Giurisprudenza - TRIBUNALE DI PERUGIA - Ordinanza 21 aprile 2017

Pubblico impiego - Adeguamenti della struttura retributiva e contributiva conseguenti all'applicazione del trattamento di fine rapporto - Invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile a fini pensionistici. - Legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), art. 26, comma 19.

 

I ricorrenti in epigrafe hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Perugia in funzione di giudice del lavoro la Provincia di Perugia al fine di sentire accogliere, nei confronti dell'ente convenuto, le seguenti conclusioni «in via principale, accertare e dichiarare, anche solo in via incidentale, il mancato rispetto, nel Comparto di riferimento, dei principi della c.d. invarianza di retribuzione complessiva nella e della c.d. parità di trattamento contrattuale dei rapporti di lavoro quali sanciti dal quadro normo-contrattuale di cui al presente atto (in primis, rispettivamente, dall'art. 26, comma 19, legge n. 448/1998 e ss. e dall'art. 49, comma 2, decreto legislativo n. 29/1993 ss.mm.ii. quale richiamato dall'art. 1, comma 4 DPCM 20 dicembre 1999); accertare e dichiarare, pertanto, l'illegittimità della trattenuta del 2,50% della retribuzione lorda mensile effettuata a carico dei ricorrenti, tutti ab initio in regime di TFR, anche per violazione del disposto di cui all'art. 45, decreto legislativo n. 165/2001 (in nessun caso possono essere stabiliti trattamenti inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi), accertando anche solo incidentalmente che il monte di detto abbattimento è rimasto allocato e nella disponibilità materiale della controparte datoriale; accogliere l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 1, comma 3 del DPCM 20 dicembre 1999 nella parte in cui prevede la riduzione della retribuzione lorda in misura pari al contributo soppresso e successive statuizioni conseguenti, oltre che dell'art. 1, comma 4 del DPCM 20 dicembre 1999 nella parte in cui prevede l'applicazione dei commi 2 e 3 della medesima norma soltanto ai dipendenti assunti dal giorno successivo all'entrata in vigore del presente decreto (recte, dal 1° gennaio 2001), per violazione dell'art. 3 Cost. (nella triplice prospettiva per cui la disciplina dell'art. 2120 del codice civile viene a incidere, a parità di retribuzione, in misura deteriore sui dipendenti pubblici in regime TFR rispetto ai loro colleghi in regime di TES, oltre che rispetto ai dipendenti privati nei cui confronti non è prevista rivalsa alcuna da parte del datore di lavoro, oltre a creare disparità di trattamento tra i dipendenti pubblici che si trovino in regime TFR per opzione e quanti ab initio del proprio rapporto, atteso che soltanto i primi beneficiano del conferimento in previdenza complementare dell'1,5% della trattenuta / ritenuta del 2,5% e quindi della conseguente migliore sorte in termini di adeguamento al costo della vita) e/o dell'art. 36 Cost. (nella prospettiva che il protrarsi del prelievo sulla retribuzione dei dipendenti pubblici in regime TFR determina un'illegittima e irragionevole riduzione della retribuzione percepita mensilmente, considerata sia in sé e per sé sia in rapporto ai loro colleghi pubblici in regime TFS) per tutte le ragioni esposte nella parte motiva del presente ricorso e, per conseguenza, sospendere il presente giudizio e rimettere gli atti alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87/1953; in ogni caso, condannare la Provincia di Perugia, in persona del Presidente pro tempore, a cessare la trattenuta del 2,50% della retribuzione lorda mensile a carico di ciascuno dei ricorrenti; condannare, sempre in ogni caso la Provincia di Perugia, in persona del Presidente pro tempore, a restituire quanto indebitamente decurtato ai ricorrenti per il superiore titolo, a ritroso entro la soglia massima degli ultimi n. 5 (cinque) anni antecedenti al deposito del presente ricorso, nonché da quest'ultima data sino alla pubblicazione della auspicata sentenza di accoglimento, con quantificazione in separata sede.

Hanno sostenuto che il d.p.c.m. del 20 dicembre del 1999 il quale ha previsto la riduzione della retribuzione lorda ad essi spettante in misura pari al 2,5% dell'80% della retribuzione medesima, in misura pari, cioè, al contributo destinato al finanziamento del trattamento di fine servizio non potrebbe trovare applicazione nei loro confronti in quanto destinato ai dipendenti pubblici in regime di TFR optanti per la previdenza complementare. In subordine hanno evidenziato profili di illegittimità costituzionale del d.p.c.m. in questione ex articoli 3 e 36 Cost., traendo argomenti anche dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 223 del 2012 la quale ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 12, comma 10, del decreto-legge n. 78/2010.

Si è costituita la Provincia di Perugia contestando in fatto e diritto il ricorso di cui ha chiesto il rigetto ed esponendo che essa ha rispettato le disposizioni di cui al d.p.c.m. del 20 dicembre del 1999 e chiedendo, in caso di accoglimento della domanda, la restituzione degli importi da essa versati all'Inps. Ha, inoltre, osservato che R.S., essendo in regime di TFS non ha titolo a pretendere alcunché sulla base dei motivi di cui al ricorso introduttivo.

1) Il quadro normativo

L'art. 2, commi 5-7 della legge n. 335 del 1995 prevede «5. Per i lavoratori assunti dal 1° gennaio 1996 alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, i trattamenti di fine servizio, comunque denominati, sono regolati in base a quanto previsto dall'art. 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto.

6. La contrattazione collettiva nazionale in conformità alle disposizioni del titolo III del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni, definisce, nell'ambito dei singoli comparti, entro il 30 novembre 1995, le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 5, con riferimento ai conseguenti adeguamenti della struttura retributiva e contributiva del personale di cui al medesimo comma, anche ai fini di cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 e successive modificazioni ed integrazioni, disciplinante le forme pensionistiche complementari. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro e con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, entro trenta giorni si provvede a dettare norme di esecuzione di quanto definito ai sensi del primo periodo del presente comma.

7. La contrattazione collettiva nazionale, nell'ambito dei singoli comparti, definisce, altresì, ai sensi del comma 6, le modalità per l'applicazione, nei confronti dei lavoratori già occupati alla data del 31 dicembre 1995, della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto. Trova applicazione quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 in materia di disposizioni di esecuzione.

L'art. 26, comma 19 della legge n. 448/1998 ha ulteriormente previsto, con norma di interpretazione autentica che «Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'art. 2, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si provvede, ai sensi dell'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, a disciplinare l'accantonamento, la rivalutazione e la gestione dell'1,5 per cento dell'aliquota contributiva relativa all'indennità di fine servizio prevista dalle gestioni previdenziali di appartenenza da destinare alla previdenza complementare del personale che opta per la trasformazione dell'indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto, nonché i criteri per l'attribuzione ai fondi della somma di cui al comma 18. Con il medesimo decreto si provvederà a definire, ferma restando l'invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile ai fini pensionistici, gli adeguamenti della struttura retributiva e contributiva conseguenti all'applicazione del trattamento di fine rapporto, le modalità per l'erogazione del trattamento di fine rapporto per i periodi di lavoro prestato a tempo determinato nonché quelle necessarie per rendere operativo il passaggio al nuovo sistema del personale di cui al comma 5 dell'art. 2 della legge 8 agosto 1995, n. 335.

In conformità con quanto previsto dall'art. 26, comma 19 della legge n. 448/98, con specifico riguardo al vincolo dell'invarianza della retribuzione netta, le parti collettive, con accordo tra l'ARAN e le OO.SS. del 29 luglio 1999, hanno convenuto quanto segue: «1. A decorrere dalla data di esercizio dell'opzione prevista dall'art. 59, comma 56 della legge n. 449/1997, ai dipendenti che transiteranno per effetto della medesima opzione dal pregresso regime di trattamento di fine servizio al regime del TFR, non si applica il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5% della base retributiva previsto dall'art. 11 della legge n. 152/1968 e dall'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032. La soppressione del contributo non determina effetti sulla retribuzione imponibile ai fini fiscali. 2. Per assicurare l'invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile ai fini previdenziali secondo quanto previsto dall'art. 26, comma 19 della legge n. 448/1998 nei confronti dei lavoratori cui si applica il disposto del comma 1, la retribuzione lorda viene ridotta in misura pari all'ammontare del contributo soppresso e contestualmente viene stabilito un recupero in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali e dell'applicazione delle norme sul TFR, ad ogni fine contrattuale e agli effetti della determinazione della massa salariale per i contratti collettivi. 3. La medesima disciplina di cui ai commi 1 e 2 si applica nei confronti dei dipendenti assunti successivamente alla data di entrata in vigore del DPCM di cui all'art. 2, comma 1.

Occorre, al riguardo, ricordare che l'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973, con riferimento agli impiegati civili e militari dello Stato, prevede che «L'Amministrazione cui l'iscritto appartiene versa al Fondo di previdenza e credito un contributo previdenziale obbligatorio in misura pari al 7,10 per cento della base contributiva indicata nell'art. 38; il contributo è elevato al 7,60 per cento dal 1° gennaio 1976 e all'8,10 per cento dal 1° gennaio 1978; ciascuna amministrazione si rivale a carico del dipendente iscritto in misura parti al 2,50 per cento della base contributiva predetta. L'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica cit. definisce la base contributiva, sulla quale è applicato il contributo di cui all'art. 37 come composta dall'80% dello stipendio, paga o retribuzione annui, considerati al lordo, di cui alle leggi concernenti il trattamento economico del personale iscritto al Fondo, oltre ad una serie di indennità ed assegni specificamente individuati. L'art. 11 della legge n. 152 del 1968 prevede, ai fini del conseguimento dell'indennità premio di servizio in favore degli impiegati degli enti locali prevede che «il contributo dovuto per ogni iscritto ai fini del trattamento di previdenza è stabilito, a decorrere dal 1° marzo 1966, nella misura del 5,00 per cento della retribuzione contributiva annua considerata in ragione dell'80 per cento; a decorrere dal 1° gennaio 1968 nella misura del 5,50% per cento; a decorrere dal 1° gennaio 1970 nella misura del 5,85 per cento. A decorrere dal 1° gennaio 1972 l'aliquota contributiva è stabilita nella misura definitiva del 6,10 per cento. Il contributo è così ripartito tra enti e iscritti: dal 1° marzo 1966 a carico dell'ente 2,60 per cento; a carico dell'iscritto 2,40 per cento; in totale 5 per cento dal 1° gennaio 1968 a carico dell'ente 3,00 per cento; a carico dell'iscritto 2,50 per cento; in totale 5,50 per cento; dal 1° gennaio 1970 in poi a carico dell'ente 3,35 per cento; a carico dell'iscritto 2,50 per cento; in totale 5,85 per cento; dal 1° gennaio 1972 in poi a carico dell'ente 3,60 per cento; a carico dell'iscritto 2,50 per cento; in totale 6,10 per cento... La retribuzione contributiva è costituita dallo stipendio o salario comprensivo degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura, spettanti per legge o regolamento e formanti parte integrante ed essenziale dello stipendio stesso. Il valore degli assegni in natura da computarsi per dodici mensilità, quando non risulti stabilito da esplicite norme, è determinato dal prefetto, sentiti gli enti interessati.

Secondo quanto previsto dalla seconda parte del comma 6 dell'art. 2 della legge n. 335 del 1995 ed in conformità con quanto stabilito con il richiamato accordo del 29 luglio del 1999, l'art. 1 del DPCM del 20 dicembre 1999 ha previsto «2. A decorrere dalla data dell'opzione prevista dall'art. 59, comma 56, della legge n. 449 del 1997 ai dipendenti che transiteranno dal pregresso regime di trattamento di fine servizio, comunque denominato, al regime di trattamento di fine rapporto non si applica il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva previsto dall'art. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dell'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032. La soppressione del contributo non determina effetti sulla retribuzione imponibile ai fini fiscali. 3. Per assicurare l'invarianza della retribuzione netta complessiva e di quella utile ai fini previdenziali dei dipendenti nei confronti dei quali si applica quanto disposto dal comma 2, la retribuzione lorda viene ridotta in misura pari al contributo previdenziale obbligatorio soppresso e contestualmente viene stabilito un recupero in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali e dell'applicazione delle norme sul trattamento di fine rapporto, ad ogni fine contrattuale nonché per la determinazione della massa salariale per i contratti collettivi nazionali. 4. Per garantire la parità di trattamento contrattuale dei rapporti di lavoro, prevista dall'art. 49, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, ai dipendenti assunti dal giorno successivo all'entrata in vigore del presente decreto, sia applica la disciplina prevista dai commi 2 e 3».

La normativa richiamata, di fronte negoziale e il d.p.c.m. del 20 dicembre del 1999 hanno, dunque, previsto in modo non equivoco, a svantaggio degli impiegati dello Stato e degli Enti locali in regime di TFR, una riduzione della retribuzione che sarebbe altrimenti loro spettata con riferimento alle mansioni disimpegnate ed avuto riguardo ai trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva applicata - e quale spettante ai dipendenti statali in regime di indennità di buonuscita (da qui in avanti per semplicità IBU) ed ai dipendenti degli enti locali e del SSN in regime di trattamento di fine servizio (di qui in avanti per semplicità TFS) pari al 2,5% sull'80% della base contributiva di cui all'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 (che costituiva oggetto della rivalsa a carico del dipendente pubblico in regime di IBU in relazione al contributo previdenziale di cui all'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 per il finanziamento del trattamento di fine servizio), o pari al contributo di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 1968 (che costituiva oggetto del contributo a carico del dipendente in regime di TFS) al fine di garantire l'invarianza della retribuzione netta. Tale riduzione della retribuzione ha, in concreto, riguardato sia il personale assunto dopo l'entrata in vigore del d.p.c.m. - cfr. il comma 4 - sia il personale assunto prima, che effettui l'opzione - cfr. il comma 2 - con la precisione che, a fini previdenziali e per il computo del trattamento di fine rapporto, la retribuzione base per il calcolo viene incrementata di un importo corrispondente alla riduzione della retribuzione. L'incremento cui si riferisce il medesimo comma 3, riguarda la base di computo del trattamento di fine rapporto e la base retributiva su cui sarà applicata l'aliquota di computo per la determinazione del montante contributivo per il calcolo della pensione; si tratta, cioè, di incrementi figurativi la cui effettività potrà essere valutata solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

II) Sulla rilevanza della questione di costituzionalità nel giudizio a quo

Quello di cui al punto I essendo il quadro delle norme di fonte primaria, negoziale e regolamentare pertinenti per la decisione della controversia, ad avviso di questo giudice, la domanda proposta dalle parti ricorrenti dovrebbe essere respinta in quanto non vi è dubbio che essi, in quanto pubblici dipendenti assunti dopo il 31 dicembre 2000 e, quindi, ex lege in regime di TFR, NON avrebbero titolo ad esigere la restituzione di una somma pari al 2,5% della retribuzione contributiva annua considerata in ragione dell'80 per cento di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 1968 (che costituiva e costituisce oggetto del contributo a carico del dipendente in regime di TFS) essendo positivamente prevista, a loro svantaggio, una riduzione della retribuzione di pari importo dal d.p.c.m. richiamato. Ad avviso di questo giudice, inoltre, il contenuto del d.p.c.m. in questione così come il conforme contenuto dell'accordo collettivo del 29 luglio del 1999 non avrebbero potuto essere diversi in considerazione del non equivoco tenore letterale dell'art. 26, comma 19 della legge n. 448/98 il quale, nel delegare al d.p.c.m. la ridefinizione della base retributiva e contributiva dei dipendenti pubblici dello Stato e degli enti locali passati in regime di TFR, ha chiaramente stabilito, imponendolo alle fonti secondarie, il principio dell'invarianza della retribuzione netta. Ora è evidente, ad avviso di questo giudice, che, al fine di garantire l'invarianza della retribuzione netta con riferimento a lavoratori pubblici dipendenti non più soggetti al prelievo contributivo a titolo di rivalsa ex art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 o a quello di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 1968, non vi era alcuna soluzione alternativa se non quella di stabilire una equivalente riduzione della retribuzione lorda. Così facendo, tuttavia, il Legislatore, ad avviso di questo giudice, ha violato irragionevolmente i principi di cui agli articoli 3 Cost. e 36 Cost. (su cui si argomenterà nella parte motivazionale relativa alla presente ordinanza di rimessione).

Sempre in punto di rilevanza nel giudizio a quo, deve considerarsi che, laddove non vi fosse alcun vincolo di fonte legislativa relativamente all'invarianza della retribuzione netta, questo giudice riterrebbe le norme di cui all'accordo collettivo del 29 luglio del 1999 e di cui al d.p.c.m., che hanno stabilito, a svantaggio dei dipendenti in regime di TFR, una riduzione della retribuzione lorda di importo pari al prelievo contributivo a titolo di rivalsa ex art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 o di quello di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 1968, illegittime per eccesso di delega e per violazione dei principi costituzionali di cui agli articoli 36 Cost. e 3 Cost. In tale prospettiva, la normativa in questione avrebbe potuto essere incidentalmente dichiarata illegittima e disapplicata in parte qua con accoglimento della domanda proposta (con esclusione del dipendente R.S. tutt'ora in regime di TFS). Tale dichiarazione incidentale d'illegittimità delle fonti secondarie è però preclusa dall'essere, le medesime, attuative del criterio di delega dell'invarianza della retribuzione netta di cui all'art. 26, comma 19 della legge n. 448/98.

III) Sui motivi della presente ordinanza di rimessione della questione della legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 19 della legge n. 448/98, nella parte in cui, demandando a un d.p.c.m. la definizione della struttura retributiva e contributiva dei dipendenti pubblici in regime di TFR, ha imposto il vincolo dell'invarianza della retribuzione netta nonostante la cessazione del prelievo contributivo a titolo di rivalsa ex art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 e di quello di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 1968 - normativa non conforme ai principi di cui all'art. 3 Cost. e di cui all'art. 36 Cost.

Come evidenziato nella ricostruzione del quadro normativo i dipendenti pubblici che, così come i ricorrenti, sono stati assunti dopo l'entrata in vigore del d.p.c.m. del 20 dicembre del 1999 così come i dipendenti pubblici che abbiano esercitato l'opzione per il passaggio dal regime dell'IBU o del TFS a quello del TFR subiscono, per effetto delle norme del citato d.p.c.m. e delle conformi norme dell'accordo collettivo del 29 luglio del 1999, una riduzione della retribuzione loro astrattamente spettante pari all'importo del prelievo contributivo a titolo di rivalsa ex art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 o pari all'importo del contributo ex art. 11 della legge n. 152 del 1968 a carico dei dipendenti pubblici rimasti in regime di IBU o di TFS. Tale assetto normativo è stato motivato con l'esigenza di garantire l'invarianza della retribuzione netta così come previsto dall'art. 26, comma 19 della legge n. 448 del 1998.

Ad avviso di questo giudice, si tratta, tuttavia, di un assetto normativo che contrasta con i parametri di legittimità costituzionale di cui all'art. 3 Cost. e di cui all'art. 36 Cost.

Quanto all'art. 3 Cost., deve considerarsi che la retribuzione dei lavoratori non può essere considerata quella netta effettivamente ricevuta in pagamento essendo, tale retribuzione effettiva, la risultante di una serie di trattenute di natura fiscale e contributiva operate sul trattamento ipoteticamente spettante, trattenute che, a loro volta, sono correlate a specifici obblighi che gravano su tutti o soltanto parte dei lavoratori dipendenti (pubblici o privati). E', dunque, la retribuzione lorda e non quella effettivamente ricevuta in pagamento dal lavoratore che costituisce il corretto punto di partenza per verificare se vi sia o meno la parità dei trattamenti retributivi tra lavoratori che svolgano analoghe mansioni. Tale essendo il corretto inquadramento della questione, ad avviso di questo giudice, nel caso di specie, sussiste una evidente ed ingiustificata disparità di trattamento tra i lavoratori dipendenti dello Stato e degli enti locali in regime di IBU o TFS ed i dipendenti delle medesime amministrazioni in regime di TFR in quanto ai primi è riconosciuto un trattamento retributivo più elevato rispetto ai secondi. Più precisamente ai primi è riconosciuto un trattamento più alto di una somma pari al 2,5% sull'80% della base contributiva di cui all'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 o pari all'ammontare del contributo di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 1968.

D'altronde la più elevata retribuzione netta che i lavoratori dipendenti in regime di TFR avrebbero ricevuto in pagamento ove non fosse stata disposta (ad avviso di questo giudice irragionevolmente) la riduzione della loro retribuzione lorda avrebbe costituito la logica conseguenza dell'inesistenza di alcun obbligo di contribuire al finanziamento dell'indennità di buonuscita o del trattamento di fine servizio ad essi non spettante. Va, peraltro, ulteriormente sottolineato che la previsione di una specifica facoltà di opzione, per i dipendenti rimasti sotto il regime dell'IBU o del TFS, per il passaggio al regime del TFR sterilizzava, a monte, ogni possibile doglianza, da parte di questi, in ordine ad (inesistenti) disparità di trattamento a favore dei dipendenti passati ex lege al regime del TFR.

Quanto alla violazione dell'art. 36 Cost., occorre ricordare che tale norma è posta a presidio della proporzionalità e sufficienza dei trattamenti retributivi dei lavoratori in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Ebbene, ad avviso di questo giudice, la riduzione dei trattamenti retributivi dei dipendenti in regime di TFR di una somma pari al 2,5% sull'80% della base contributiva di cui all'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973, o di una somma pari al contributo previdenziale di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 1968, collocando la retribuzione di tale categoria di dipendenti pubblici al di sotto della soglia della retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione collettiva con riferimento a determinate tipologie di prestazioni lavorative ha determinato una violazione dell'art. 36 Cost. comportando, per i dipendenti in regime di TFR, il riconoscimento di trattamenti retributivi inferiori rispetto a quelli minimi previsti dalle parti collettive.

La presente ordinanza di rimessione trae, peraltro, ulteriori motivi di supporto dalla pronuncia di incostituzionalità dell'art. 12, comma 10, del decreto-legge n. 78 del 2010, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 36 Cost. contenuta nella sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012. La norma di cui all'art. 12, comma 10 del decreto-legge n. 78 del 2010 prevedeva, con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2011, che, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche ancora in regime di TFS, il computo dei predetti trattamenti di fine servizio si effettuasse secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice civile. Tale norma è stata dichiarata incostituzionale nella parte in cui non escludeva, carico di detti dipendenti, la rivalsa di cui all'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973. Nella motivazione, la Consulta ebbe a precisare che «la disposizione censurata, a fronte dell'estensione del regime di cui all'art. 2120 del codice civile (ai fini del computo dei trattamenti di fine rapporto) sulle anzianità contributive maturate a fare tempo dal 1° gennaio 2011, determina irragionevolmente l'applicazione dell'aliquota del 6,91% sull'intera retribuzione, senza escludere nel contempo la vigenza della trattenuta a carico del dipendente pari al 2,50% della base contributiva della buonuscita, operata a titolo di rivalsa sull'accantonamento per l'indennità di buonuscita, in combinato con l'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032. Nel consentire allo Stato una riduzione dell'accantonamento, irragionevole perché non collegata con la qualità e quantità del lavoro prestato e perché - a parità di retribuzione - determina un ingiustificato trattamento deteriore dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, non sottoposti a rivalsa da parte del datore di lavoro, la disposizione impugnata viola per ciò stesso gli articoli 3 e 36 della Costituzione». Ora, al di là della qualificazione normativa della diminuzione patrimoniale imposta al dipendente pubblico (come derivante dalla conservazione della trattenuta a titolo di rivalsa o contributivo o come conseguente da un abbattimento della retribuzione lorda di pari importo), la Corte Costituzionale ebbe a precisare che il passaggio dei dipendenti dal regime dell'IBU o di TFS al regime del TFR sarebbe stato legittimo solo a condizione di riconoscere ad essi l'intera retribuzione lorda prevista dalla contrattazione collettiva escludendo al contempo la trattenuta a titolo di rivalsa ex art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 in quanto, in mancanza, si sarebbe realizzata una violazione degli articoli 3 e 36 Cost. Tanto evidenziato, pur nella consapevolezza del fatto che la pronuncia in questione è stata resa con riferimento ad una norma distinta, non può ignorarsi il fatto che la fattispecie scrutinata dalla Consulta, in concreto, coincide con quella dei lavoratori dipendenti pubblici passati ex lege o in virtù di opzione, al regime del TFR, in base al d.p.c.m. del 20 dicembre del 1999.

Ne discende il convincimento, alla luce di quanto sin ora esposto, che l'imposizione del vincolo dell'invarianza della retribuzione netta ai dipendenti pubblici passati al regime del TFR dal precedente regime dell'IBU o del TFS ad opera dell'art. 26, comma 19 della legge n. 448/98, comportando, stante l'imposizione del risultato, da fatto, la conservazione della trattenuta a titolo di rivalsa ex art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 e quella a titolo di sostituto di imposta, per il contributo di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 1968, pur in mancanza del conseguente beneficio previdenziale, abbia violato gli articoli 3 e 36 Cost.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 23, comma 3 della legge n. 87/1953, dispone la trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte Costituzionale affinché valuti se sia costituzionalmente legittimo, con riferimento ai parametri di cui agli articoli 3 e 36 Cost., l'art. 26, comma 19 della legge n. 448/1998 nella parte in cui, demandando a un d.p.c.m. la definizione della struttura retributiva e contributiva dei dipendenti pubblici passati, ex lege, dal precedente regime del TFS o dell'IBU al regime del TFR, ha imposto il vincolo dell'invarianza della retribuzione netta nonostante la cessazione del prelievo contributivo a titolo di rivalsa ex art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 e nonostante la cessazione dell'obbligo contributivo di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 1968. Ordina che a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata, alle parti in causa, nonché al presidente del Consiglio dei ministri. Dispone, altresì, che la presente ordinanza sia comunicata con immediatezza ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Dispone la sospensione del presente giudizio sino alla decisione della Corte Costituzionale.

 

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Provvedimento pubblicato nella G.U. del 27 settembre 2017, n. 39