Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 giugno 2016, n. 11957

Tributi - Imposta di bollo - Assegno posdatato - Prova - Documentazione extracontabile (contabilità in nero), costituita da appunti personali ed informazioni dell'imprenditore - Onere del contribuente di fornire prova contraria

 

Svolgimento del processo

 

La controversia concerne l'impugnazione dell'avviso di accertamento con il quale l'ufficio ha chiesto il pagamento dell'imposta di bollo relativamente a 20 assegni postdatati.

La CTR riconosceva la fondatezza del ricorso, ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova della violazione dell'art. 9 lett. b) tariffa parte I, DPR 634/72, atteso che l'accertamento si fondava esclusivamente su un documento extracontabile di per sé privo di sufficiente portata probatoria.

Avverso tale pronuncia l'amministrazione propone ricorso per Cassazione sulla base di due motivi. Resiste il contribuente con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo e secondo motivo di censura, che possono essere esaminati congiuntamente, attenendo ad un medesimo profilo di censura, il ricorrente denuncia, da una parte, il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., nonché dell'art. 9 lett.b) tariffa parte I, DPR 634/72, in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., e dall'altra, denuncia il vizio di motivazione sul medesimo profilo, in relazione all'art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., sul presupposto che la CTR avrebbe disconosciuto l'efficacia probatoria, quanto meno indiziaria, delle scritture extracontabili, e non avrebbe tenuto conto, nel percorso argomentativo della sentenza, che la doglianza dell'ufficio, in sede d'appello, non era il fatto in sé, della postdatazione dell'assegno, bensì il fatto che tra la data di emissione degli assegni e quella di scadenza fosse trascorso un termine tale da permettere al titolo di pagamento di assumere la funzione di pagherò cambiario.

Il motivo è fondato.

E', infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui "In tema di accertamento delle imposte sul redditi, la "contabilità in nero", costituita da appunti personali ed informazioni dell'imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall'art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e ss. cod. civ. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore ed il risultato economico dell'attività svolta. Ne consegue che detta "contabilità in nero", per il suo valore probatorio, legittima di per sé, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all'accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo al contribuente l'onere di fornire la prova contrarla, al fine di contestare l'atto impositivo notificatogli. (Fattispecie relativa alla ricostruzione di redditi di persona fisica derivanti da collaborazione coordinata e continuativa in favore di una società, operata mediante il ricorso ai "brogliacci" reperiti presso la sede di quest'ultima, nonché presso l'abitazione dell'amministratore e dei soci)" (Cass. n. 24051/11, 2217/06, 19329/06, 25610/06). Nella presente fattispecie, il documento extracontabile, sulla cui base l'ufficio si è determinato ad emettere l'avviso d'accertamento per violazione dell'imposta di bollo, è stato allegato agli atti di causa dal controricorrente, e dallo stesso può desumersi (anche se il documento è informale e la tenuta non obbligatoria, ma è stato reperito presso la sede della società contribuente nel corso di un accesso della GdF, come risulta pacificamente dagli atti di causa), la data di emissione, la data d'incasso, e il numero dei diversi assegni. Alla luce di ciò, sulla base della giurisprudenza sopra indicata, incombe al contribuente l'onere di fornire la prova contraria, e nel caso di specie, i giudici d'appello hanno erroneamente ritenuto idonea quella costituita dalle fotocopie degli assegni incassati, quando è noto che la banca consente di negoziare il titolo solo a partire dal giorno della sua formale emissione da parte dell'emittente (salvo che non sia assolta l'imposta di bollo, atteso che in questo caso, l'assegno assolve la diversa funzione di pagherò cambiario).

La sentenza va, pertanto, cassata e rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, nuovamente alla sezione regionale del Lazio, in diversa composizione, affinché, valuti l'efficacia probatoria del documento extracontabile relativamente alla prospettata postdatazione (sulla base dei principi della giurisprudenza sopra indicata di questa Corte).

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale per il Lazio.