Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 settembre 2016, n. 18082

Tributi - Accertamento - Studi di settore - Valenza di presunzioni legali relative

 

Svolgimento del processo

 

L.L., imprenditore edile, propose ricorso avverso avviso di accertamento, con il quale l'Agenzia, in base alle risultanze degli studi di settore, aveva accertato a suo carico maggior imponibile Irpef, Irap ed Iva in relazione all'anno d'imposta 1999.

L'adita commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione confermata dalla commissione regionale.

I giudici del gravame, attribuita natura di presunzione legale ai valori risultanti dall'applicazione degli studi di settore, ritennero che i minori ricavi denunciati dal contribuente non potevano trovare giustificazione né nella prospettata crisi del settore della edilizio, non comprovato in alcun modo, né dalla circostanza che alcuni lavori in corso nell'esercizio 1999 erano stati sospesi e fatturati nell'esercizio successivo.

Contro la sentenza di appello il contribuente propone ricorso in tre motivi.

L'Agenzia delle Entrate si è costituita senza depositare controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo di ricorso, il contribuente -  deducendo "violazione e falsa applicazione di norme di diritto e difetto di motivazione su un fatto controverso e decisivo" - censura la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto la fondatezza dell'avviso di accertamento esclusivamente in funzione delle risultanze degli studi di settore.

Con il secondo motivo di ricorso, il contribuente - deducendo "violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. e carenza di motivazione" - censura la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che lo scostamento dei ricavi da quelli attribuibili sulla base degli studi di settore comporti lo spostamento dell'onere probatorio a carico del contribuente;

Con il terzo motivo di ricorso, il contribuente - deducendo "omesso esame di un punto decisivo della controversia e violazione dell'art. 7 legge 212/2000", censura la decisione impugnata, nella parte in cui non ha riscontrato la nullità dell'avviso di accertamento per mancata allegazione della documentazione richiamata (verbali di contraddittorio e atto di accertamento con adesione).

Il primo ed il secondo motivo, che, per la stretta connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

Occorre, invero, premettere che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce, se esplicato in contraddittorio con il contribuente, un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza va contrastata dal contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e in quella contenziosa, incombe l'onere di allegare e provare la ricorrenza di plausibili circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, così giustificando un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato (cfr. Cass. 34157/15, 17646/14).

Ciò posto, deve considerarsi che la commissione regionale ha correttamente attribuito ai valori risultanti dall'applicazione degli "studi di settore" valenza di presunzioni (legali relative), ritenendo - con motivazione in sé coerente ed aderente alle risultanze processuali e quindi, con valutazione di merito non sindacabile in questa sede di legittimità (cfr. Cass. 9243/07, 22901/05, 15693/04, 11936/03)- che le giustificazioni addotte dal contribuente (generica e non comprovata allegazione di una crisi del settore edilizio nell'anno 1999; asserito sospensione e differimento all'anno successivo di alcuni lavori iniziati nell'anno di cui alla contestazione) non costituiscono elementi idonei a destituire di valenza i dati emergenti dalle risultanze degli studi di settore.

Il terzo motivo, ancor prima che infondato, è inammissibile, per assoluta carenza di specificità, non avendo il ricorrente fornito la benché minima descrizione dell'avviso di accertamento dedotto in giudizio né del proposto atto di appello, onde consentire alla Corte riscontro, in limine, dell'ammissibilità e fondatezza della doglianza proposta.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, s'impone il rigetto del ricorso.

Per la soccombenza, il contribuente va condannato al pagamento delle spese del giudizio liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il contribuente alla refusione delle spese del giudizio, liquidate in € 2.800,00, oltre spese prenotate a debito.