Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 luglio 2016, n. 13952

Indennità di accompagnamento - Inps - Consulenza tecnica d’ufficio - Documentazione medica - Gravità della patologia

 

Fatto e diritto

 

La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 24 maggio 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c.:

"Con sentenza del 13 gennaio 2014, la Corte di appello di Napoli, riformando la decisione del primo giudice, dichiarava il diritto di D.C.V. alla indennità di accompagnamento a decorrere dal giugno 2011 e condannava l’INPS al pagamento in favore della predetta dei ratei della menzionata prestazione, oltre accessori come per legge.

Rilevava, infatti, alla luce della nuova consulenza tecnica d’ufficio espletata in appello, che il quadro patologico da cui la D.C. era affetta era divenuto di gravità tale da renderla incapace di compiere autonomamente gli atri del vivere quotidiano solo dal giugno 2011 (la domanda in sede amministrativa era stata presentata il 24.5.2007) e, quindi, accoglieva in parte il gravame.

Per la Cassazione di tale decisione propone ricorso la D.C. affidato ad un unico motivo.

L’INPS resiste con controricorso.

Con runico motivo di ricorso viene dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c.) per avere la Corte di merito accettato acritica mente le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio nuovamente disposta che, invece, non erano affatto condivisibili nella parte in cui avevano individuato la diagnosi delle metastasi epatiche nel giugno 2011, mentre, dalla documentazione medica in atti, emergeva che formazioni neoplastiche erano presenti sin dal 2008 tanto che nel corso di detto anno e del successivo la ricorrente era stata sottoposta a cicli chemioterapici.

Il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo.

In primo luogo, l’inammissibilità discende dal fatto che non è riportato il contenuto della CTU censurata (Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726; Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915). Ed infatti, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, che la Corte di legittimità deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (v., ex multis, Cass. 17915/2010).

In particolare, la parte che addebita alla consulenza tecnica d'ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa ha l'onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente d'ufficio. Le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza devono, pertanto, possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte di legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso (v., ex multis, Cass. 4201/2010).

E’, inoltre, privo dell’auto sufficienza anche perché in esso si fa riferimento a documenti di causa che non sarebbero stati valutati correttamente dal giudice del gravame, omettendo non solo di trascriverne il contenuto ma anche di indicarli specificamente, precisando dove e quando erano stati prodotti in giudizio (ex multis Cass. n. 48 del 03/01/2014; Cass. n. 17915 del 30/07/2010).

Peraltro, il motivo è inammissibile anche perché non tiene conto della motivazione dell’impugnata sentenza in cui sono state indicate le ragioni per le quali, a seguito della diagnosi di neoplasia intestinale dell’ottobre 2008, la invalidità della D.C. era quantificabile nella misura del 100% ma senza diritto all’accompagnamento essendo la predetta in condizioni tali da essere autosufficiente e che, solo a seguito di un ulteriore aggravamento del quadro morboso, si era verificato il presupposto per il riconoscimento della prestazione assistenziale invocava.

Per tutto quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5".

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

La D.C. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui si censura la relazione sostenendosi che il ricorso è autosufficiente.

In effetti, il Collegio reputa le argomentazioni esposte dalla ricorrente non idonee a scalfire il contenuto della relazione che è pienamente condivisibile ed in linea con i principi affermati da questa Corte.

Ne consegue, quindi, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, che spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell'atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014).

Inoltre, il presupposto di insorgenza dell'obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.