Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 marzo 2018, n. 6319

Tributi - ICI - Esenzione ex art. 7, del D.Lgs. n. 504 del 1992 - Immobili di proprietà dell’INPDAP - Utilizzo indiretto - Palestra concessa in locazione - Utilizzo per attività assistenziale - Onere di prova del concerto svolgimento di attività "con modalità non commerciali"

 

Fatto

 

2.1. Nel 2009 il comune di Arezzo emetteva avviso di accertamento in rettifica n. 53686 del 16.03.2009 relativo all'immobile di via (...) (immobile in catasto in Sez A fl 172 part. 637) dichiarato esente dall'I.N.P.D.A.P., atto da non confondere con l'avviso di accertamento per parziale versamento n. 53161 del 6.02.2008 emesso sulla base della differenza tra quanto dichiarato e quanto versato (vicenda che ha originato una diversa controversia pendente anch'essa in cassazione).

In particolare, dal 2005, secondo quanto sostenuto dall'amministrazione comunale, l'istituto senza presentare denuncia di variazione iniziò a versare l'ici dovuta per l'immobile di via Leoni e cessò di versare l'imposta per gli immobili di via (...), invocando il diritto all'esenzione in quanto sede provinciale dell'istituto medesimo.

Il contribuente impugnò l'avviso di rettifica con ricorso accolto dalla la CTP di Arezzo.

Avverso la sentenza di primo grado, il Comune interpose gravame. La CTR della Toscana aderiva alle argomentazioni del giudice di primo grado, motivando sulla destinazione a sede dell'istituto degli immobili di via (...) Avverso la sentenza n. 65/9/13 depositata il 6.05.2013, interponeva ricorso per cassazione l'amministrazione comunale, affidato ad un unico motivo.

La contribuente si è costituita con memoria.

La ricorrente ha depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

 

Diritto

 

Con un unico motivo, il Comune di Arezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 7 lett. 1 del d.lgs. 504/92; motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio a causa di errato inquadramento della vicenda in oggetto; art. 360 n. 3 e 5 del c.p.c., così come richiamati dall'art. 62 D.lgs 546/1992.

In via preliminare deve essere scrutinata l'ammissibilità del motivo di ricorso in cui risultano illegittimamente uniti sia la violazione di legge che il vizio di motivazione ex art. 360 n. 5.

In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell'impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l'esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. 9100/2015).

Nella specie, risulta che la violazione del n. 5 dell'art. 360 c.p.c.è stata dedotta con riferimento all'omessa (o contraddittoria), motivazione relativa all'oggetto della controversia, nel senso che la CTR Toscana avrebbe scrutinato, l'avviso di accertamento relativo agli immobili di via (...), mentre con il ricorso originario, secondo l'amministrazione comunale, era stato impugnato l'avviso di rettifica avente ad oggetto la palestra di via (...).

Sotto il profilo della violazione di legge, la denuncia attinge la sentenza impugnata con riferimento all'errata applicazione dell'art. 7 cit.

Nell'illustrazione del motivo, sono stati indicate le questioni che i giudici di appello hanno esaminato, in contrasto con le norme citate, secondo la tesi della ricorrente.

Con riferimento alla censura di cui al n. 5 dell'art. 360 c.p.c., l'ente comunale non ha affatto dimostrato la contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Nella sentenza della CTR emerge con chiarezza che l'atto impugnato è l'avviso n. 53686/2005 relativo agli immobili di via (...).

Orbene, detto motivo risulta inammissibile, per difetto di autosufficienza, in quanto è stata omessa dal ricorrente la trascrizione del contenuto dell'atto impugnato e del ricorso originario, restando precluso al giudice di legittimità la verifica della la corrispondenza tra contenuto del provvedimento impugnato e quanto asserito dal contribuente.

Del resto, in tema di contenzioso tributario, il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre nuovamente i documenti, in ragione dell'indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito, ai sensi dell'art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, al fascicolo d'ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla commissione tributaria, di cui è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369, comma 3, c.p.c., deve rispettare, a pena d'inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui all'art. 366, n. 6, c.p.c., di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all'individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass. 2015/23575).

Ebbene, il ricorrente non solo ha omesso di trascrivere l'atto impugnato, ma si è limitato a produrre il fascicolo di parte di primo e secondo grado senza alcuna individuazione della localizzazione del ricorso e dell'atto impugnato.

Peraltro, l'unico ricorso rinvenuto negli atti riguarda una istanza di rimborso, mentre la sentenza di primo grado prodotta non è quella oggetto di revisio da parte della CTR, bensì la pronuncia della CTP n. 128 del 2011.

Ciò posto, occorre premettere che la sentenza di questa Corte n. 15901/2017, prodotta dall'ente ricorrente, non può produrre effetti di giudicato in questo giudizio, riferendosi la decisione ad annualità 2007 e comunque avendo la Corte disposto il rinvio alla C.T.R. per i dovuti accertamenti in ordine all'attività espletata dall'ente previdenziale.

Passando ai motivi del ricorso, non è in contestazione tra le parti che, nonostante l'erronea dichiarazione di esenzione ai fini ICI, la palestra di Via (...) fosse assoggettata ad lci, in quanto immobile locato al Comune e non direttamente utilizzato dall'ente previdenziale (cfr. memoria dell'I.N.P.D.A.P),mentre la controversia in ordine alla sussistenza dei requisiti per l'esenzione ICI riguarda la sede dell'istituto.

Ciò nonostante, il comune ricorrente introduce comunque la questione relativa alla non applicabilità dell'esenzione di detto immobile, in quanto locato al Comune, e quindi non utilizzato direttamente dall'ente possessore, così come stabilito stabilito dalla delibera del C.C. n. 400 del 19.12.2003, laddove è previsto che l'esenzione di cui al cit. art. 7 concerne gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87 D.P.R. 1986/917 e successive modificazioni.

Rileva, in proposito, il principio costantemente affermato in sede di legittimità per cui - in materia di ICI - l’esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, norma agevolatrice e, dunque, di stretta interpretazione, non opera in caso di utilizzo indiretto dell'immobile da parte dell'ente proprietario; ancorché per finalità di pubblico interesse e senza fine di lucro (Cass. nn. 16797/2017; 14912/16; 12495/14; 7385/12 ed altre).

Secondo questa Corte (Cass. 20776/05; 5485/08; 6711/15; 14226/15 ed altre) l’esenzione dall'imposta, prevista dall'art. 7, comma primo, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell'immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate dal legislatore ai fini dell'esenzione, e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia) (Cass. 2016/10485).

Per quanto, in particolare, riguarda la sussistenza del requisito oggettivo, si è stabilito (Cass. 20776/05, cit.) che quest'ultimo "non può essere desunto esclusivamente sulla base di documenti che attestino ‘a priori’ il tipo di attività cui l'immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un'attività commerciale". Non basta, dunque, che l'ente svolga - per fine statutario - un'attività di tipo assistenziale, previdenziale, sanitario, ovvero di ricerca scientifica, didattica ecc...; ciò che rileva, ai fini di integrare il presupposto oggettivo della causa di esenzione in questione, è che l'immobile venga destinato esclusivamente allo svolgimento di una di tali attività "con modalità non commerciali" (art. 7, 1" co., lett.i)); ne consegue che "il contribuente ha l'onere di dimostrare l'esistenza, in concreto, dei requisiti dell'esenzione, mediante la prova che l'attività cui l'immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti (poiché di tipo assistenziale e sanitario), non sia svolta con le modalità di un'attività commerciale, ed abbia quelle finalità solidaristiche alla base delle ragioni di esenzione; mentre spetta al giudice di merito l'obbligo di accertare in concreto le circostanze fattuali, senza far ricorso ad astrazioni argomentative" (Cass. 14226/15; Cass. sez. 6-5, ord. 27 settembre 2016, n. 19039 ed altre pronunce coeve; Cass. sez. 5, 2 aprile 2015, n. 6711; Cass. sez. 5, 13 marzo 2015, n. 5062).

La Corte ha, inoltre, chiarito (Cass. 13970/16) che il requisito oggettivo di esenzione di cui all'art. 7, 1^ co., lett. i) va accertato in concreto "con criteri di rigorosità", e nella necessaria verifica - in ipotesi di struttura in tutto o in parte ricettiva - delle caratteristiche dell'utenza ospitata; dei periodi di apertura della struttura e, non ultimo, dell'importo delle rette in relazione ai prezzi correnti di mercato. Anche ad evitare che il riconoscimento dell'esenzione, in un contesto di sostanziale imprenditorialità e lucratività dell'attività, si risolva nell'alterazione del regime di libera concorrenza o nell'indebita attribuzione di un aiuto di Stato (Cass. 2017/18091; Cass. 2017/13574).

L'effettivo concorso, nella concretezza della fattispecie, di entrambi questi requisiti deve essere provato - trattandosi di dimostrare i presupposti della deroga alla regola generale dell'imposizione Ici dei fabbricati posseduti - ad onere della parte che invochi l'esenzione.

Evidenziata detta sfasatura, sarà dunque l'I.N.P.D.A.P., che ha invocato l'esenzione in giudizio ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. i) del d. Igs. n. 546/1392 (ndr art. 7, comma 1, lett. i) del d. Igs. n. 546/1992) a dover comprovare lo svolgimento, negli immobili di via (...), di attività assistenziali o previdenziali, in dette attività non potendo rientrare la mera destinazione degli immobili ad uffici, siano essi amministrativi o tecnici.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio per nuovo esame alla CTR della Toscana in diversa composizione, che, uniformandosi ai principio di diritto sopra enunciato, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso;

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.