Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 novembre 2017, n. 26946

Tributi - IVA - Accertamento - Riscossione - Cartella di pagamento - Dichiarazione dei redditi - Omesso versamento

 

Con ricorso in Cassazione affidato a tre motivi, nei cui confronti l'Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, il ricorrente impugnava la sentenza della CTR della Puglia, sezione di Foggia, per omesso versamento, a seguito della liquidazione automatizzata ex art. 36 bis del DPR n. 600/73 e 54 bis del DPR n. 633/72 riferita alla dichiarazione 2010, infatti, la pretesa scaturiva dal recupero di un credito Iva rinveniente da anni precedenti per i quali la dichiarazione era stata omessa ovvero presentata oltre i 90 gg.; con un primo motivo, il contribuente ha denunciato il vizio di violazione degli artt. 36 bis del DPR n. 600/73 e 54 bis del DPR n. 633/72, nonché insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 111 Cost ed in via specifica agli artt. 132 e 360 c.p.c. e 36 del d.lgs. n. 546/92, in quanto, l'ufficio aveva utilizzato illegittimamente la procedura della liquidazione automatizzata dell'imposta, in luogo dell'emissione di un avviso d'accertamento, in quanto, l'ente impositore avrebbe proceduto all'iscrizione a ruolo sulla base di soggettive valutazioni giuridiche e ciò, erroneamente, poiché il debito Iva non consente alcuna valutazione giuridica ai fini dell'interpretazione dei dati normativi, della qualificazione dei fatti, della soluzione delle questioni relative alla detraibilità ed all'imponibilità; con un secondo motivo, il contribuente lamenta la violazione dell'art. 2 comma 8 bis del DPR n. 322/98, modificato e integrato dall'art. 2 comma 1 lett. c) del DPR n. 45/01, dell'art. 9 commi 7 e 8 e dell'art. 38 del DPR n. 633/73 (ndr art. 9 commi 7 e 8 e dell'art. 38 del DPR n. 633/73) e degli artt. 53 e 97 Cost., in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, il termine annuale di cui all'art. 2 comma 8 bis della norma citata in rubrica, previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa e finalizzata all'utilizzo in compensazione del credito eventualmente risultante, non esplicherebbe alcun effetto sul procedimento contenzioso instaurato dal contribuente per contestare la pretesa tributaria, quand'anche fondata su elementi o dichiarazioni forniti dal contribuente medesimo; con un terzo motivo, il contribuente deduce la violazione degli artt. 7, 16 e 17 della legge n. 212 del 2000 ed insufficiente e/o omessa motivazione della cartella di pagamento, in quanto, secondo il ricorrente, quando la cartella di pagamento costituisce il primo atto in cui si estrinseca la pretesa erariale non sarebbe sufficiente l'indicazione del dettaglio dell'addebito, ma, sarebbe necessaria l'analitica indicazione dei motivi fondanti la pretesa.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente ordinanza in forma semplificata.

I primi due motivi, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono infondati.

Va premesso l'insegnamento di questa Corte, secondo cui "In caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, è consentita l'iscrizione a ruolo dell'imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell'anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 del d.P.R. n. 633 del 1972, fatta salva, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, l'eventuale dimostrazione, a cura del contribuente, che la deduzione d'imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili» (Sez. U, Sentenza n. 17758 del 08/09/2016, Rv. 640942 - 01).

Sulla scorta di quanto sopra, va rilevato che il motivo è calibrato sul profilo dell'emenda della dichiarazione e, in effetti, non è pertinente, perché la vicenda si riferisce a un'ipotesi di omessa e/o tardiva dichiarazione, nella quale, per quanto detto, è consentito l'uso della cartella ed, inoltre, la parte contribuente non dimostra né allega con la dovuta autosufficienza che siano stati rispettati i requisiti temporali e sostanziali richiesti dal pronunciamento sopra indicato.

Inoltre, da una parte, secondo Cass. sez. un. 17757/16, se il ricorrente era nel diritto di esercitare la detrazione avrebbe dovuto, in sede contenziosa, dimostrare la sussistenza del credito ("...che sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili") mentre, fin dalla comunicazione d'irregolarità, il contribuente non risulta aver prodotto fatture, registri Iva e liquidazioni trimestrali, d'altra parte, come sopra anticipato, la questione dell'emendabilità della dichiarazione è una questione non pertinente, in quanto, non risulta essere stata presentata alcuna dichiarazione integrativa nei termini.

Infine, il terzo motivo di censura è inammissibile oltre che infondato, in quanto, in primo luogo, è incentrato sul difetto di motivazione della cartella, ma in maniera non autosufficiente (Cass. n. 16010/15), ed inoltre, è corretto il rilievo espresso dai giudici d'appello, che il contribuente, nonostante avesse ricevuto la comunicazione d'irregolarità, si è disinteressato di coltivare il contraddittorio con l'amministrazione, al fine di colmare tutte le incertezze che l'atto impositivo poteva ingenerare nel contribuente, al fine di una più efficace tutela dei propri diritti di difesa.

Le spese di lite seguono la soccombenza

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente a pagare le spese di lite del presente giudizio che liquida in € 2.300,00, sia in favore dell'Agenzia delle entrate, oltre spese prenotate a debito, sia in favore di Equitalia servizi di riscossione SpA, in persona del legale rappresentante pt, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13.