Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 luglio 2016, n. 13951

Contratto d'opera professionale - Retribuzione - Ampliamento dell'incarico - Pattuizione di un compenso aggiuntivo

 

Fatto e diritto

 

La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 24 maggio 2016, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c.:

"Il Tribunale di Ancona, in funzione di giudice del lavoro, accoglieva l'opposizione proposta da M. A. — titolare dell'omonima azienda agricola - avverso il decreto ingiuntivo con il quale R. T. gli aveva intimato il pagamento della somma di curo 10.905,10, oltre accessori e spese legali, asseritamente dovutegli a titolo di corrispettivo per l'incarico di predisposizione del piano biologico PSR regione Marche 2007/2001 ( di cui alla fattura 3/08) e di consulenza PSR misura F1, colture erbaceee vite ed ulivo per le annate 2003 -2007 (di cui alle fatture 3,4,5,6,7/09). L'opposto decreto veniva, quindi, revocato.

Tale decisione, a seguito di gravame interposto dal R., veniva riformata dalla Corte di Appello di Ancona che, con sentenza dell'8 gennaio 2014, rigettava l'opposizione proposta dal M..

La Corte territoriale premetteva che non era contestato tra le parti l'esistenza tra le stesse di un accordo, concluso anni prima del 2003 (dal 1997, secondo il R., dal 2000, a dire del M.), per lo svolgimento di una collaborazione da parte del R. in favore dell'azienda agricola del M. consistita nella programmazione e nel coordinamento dell'attività di cura dei vigneti e del relativo prodotto, retribuita merce il pagamento degli importi di curo 1.040,00, annualmente fatturati, e di ulteriori euro 550,00 versati "a nero".

Tanto premesso, osservava: che, nell'assunto del M., il corrispettivo per l'attività successivamente intrapresa per le specifiche esigenze di partecipazione al PSR Marche doveva essere ricompresso nella retribuzione già pattuita per il passato; che, tuttavia, non essendo contestato l'ampliamento dell'incarico, era onere del M. (committente) dimostrare la gratuità delle ulteriori prestazioni richieste, stante la ordinaria onerosità dell'attività svolta nell'ambito e del contratto d'opera professionale e dei rapporti di collaborazione coordinata a continuativa, al di fuori dell'ambito familiare o di altri particolari rapporti personali; che tale onere il M. non aveva assolto; che la indicata ulteriore attività svolta dal R., non si era esaurita nella mera presentazione del piano iniziale ma si era protratta nel tempo; che l'eccepita prescrizione presuntiva, ex art. 2956 c.c., non era compatibile con la contestazione dell'esistenza dell'obbligazione di pagamento; che il corrispettivo per l'anzidetta attività, in mancanza di una specifica pattuizione sul punto ed in considerazione dell'impegno profusovi dal R., ben poteva essere determinata equitativamente in una somma corrispondente a quella di cui all'opposto decreto.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il M. affidato a tre motivi.

Ti R. è rimasto intimato.

Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 c.p.c. nonché errore manifesto nella individuazione dei fatti pacifici o non contestati; violazione e falsa applicazione dell'art. 1362, co. 2°, cc.

Si assume: che la Corte di Appello aveva errato nel ritenere pacifico l'ampliamento dell'incarico di "consulenza vitivinicola e agronomica" già in essere tra le parti sin dal 2000 in quanto il M. aveva sempre sostenuto che le prestazioni rese dal R. negli anni rientravano nel generico ed onnicomprensivo originario incarico; che, tali essendo i fatti, era onere del R. in provare lo svolgimento dell'ulteriore incarico, la pattuizione di un compenso aggiuntivo rispetto a quello già pattuito e regolarmente percepito e la sua misura; che, invece, tale prova non era stata fornita e, anzi, la esistenza di un incarico diverso da quello originario era contraddetta dalla circostanza - opportunamente sottolineata dal Tribunale - che per oltre cinque anni il R. non avesse rivendicato alcuna remunerazione per il predetto distinto rapporto professionale.

Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113 e 114 c.p.c. per avere la Corte di appello determinato in via equitativa il corrispettivo per l'attività svolta dal R. pur in mancanza di una espressa richiesta in tal senso delle parti.

Con il terzo mezzo viene dedotta violazione e fusa applicazione dell'art. 2956 c.c. in quanto la difesa del M. non aveva mai contestato l'esistenza dell'obbligazione di pagamento assumendone la gratuità, bensì aveva sempre sostenuto che tutte le prestazioni rese dal R. nel corso degli anni erano riconducibili all'originario incarico che non era stato mai ampliato.

Si osserva che il primo motivo è inammissibile per carenza del requisito dell'autosufficienza non avendo il ricorrente trascritto il contenuto dell'atto opposizione a decreto ingiuntivo nella parte in cui sarebbe stato contestato — nei termini indicati in ricorso — la richiesta del R. di pagamento delle somme di cui all'opposto decreto ingiuntivo quale corrispettivo dell'attività da lui svolta e finalizzata alla partecipazione al PSR della Regione Marche dell'azienda agricola di cui il M. era titolare. Detta trascrizione, nel caso in esame, era vieppiù necessaria in quanto nella impugnata sentenza la Corte di merito dà conto della posizione assunta dalla difesa dell'attuale ricorrente - interpretandola -laddove afferma che il corrispettivo per l'attività successivamente intrapresa per le specifiche esigenze di partecipazione al PSR Marche, nell'assunto del .M., doveva essere ricompreso nella retribuzione già pattuita per il passato.

Nel morivo, inoltre, si fa riferimento anche documenti di causa che non sarebbero stati valutati correttamente dal giudice del gravame, omettendo non solo di trascriverne il contenuto ma anche di indicarli specificamente, precisando dove e quando erano stati prodotti in giudizio ( sul principio di autosufficienza, ex multi Cass. n. 48 del 03/01/2014; Cass. n. 17915 del 30/07/2010).

Il motivo è inammissibile anche sotto altro profilo in quanto l'accertamento della sussistenza di una (pur generica) contestazione ovvero d'una non contestazione, quale contenuto della posizione Processuale della parte, rientrando nel quadro dell'interpretazione del contenuto e dell'ampiezza dell'atto della parte, è funzione del giudice di merito, non sindacabile in questa sede se non sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. n. 10182 del 03/05/2007).

Il secondo motivo è infondato.

Ed infatti la valutazione equitativa delle prestazioni rese dal lavoratore è prevista dall'art. 432 c.p.c.. Sul punto questa Corte ha precisato che nel caso in cui sia certo il diritto alla prestazione spettante al lavoratore, ma non sia possibile determinare la somma dovuta, sicché il giudice la liquida equitativamente ai sensi dell'art. 432 cod. proc. civ., l'esercizio di tale potere discrezionale non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, purché la motivazione della decisione dia adeguatamente conto del processo logico attraverso il quale si è pervenuti alla liquidazione, indicando i criteri assunti a base del procedimento valutativo. (Cass. n. 4047 del 19/02/2013; Cass. n. 10401 del 06/05/2009).

Destituito di fondamento è anche il terzo motivo.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in tema di prescrizione presuntiva, l'affermazione del debitore in ordine all'insussistenza della obbligazione di pagamento (nella specie, il compenso spettante ad un professionista per la sua opera) è inconciliabile con la proposizione della relativa eccezione e vale come ammissione della mancata estinzione di essa (Cass. n. 26986 del 02/12/2013; Cass. n. 193 del 05/01/1995).

Orbene, nel caso in esame, come correttamente rilevato dalla Corte di appello, l'attuale ricorrente, con il negare la debenza delle somme di cui all'opposto decreto ingiuntivo, ha assunto una posizione inconciliabile con la proposta eccezione di intervenuta prescrizione presuntiva di cui all'art. 2956 c.c..

Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell'art. 375 cod. proc. civ., n. 5.".

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il M. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui si censura la relazione laddove ha ritenuto il primo motivo di ricorso inammissibile perché non autosufficiente. In effetti, il Collegio reputa le argomentazioni esposte dal ricorrente non idonee a scalfire il contenuto della relazione che è pienamente condivisibile ed in linea con i principi affermati da questa Corte.

Ne consegue, quindi, il rigetto del ricorso.

Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio non avendo il R. svolto alcuna attività difensiva.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma I quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell'atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell'obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso, nulla per le spese del presente giudizio.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.