Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 maggio 2016, n. 10192

Tributi - Agevolazioni fiscali "prima casa" - Revoca dei benefici fiscali - Immobile di lusso con superficie superiore a 200 mq - Computo del locale accatastato come cantina - Presunzione di diversa destinazione - Onere al contribuente di prova negativa - Esclusione

 

Svolgimento del processo

 

La controversia trae origine dall’impugnazione proposta dinanzi alla CTP di Roma dalla signora R.C. avverso l’avviso di liquidazione, con irrogazione di sanzioni, notificato dalla Direzione Provinciale di Roma 1 dell’Agenzia delle Entrate, delle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale dovute in relazione all’atto d’acquisto da parte della predetta contribuente in data 22 settembre 2005 di abitazione, per la quale era stata richiesta la c.d. agevolazione "prima casa", revocata con il suddetto avviso di liquidazione in ragione della riconosciuta natura "di lusso" dell’immobile, ai sensi dell’art. 5 del d.m. 2 agosto 1969, in quanto avente superficie utile complessiva superiore a mq 200 ed avente come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta.

L’adita CTP accolse il ricorso della contribuente, in accoglimento del pregiudiziale motivo, con il quale la medesima eccepì la carenza di motivazione dell’avviso di liquidazione impugnato.

Avverso la decisione di primo grado l’Ufficio propose appello, che fu accolto dalla CTR del Lazio, con sentenza n. 260/38/10, depositata il 15 ottobre 2010, che confermò la legittimità dell’operato dell’Ufficio, tanto in relazione alla motivazione dell’avviso impugnato, quanto nel merito della revoca dell’agevolazione, ritenendo che sulla base della relazione dell’Agenzia del Territorio allegata all’atto di recupero delle maggiori imposte risultasse confermata la natura di lusso dell’abitazione in ragione dei menzionati requisiti.

Avverso detta pronuncia la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce "violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 112 c.p.c. ed all’articolo 360 n. 4 c.p.c. lamentando che la decisione impugnata avrebbe omesso di pronunciare in ordine alla specifica eccezione con la quale la contribuente, nel depositare le proprie controdeduzioni al ricorso in appello dell’Amministrazione, aveva eccepito la novità delle argomentazioni svolte con Tatto d’appello in merito al calcolo della superficie utile dell’immobile in questione.

2. Analoga doglianza è sviluppata con il secondo motivo di ricorso, con il quale la contribuente si duole del vizio di omessa pronuncia in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nella parte in cui non ha rilevato la novità, anch’essa oggetto di specifica eccezione da parte della contribuente, della deduzione, per la prima volta in grado d’appello da parte dell’Amministrazione, della diversa ipotetica destinazione d’uso del piano interrato, pur formalmente accatastato come cantina, come tale espressamente escluso dal computo della superficie utile complessiva secondo il disposto dell’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la "violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli art.li 24 e 57 del D.Lvo. 546/92 e art. 5 del d.m. 2/8/1969 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.", lamentando che l’Amministrazione avrebbe illegittimamente ampliato, senza che ciò fosse rilevato dalla sentenza impugnata, il thema decidendum come delimitato dall’ambito della motivazione, peraltro meramente apparente, come dedotto nel quarto motivo, dell’avviso di liquidazione, onerando la contribuente della prova di una circostanza negativa, quella dell’insussistenza della diversa utilizzazione del piano seminterrato, impossibile da fornire.

4. Con il quarto motivo, infatti, rubricato come "violazione e falsa applicazione di legge", chiarendosi nel corpo della sua illustrazione che la norma di diritto che si assume violata dalla sentenza impugnata è l’art. 7 della L. n. 212/2000, la contribuente lamenta l’illegittimità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto soddisfatto il requisito motivazionale dell’avviso di liquidazione, che si è limitato, così come il c.d. parere dell’Agenzia del Territorio pur ad esso allegato, a riportare la norma regolamentare (art. 5 del d. m. 2 agosto 1969), in relazione alla quale si è ritenuto doversi attribuire all’immobile in questione la qualifica di lusso, mancando invece del tutto in entrambi gli atti menzionati l’indicazione dei presupposti di fatto che dessero conto in concreto della fattispecie ritenuta tale da determinare la decadenza dall'agevolazione.

5. Infine, con il quinto motivo, la ricorrente deduce "violazione e falsa applicazione del disposto di cui all’art. 2729 c.c. sempre in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c." lamentando che, a fronte dell’accatastamento a cantina dell’intero interrato, era onere dell’Amministrazione provare l’effettiva diversa destinazione ed utilizzazione, in tutto o in parte, dalla contribuente, che ne giustificasse l’inclusione della relativa area nel computo della superficie utile complessiva; sicché, anche riguardo a tale profilo, doveva ritenersi viziata la sentenza impugnata, che aveva onerato la contribuente della prova negativa circa tale diversa destinazione (come sala hobby).

6. Deve essere esaminato in ordine logico prioritariamente il quarto motivo di ricorso, con il quale la ricorrente denuncia il vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata laddove ha ritenuto insussistente il vizio di carenza di motivazione dell’atto impugnato.

Il motivo è fondato e va accolto.

Se è vero che il contenuto della motivazione dell’atto tributario che la rende idonea a determinare l’ambito dell’eventuale successivo giudizio varia in ragione della diversa tipologia dell’atto medesimo, nella fattispecie l’avviso di liquidazione impugnato ha natura accertativa, poiché il recupero delle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale ritenute dovute sì fonda sull’accertamento della decadenza dall’agevolazione d’imposta abitualmente denominata come "prima casa", che opera in relazione a diversi presupposti fattuali.

Nel caso di specie, il contenuto dell'avviso di liquidazione e del c.d. parere tecnico dell’Agenzia del Territorio ad esso allegato, si risolve effettivamente nel mero richiamo della norma regolamentare di cui all’art. 5 del d.m. 2 agosto 1969, secondo il quale "le case composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale aventi superficie utile complessiva superiore a mq 2000 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine le soffitte, le scale e posto macchine) ed aventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta" sono da considerare abitazioni di lusso, come tali non in grado di poter beneficiare dell’agevolazione fiscale della quale invece la contribuente ha goduto con il succitato atto d’acquisto.

Nessun concreto riferimento è in esso contenuto riguardo agli elementi fattuali tali da giustificare la valutazione dell’Amministrazione.

Tale lacuna è tanto più grave, ripercuotendosi sull’esercizio del diritto della contribuente, nel momento in cui la decadenza dall’agevolazione è stata posta in relazione al citato art. 5, laddove valenza decisiva ai fini del calcolo richiesto dalla norma assume la valutazione, in relazione alla sussistenza dell’uno e dell’altro parametro, dell’inclusione o meno nel calcolo della superficie utile complessiva del piano interrato accatastato come cantina, conformemente all’origine rurale del fabbricato, che la ricordata norma regolamentare esclude espressamente dal relativo computo.

Orbene questa Corte, più di recente, seppur in relazione alla diversa fattispecie dell’obbligo di motivazione degli avvisi di classamento pur a seguito di procedura DOCFA, ha avuto modo di affermare che la motivazione non può limitarsi a riportare i dati oggettivi catastali allorché gli elementi di fatto indicati dal contribuente siano stati disattesi dall’Ufficio, dovendo in tal caso la motivazione dell’atto essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate, sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (cfr., specificamente, Cass. civ. sez. V 31 ottobre 2014, n. 23237).

Nella controversia in esame, pur vertendosi in fattispecie differente, la situazione è analoga, perché l’Ufficio, pur avvalendosi a tal fine di denuncia di variazione proveniente dal dante causa dell’odierna ricorrente, inficiata peraltro da errore nell’indicazione della superficie del piano terra, disattende, senza peraltro darne atto nel contesto motivazionale dell’avviso di liquidazione impugnato, l’elemento fattuale proveniente dalla documentazione catastale, disattendendo la classificazione catastale come cantina dell’intero piano interrato.

Ciò è senz’altro possibile, ma in tal caso l’Ufficio è tenuto ad esplicitare tale presupposto di fatto (art. 7 della L. n. 212/2000), che avrebbe dovuto giustificare, in diritto, l’attribuzione all’abitazione in oggetto della qualifica di lusso in relazione a quanto disposto dall’art. 5 del citato decreto ministeriale del 2 agosto 1969.

7. Tale oggettiva carenza, così come dedotto dalla contribuente con il terzo motivo di ricorso, non poteva peraltro essere oggetto d’integrazione in sede processuale (cfr. Cass. civ. sez. V 31 ottobre 2014, n. 23248; Cass. civ. sez. V 4 marzo 2016, n. 4327), come invece accaduto con la contestazione dell’effettiva destinazione a cantina del piano interrato, che sarebbe stato utilizzato, secondo l’Ufficio, per usi diversi (come ad esempio sala hobby).

Ne consegue che il ricorso va accolto in relazione al terzo e quarto motivo, restando assorbiti gli altri, con cassazione dell’impugnata sentenza.

8. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 2° comma, ultima parte c.p.c. con l’accoglimento dell’originario ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di liquidazione impugnato.

9. Avuto riguardo all’evoluzione della più recente giurisprudenza in tema di osservanza dell’obbligo di motivazione secondo la norma generale dell’art. 7 della L. n. 212/2000, possono essere compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso in relazione al terzo e quarto motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.