di primo grado ed alle risultanze della CTU condividendo il giudizio espresso di insussistenza di un comportamento negligente.

Trova, dunque, applicazione nella fattispecie l'articolo 348 ter cod. proc. civ., commi 4 e 5, a tenore del quale quando la sentenza d'appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni inerenti a questioni di fatto il ricorso per Cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1-2-3 e 4 del primo comma dell'articolo 360.

Ne deriva, dunque, che il vizio di motivazione non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. " doppia conforme", come intervenuto nella fattispecie di causa.

L'accertamento di insussistenza di condotte negligenti non è, dunque, più censurabile in questa sede.

13. I motivi quinto, settimo, nono ed undicesimo sono assorbiti e comunque inammissibili per le medesime considerazioni espresse in relazione ai motivi quarto e seguenti, investendo le critiche, pur formalmente formulate in termini di violazione di legge, I'iter motivazionale della sentenza impugnata.

Motivi del ricorso incidentale proposto da A.Z. ed esame degli stessi.

14. Con il primo motivo, A.Z. ha denunciato - ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. - violazione dell'art. 11 lett. C) Mobilità professionale, Capo IV "Inserimento in azienda e Mobilità", lett. A) del CCNL Metalmeccanici Piccola Industria.

Si censura la sentenza nr. 242 del 2015 per l'erronea interpretazione della norma collettiva che disciplina l'inquadramento nella 5a categoria, in fase di inserimento in azienda, dei lavoratori in possesso di laurea.

La Corte territoriale, infatti, avrebbe negato l'inquadramento alla lavoratrice, pur accertati i presupposti del possesso del titolo di laurea e dello svolgimento di mansioni inerenti alla laurea conseguita, per aver ricondotto alla disposizione la necessità di un doppio giudizio di " inerenza", in astratto ed in concreto, estraneo, invece, al contenuto della norma.

15. Con il secondo motivo - ai sensi dell'art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. - ha denunciato la contraddittorietà della motivazione.

Deduce la lavoratrice che la Corte di appello, nella sentenza definitiva, ha ripartito le spese liquidate in favore del consulente tecnico d'ufficio, nella misura del 50%, sul presupposto fattuale che la comunicazione di ammissione al gratuito patrocinio era stata dichiarata successivamente al provvedimento di liquidazione.

Osserva, invece, parte ricorrente che il difensore aveva comunicato l'ammissione già all'udienza del 17.9.2014 mentre il provvedimento sulle spese di CTU era reso in data 9.4.2015.

16. Con il terzo motivo, A.Z. ha denunciato - ai sensi dell'art. 360 nr. 3 - violazione dell'art. 92 cod. proc. civ. e degli artt. 83 e 85 DPR 115/2002.

Secondo la Z., l'errore sul fatto di cui al precedente motivo ha comportato la violazione dell'art. 92 cod. proc. civ., sotto il profilo della condanna al pagamento delle spese di consulenza, e dell'art. 85 DPR 115 del 2002 che pone il divieto di addossare i costi dell'ausiliario alla parte ammessa al gratuito patrocinio.

17. Il primo motivo è fondato.

La società denuncia un errore del giudice di merito nell'interpretazione della norma collettiva laddove, nella sostanza, afferma che il giudizio di "inerenza" debba passare attraverso la verifica del grado di complessità e responsabilità dell'attività concretamente resa (che deve, in altre parole, denotare la responsabilità tipica di un lavoratore laureato).

Osserva la Corte che l'art. 11 lett. C) Mobilità Professionale, capo IV "Inserimento in Azienda e Mobilità", lett. a), del CCNL Metalmeccanici Piccola Industria, riportato in ricorso e prodotto integralmente in atti, stabilisce: "I lavoratori in possesso di laurea, in fase di inserimento in azienda, verranno inquadrati nella 5a categoria, sempre che svolgano attività inerenti (al)la laurea conseguita".

La norma collega il diritto all'inquadramento nella 5a categoria a due soli presupposti:

- il titolo di laurea,

- l'inerenza dell'attività al titolo di studio posseduto.

L'espressione "attività inerenti (al)la laurea" possiede il solo significato reso palese dalle parole utilizzate, nel senso del puro e semplice riferimento al collegamento che la prestazione lavorativa deve avere con le materie di insegnamento proprie del corso di laurea intrapreso e del titolo di studio universitario conseguito dal lavoratore.

Tale previsione si giustifica in ragione della dichiarata volontà di realizzare " un sistema (...) basato sul riconoscimento e la valorizzazione della capacità professionale dei lavoratori (art. 11 cit. )"; in questo senso, la maggiore e specifica preparazione dei lavoratori laureati in discipline attinenti alle attività aziendali e la ragionevole previsione di un più agevole inserimento professionale sono valorizzati, dalle parti collettive, con il riconoscimento di un inquadramento iniziale (la 5a categoria, per l'appunto) eventualmente "superiore" rispetto al contenuto concreto dei compiti disimpegnati.

Ne consegue l'erroneità del controllo operato dalla corte distrettuale che, ai fini del giudizio di "inerenza", ha richiesto l'accertamento di una particolare complessità delle mansioni e di una responsabilità diretta, elementi, invece, estranei al contenuto della norma collettiva.

La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Trieste che si atterrà, nell'ulteriore esame del merito della controversia, ai principi su affermati ed, in particolare, al seguente: "ai sensi dell'art. 11 lett. C) Mobilità Professionale, capo IV" Inserimento in Azienda e Mobilità", lett. a), del CCNL Metalmeccanici Piccola Industria, l'espressione "attività inerenti (al)la laurea" deve intendersi riferita esclusivamente all'esistenza di un collegamento tra la prestazione lavorativa e le materie del corso di laurea e del titolo di studio universitario conseguito dal lavoratore; resta, invece, estranea al contenuto della norma ed al controllo necessario ai fini dell'accertamento del diritto all'inquadramento nella 5° categoria, la verifica di un particolare grado di complessità e responsabilità della mansione svolta".

18. Restano assorbiti il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti il secondo ed il terzo; rigetta il ricorso principale; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia, anche sulle spese, alla Corte di appello di Trieste.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 - bis, dello stesso art. 13.