Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 luglio 2017, n. 16775

Tributi locali (comunali, provinciali, regionali) - Tributi locali posteriori alla riforma tributaria del 1972 - Soggetti passivi - Risultanze catastali - Presunzione di veridicità - Prova contraria - Onere probatorio del contribuente - Fattispecie.

 

Ritenuto

 

che L. M. impugnava, innanzi alla CTP di Roma, gli avvisi di accertamento in rettifica, notificatigli dal Comune di Roma, per maggiore ICI, relativamente agli anni 2002, 2003 e 2004 (mesi sei di possesso), in relazione all'immobile catastalmente identificato al foglio n. 450, part. 17, sub 502, corrispondente all'appartamento sito in Roma, Viale di Villa Pamphili 73, se. B, P. 3, int. 17, di cui assumeva essere intestataria Patrizia Quaranta, e chiedeva l’annullamento dei predetti avvisi per mancanza dei presupposti dell’imposizione dal momento che l'Ente locale aveva considerato anche il subalterno 503, corrispondente ad una stanza scorporata dalla porzione immobiliare de qua in epoca antecedente l'acquisto ed accorpata ad altra porzione immobiliare confinante, situazione risultante dal frazionamento richiesto il 22/5/1987 proprio al fine di ripristinare l'esatta corrispondenza tra la situazione di fatto del bene posseduto e quella riportata in catasto;

che la CTP accoglieva il ricorso del contribuente ma la CTR del Lazio, su appello del Comune, riformava la decisione di primo grado affermando che il M., per dimostrare la consistenza dell'immobile acquistato con rogito del 20/3/1985 (allora censito al foglio 450, part. 17, sub 47), per il quale aveva richiesto nel 1987 il frazionamento da cui aveva avuto origine il cespite identificato al foglio n. 450, part. 17, sub 502, si era limitato a produrre l'atto di acquisto e non anche l'atto di trasferimento del bene in data 7/7/2004, a favore di Valerio Pierangeli, che successivamente lo aveva alienato alla Quaranta, atto che secondo il giudice di secondo grado avrebbe consentito di verificare la reale consistenza nel tempo del cespite;

che il contribuente ricorre per la cassazione della sentenza, affidandosi ad un motivo di impugnazione, illustrato con memoria, mentre Roma Capitale, già Comune di Roma, resiste con controricorso;

 

Considerato

 

che il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, omessa e insufficiente motivazione, in ordine alla valutazione delle prove fornite, stante la irrilevanza dell'atto di vendita della porzione immobiliare rispetto alla questione sottoposta al vaglio della CTR, concernente il difetto di proprietà, in capo al contribuente, di porzioni immobiliari ulteriori rispetto a quella, catastalmente riportata al foglio n. 450, part. 17, sub 502, già priva al momento dell'acquisto del vano accorpato - di fatto - dal "vecchio proprietario" ad altra porzione immobiliare confinante;

che, per vagliare la fondatezza della tesi del contribuente, il quale sostiene di avere, con il frazionamento, riportato in catasto la esatta situazione del bene posseduto, non avendo mai acquistato la proprietà del subalterno 503, corrispondente alla stanza scorporata dalla porzione immobiliare identificata al foglio n. 450, part. 17, sub 502, e di non dovere, quindi, corrispondere l'imposta su base imponibile comprendente il cespite avente il sopra detto subalterno, ad avviso della CTR è necessaria la produzione in giudizio non soltanto dell'atto di acquisto, ma anche del successivo atto di trasferimento del bene al Pierangeli, essendo tale atto in grado di confermare la "consistenza iniziale" dello stesso;

che, invero, il D.Lgs. n. 504 del 1992, all'art. 1, comma 2, prevede quale presupposto dell'imposta in esame "il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli", all'art. 3, nell'elencare i soggetti passivi dell'I.C.I., fa riferimento "al proprietario degli immobili indicati nel comma 2 "della norma sopra indicata ed, inoltre, all'art. 5, fa espresso riferimento ai fabbricati iscritti in catasto, ove rilevano i soli titolari di diritti reali;

che questa Corte (Cass. n. 14420/2010) ha avuto modo di affermare che <<pur se il catasto è preordinato a fini essenzialmente fiscali, il diritto di proprietà, al pari degli altri diritti reali, non può - in assenza di altri e più qualificanti elementi ed in considerazione del rigore formale prescritto per tali diritti - essere provato in base alla mera annotazione di dati nei registri catastali, che hanno in concrete circostanze soltanto il valore di semplici indizi. Tuttavia l'intestazione di un immobile ad un determinato soggetto fa sorgere comunque una presunzione de facto sulla veridicità di tali risultanze>> ponendo a carico del contribuente l'onere di fornire la prova contraria;

che, dunque, la normativa ICI collega la titolarità passiva dell'imposta direttamente al proprietario, o ai titolari di altri diritti reali, e su costoro, quindi, grava l'onere della prova diretta all'esenzione dal pagamento dell'imposta (e cioè la carenza del possesso che costituisce una condizione di fatto);

che, pertanto, il Comune, una volta rilevato dalle risultanze catastali il titolare del diritto di proprietà dell'immobile, può richiedere allo stesso il pagamento dell'imposta, e ciò risulta legittimamente fatto ove il contribuente non vinca il valore indiziario dei dati contenuti nei registri catastali, dando adeguata dimostrazione di quanto diversamente sostenuto;

che, dunque, secondo la impugnata decisone della CTR il M. non ha offerto prova contraria circa la titolarità del diritto di proprietà - in tesi in capo ad altro soggetto - del cespite identificato con il subalterno 503, dimostrazione imposta dalla circostanza, riconosciuta nello stesso ricorso per cassazione, che "per un macroscopico errore del Catasto ... veniva attribuita anche la proprietà della stanza scorporata mai acquistata dal ricorrente ";

che la denuncia di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, nel testo applicabile ratione temporis, concerne una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su un fatto costitutivo della domanda o di una eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia;

che, nella specie, il ricorrente ha allegato, a sostegno della proposta impugnazione degli atti impositivi, le risultanze ricavabili dalla documentazione catastale (comprensiva di planimetrie) comprovante la riduzione della consistenza dell'appartamento acquistato con il rogito del 20/3/1985 (allora censito al foglio 450, part. 17, sub 47) mediante la procedura di frazionamento, al quale mira a dividere in più unità un immobile per ragioni di diversa natura, che temporalmente si colloca nel 1987, mentre la soppressione del subalterno 503, corrispondente al vano scorporato, per quanto riferito dallo stesso contribuente, si colloca invece nel 2010, nonché attraverso, ma si tratta all'evidenza di elementi probatori non incidenti sulla presunzione di veridicità delle risultanze catastali considerate dall'Ente impositore, le quali si riferiscono agli anni d'imposta 2002, 2003 e 2004, con la conseguenza che appaiono privi di decisività rispetto a quelli delibati dal giudice di merito per risolvere la questione al suo esame sottoposta, sicché privo di incidenza causale sulla sentenza della CTR appare il riferimento alla ritenuta necessità dell'esame dell'atto di trasferimento del bene, in data 7/7/2004, a favore di Valerio Pierangeli, che in ogni caso conferma la valutazione di inadeguatezza della prova fornita dal M.; che la peculiarità della vicenda, in merito alla quale non constano precedenti giurisprudenziali in termini, giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del presente giudizio.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato — Legge di stabilità 2013), dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.