Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 novembre 2017, n. 27306

Tributi - Imposte di registro, ipotecaria, catastale e Invim - Prescrizione - Effetto interruttivo del giudizio di impugnazione del provvedimento - Estinzione del giudizio per mancata riassunzione - Definitività dell'atto impositivo - Decorrenza della prescrizione

 

Fatti di causa

 

L'Agenzia delle entrate ha proposto due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 45 del 24 maggio 2011, con la quale la Commissione tributaria regionale di Bologna (nel prosieguo CTR), a conferma della prima decisione, ha ritenuto estinta per prescrizione decennale la pretesa impositiva da essa vantata nei confronti di B. M., C. M. e C. M. A., questi ultimi in qualità di eredi di C. E. in forza di tre cartelle di pagamento notificate, rispettivamente, in data 1 aprile 2008, 21 novembre 2008 e 6 febbraio 2008, per Invim, Imposta di registro, ipotecaria e catastale, pretesa già precedentemente affermata con avvisi di accertamento e liquidazione notificati nel dicembre 1996 e fatti oggetto di un giudizio di impugnazione poi estintosi nel dicembre 2007 per mancata riassunzione a seguito di cassazione con rinvio (sentenza Cass. n. 3909/2006).

Secondo la CTR, la prescrizione era maturata in base al principio per cui l'estinzione del processo, pur non facendo venir meno l'effetto interruttivo "istantaneo" della prescrizione riconducibile all'atto di impugnazione originario, ne travolgerebbe invece l'effetto sospensivo, con la conseguenza, ex art. 2945, comma 3, cod. civ., che la prescrizione riprenderebbe a decorrere dalla domanda introduttiva del processo estinto e non dalla definitività dell'atto impositivo conseguente all'estinzione medesima.

Resistono con controricorso i contribuenti.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso per cassazione, l'Agenzia delle entrate lamenta - ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. - la violazione e falsa applicazione degli artt. 63 d.lgs. n. 546 del 1992 e 393 cod. proc. civ. nonché degli artt. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986 e dell'art. 2945, comma 3, cod. civ., deducendo che «la disciplina relativa all'effetto permanente o istantaneo della prescrizione propria del processo ordinario che giudica del rapporto è stata falsamente applicata nel caso di specie in cui il processo tributario è giudizio di impugnazione del provvedimento». L'estinzione del giudizio comporta la definitività dell'atto impositivo, stante la natura impugnatola del giudizio stesso, alla stessa stregua di quanto avviene nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo. La prescrizione decennale deve pertanto farsi decorrere dalla definitività dell'atto impositivo, coincidente con l’estinzione del giudizio, in quanto titolo ormai inoppugnabile del credito tributario.

2. Con il secondo motivo di ricorso per cassazione, l'Agenzia delle entrate deduce - ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell'art. 2935 cod. civ. e dell'art. 56 d.P.R. n. 131 del 1986 nonché dei principi in materia di riscossione in pendenza del giudizio, in relazione all'affermazione contenuta nella sentenza della CTR secondo la quale l'amministrazione finanziaria, in pendenza di giudizio, avrebbe potuto far valere il suo diritto alla riscossione, omettendo di considerare che si tratta di una mera facoltà, provvisoria e comunque frazionata.

3. I motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria, sono fondati.

L'art. 2945, terzo comma, cod. civ. prevede che "se il processo si estingue, rimane fermo l'effetto interruttivo ed il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell'atto interruttivo".

Questa disposizione è genericamente riferita ad ogni ipotesi di estinzione del processo e, pertanto, anche a quella prevista dall'art. 393 cod. proc. civ. per il caso di estinzione per mancata riassunzione del giudizio a seguito di cassazione con rinvio.

Secondo l'indirizzo giurisprudenziale consolidato, infatti, la domanda giudiziale comporta sia un effetto interruttivo istantaneo (artt. 2943, comma 1, e 2945, comma 1, cod. civ.), sia un effetto sospensivo (definito anche "interruttivo permanente"), con la conseguenza che "la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio" (art. 2945, comma 2, cod. civ.). Il tempo necessario all'accertamento giurisdizionale del diritto, pertanto, non può produrre effetto estintivo in pregiudizio della parte alla quale il diritto sia infine riconosciuto con sentenza passata in giudicato.

Nel caso di estinzione del giudizio, tuttavia, resta fermo l'effetto interruttivo istantaneo della prescrizione (per cui, dalla data della domanda si inizia un nuovo periodo di prescrizione), ma non anche quello sospensivo in pendenza di causa, perché, non riassumendo il giudizio, la parte ha dimostrato di non avere concreto interesse all'accertamento giurisdizionale.

Qualora il giudizio si estingua per inerzia della parte, in altri termini, non vi è ragione di preservare quest'ultima dagli effetti estintivi riconducibili alla durata della lite, sicché si mantiene il solo effetto interruttivo istantaneo; con la conseguenza che la prescrizione decorre non già dalla data di estinzione del giudizio, ma dall'originario atto interruttivo, vale a dire dalla domanda giudiziale (art. 2945, comma 3, cod. civ.).

Questa soluzione interpretativa, in particolare, è stata espressa da Cass. Sez. u., n. 15756/07, secondo cui «nell'ipotesi di estinzione del giudizio ai sensi dell'art. 50, secondo comma, cod. proc. civ., che può essere dichiarata dal giudice della riassunzione (o della prosecuzione) o dal giudice appositamente adito, ovvero, incidenter tantum, da quello dinanzi al quale è proposta nuovamente la stessa domanda di merito, la notifica dell'atto introduttivo del primo giudizio ha soltanto effetto interruttivo della prescrizione, e non anche sospensivo, poiché quest'ultimo è operante, ai sensi dell'art. 2945 cod. civ., solo se l'estinzione del giudizio viene evitata». Il principio è stato poi ribadito da Cass. n. 5570/10.

Quando l'estinzione riguardato il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, tuttavia, l'indirizzo giurisprudenziale prevalente si è orientato in modo diverso, alla luce di quanto stabilito dall'art. 653, comma 1, cod. proc. civ., secondo cui "se l'opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata con ordinanza l’estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva". In questo caso, secondo Cass. Sez. u, n. 4071/2010, occorre distinguere a seconda che l'estinzione ex art. 393 cod. proc. civ. sia successiva ad una pronuncia di merito di accoglimento dell’opposizione ovvero di rigetto. Nel primo caso, per effetto dell'estinzione del giudizio il decreto ingiuntivo diventa inefficace; mentre, nel secondo caso, esso acquista efficacia esecutiva ex art. 653 cit.

Questo indirizzo giurisprudenziale è stato esteso anche al processo tributario. E' stato affermato, infatti, che in detto giudizio, «l'omessa riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio determina l'estinzione del processo, ai sensi dell'art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, e la definitività dell'avviso di accertamento impugnato. Il termine di prescrizione della pretesa tributaria, necessariamente incorporata nell' atto impositivo, in questi casi decorre dalla data di scadenza del termine utile per la non attuata riassunzione, momento dal quale l'Amministrazione finanziaria può attivare la procedura di riscossione» (Cass. n. 556/16; Cass. n. 19476/16; Cass. n. 15480/16). Il termine di prescrizione della pretesa fiscale decorre da tale data, perché, ove venisse meno l'effetto sospensivo previsto dall'art. 2945, comma 2, cod. civ., la prescrizione maturerebbe anteriormente a tale definitività in favore dell'unica parte processuale (il contribuente) interessata alla riassunzione, proprio al fine di evitare che l'atto impugnato diventi definitivo (Cass. n. 23502 del 18/11/2016).

Le ragioni che giustificano l'applicazione di questo indirizzo consistono nei seguenti elementi di specialità del processo tributario:

1) la natura impugnatoria del medesimo e, in particolare, la natura amministrativa, e non processuale, rivestita dall'atto impositivo, il quale costituisce non atto di impulso del processo, ma il suo oggetto (Cass. n. 21143/15; Cass. n. 16689/13; Cass. n. 5044/12);

2) la conseguente definitività che deriva all'atto impositivo dall'estinzione del giudizio di impugnazione contro di esso proposto dal contribuente;

3) l'irrazionalità di una soluzione che, ritenendo applicabile anche al processo tributario il disposto generale di cui all'art. 2945, comma 3, cod. civ., verrebbe a far decorrere la prescrizione, a carico dell'amministrazione finanziaria, da una data (l'introduzione del giudizio) antecedente alla definitività dell'atto impositivo che realizza ("incorpora") la pretesa tributaria medesima; con la conseguenza paradossale che il titolo dell'imposizione potrebbe risultare ineseguibile (perché estinto per prescrizione) ancor prima di essere divenuto definitivo;

4) l'insussistenza, nel processo tributario, della ratio ispiratrice l'art. 2945, comma 3, cod. civ., dal momento che, proprio per la sua natura impugnatoria e per la definitività che l'atto impositivo assume per effetto dell'estinzione del giudizio in caso di mancata riassunzione, è il solo contribuente ad avere interesse alla riassunzione sicché, diversamente argomentando sulla base della regola generale, l'eliminazione dell'effetto sospensivo della prescrizione in pendenza di un giudizio tributario che poi si estingua per mancata riassunzione opererebbe a favore proprio della parte processuale (il contribuente) che, mostrando disinteresse per la coltivazione del giudizio, ha consentito che l'atto impugnato divenisse definitivo;

5) l'esclusione del rilievo dirimente del regime della riscossione frazionata in pendenza di giudizio, ex art. 68 d.lgs. n. 546 del 1992, perché detta riscossione, frazionata e provvisoria, non realizza in via definitiva la pretesa tributaria.

In applicazione del principio illustrato, espresso da ultimo anche da Cass. n. 23502/2016, pertanto, il ricorso va accolto, posto che le cartelle di pagamento impugnate sono state notificate nel 2008, ben prima del decennio di prescrizione, decorrente quest'ultimo dalla data di estinzione del giudizio (dicembre 2007).

La sentenza va pertanto cassata con rinvio ad altra sezione della commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna la quale, esclusa l'estinzione della pretesa tributaria in forza del principio di diritto su esposto, valuterà gli altri profili di contestazione, decidendo anche sulle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

- accoglie il ricorso;

- cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale Emilia Romagna.