Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 gennaio 2018, n. 1706

Tributi - Imposte sui redditi ed Iva - Reddito d’impresa - Costi infragruppo - Deducibilità

 

Fatti di causa

 

L'Agenzia delle Entrate eseguiva una verifica fiscale nei confronti di T. (T.S.C.) Srl, con socio unico I. spa, avente ad oggetto i servizi di approvvigionamento di mezzi d'opera, beni e prestazioni in favore delle società committenti appartenenti al gruppo I.. All'esito redigeva processo verbale di constatazione del 10.9.2008, contenente una pluralità di rilievi. Seguiva l'emissione da parte della Agenzia delle Entrate di tre avvisi di accertamento, per l'anno di imposta 2005, relativi alla maggiore Ires, alla maggiore Irap ed alla maggiore Iva.

Avverso gli avvisi di accertamento la società proponeva distinti ricorsi alla Commissione tributaria provinciale di Milano che li accoglieva parzialmente con le sentenze n. 451, 452 e 453 del 2010.

Contro le sentenze della Commissione tributaria provinciale l'Agenzia delle Entrate proponeva appello e la società I., in qualità di incorporante di T. Srl, si costituiva proponendo appello incidentale. La Commissione tributaria regionale, previa riunione dei giudizi, con sentenza del 16.10.2012 rigettava l'appello principale dell'Ufficio ed accoglieva parzialmente l'appello incidentale della società. In particolare il giudice di appello annullava le riprese di costi non inerenti ai fini Ires ed Iva per euro 68.723 risultanti da: a) euro 22.000 per costi relativi ad analisi effettuate dalla società di consulenza P. b) euro 5.610 per prestazioni professionali relative ad una causa di lavoro, costi disconosciuti dall'Ufficio per mancanza del requisito della inerenza, e ritenuti invece deducibili dalla Commissione tributaria regionale, sul rilievo che doveva considerarsi inerente il costo collegato alla attività di impresa nel suo complesso; c) euro 41.112 per Iva assolta sui costi di locazione, gestione e manutenzione di deposito commerciale, contestata dall'Ufficio poiché il deposito non risultava registrato presso il Sistema informativo dell'Anagrafe tributaria, inadempimento considerato dal giudice di appello di natura meramente formale, non integrante una causa di indeducibilità del costo inerente ad una situazione di fatto certa; 2) euro 134.142, oltre Iva pari ad euro 17.182, per recupero a tassazione dell'Iva assolta su costi ritenuti non sufficientemente documentati dall'Ufficio, giudicati invece inerenti e documentati dal giudice di appello in quanto "l'accordo tra le parti con scambio di lettere costituisce documentazione idonea ad evidenziare l'utilizzo di personale di altra società...Non vi è alcun dubbio sull'inerenza dei costi in questione in quanto il personale impiegato ha svolto compiti nei confronti di società del gruppo".

Contro la sentenza di appello l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

S.I. spa resiste con controricorso e propone ricorso incidentale sulla base di tre motivi. Deposita memoria con cui eccepisce la parziale illegittimità delle sanzioni irrogate, dovendosi applicare i nuovi minimi edittali previsti dal sopravvenuto d.lgs. 24 settembre 2015 n. 158.

 

Ragioni della decisione

 

A). Ricorso principale

1. Primo motivo: "Violazione e falsa applicazione dell'art. 109 comma 5 del TUIR, dell'art. 2697 cod.civ. e dell'art. 2704 cod.civ., in relazione all'art. 360 comma 1 n.3 cod.proc.civ.", nella parte in cui ha annullato le riprese indicati ai punti 1) e 2).

Il motivo è inammissibile perché con esso non viene denunciata una falsa applicazione della nozione di inerenza stabilita dall'art. 109 comma 5 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, ma si articolano censure alla motivazione della sentenza (definita generica, apodittica e indimostrata) che si sostanziano in valutazioni di merito o sono ipoteticamente riferibili al vizio di insufficienza della motivazione, non più deducibile in sede di legittimità a seguito della modifica dell'art. 360 primo comma n. 5 cod.proc.civ. disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile in relazione alla data di pubblicazione della sentenza impugnata (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

2. Secondo motivo:"Nullità della sentenza in relazione all'art. 360 comma primo n. 4 cod.proc.civ.", per insanabile contraddizione tra motivazione e dispositivo poiché nella parte conclusiva della motivazione si afferma che "questo Collegio respinge sia l'appello principale, accoglie parzialmente l'appello incidentale", mentre nel dispositivo si statuisce che "La Commissione respinge gli appelli".

Il motivo è inammissibile per carenza di interesse. La parte che ha interesse a dolersi della formulazione di un dispositivo di rigetto integrale dell'appello incidentale, a fronte di una motivazione di accoglimento parziale dell'appello incidentale, è la parte appellante incidentale, nel caso di specie la società, e non l'Agenzia delle entrate, appellante principale, la cui impugnazione è stata coerentemente rigettata sia nella parte motiva che nella parte dispositiva della sentenza. Il motivo è anche infondato. Questa Corte ha stabilito che, in tema di contenzioso tributario, soltanto il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo determina la nullità della sentenza. Invece il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo e pronuncia adottata in motivazione che non incida sull'idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, dà luogo ad un semplice errore materiale, emendabile con la procedura prevista dall'art. 287 cod. proc. civ. (Sez. 5, Sentenza n. 16488 del 19/07/2006). Nel caso di specie risulta testualmente che il giudice di appello, nella parte motiva, si è pronunciato per l'accoglimento parziale dell'appello incidentale con riguardo al rilievo 1 a) affermando di annullare la ripresa "cosi come eccepito dalla società ricorrente".

B) Ricorso incidentale:

1. Primo motivo:"Illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il motivo relativo alla nullità/illegittimità degli avvisi di accertamento in quanto emessi a conclusione di una verifica illegittimamente protrattasi oltre il limite temporale previsto dall'art. 12 quinto comma legge 27 luglio 2000 n. 212, in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod.proc.civ."

Il motivo è infondato. In tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dall'art. 12, comma 5 della legge 27 luglio 2000, n. 212, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l'invalidità degli atti compiuti o l'inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore. (Sez. 5, Sentenza n. 7584 del 15/04/2015)

2. Secondo motivo:"illegittimità della sentenza nella parte in cui viene confermata la pretesa esercitata ai soli fini Ires, in recepimento del rilievo 1/a afferenti i "costi del personale", dedotti nel corso del 2005 per incentivazione all'esodo, e considerati dall'Ufficio deducibili per competenza nell'esercizio 2006. La sentenza è viziata per violazione e falsa applicazione dell'art. 109 primo e secondo comma d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod.proc.civ.".

Sulla questione oggetto di censura la sentenza impugnata così motiva:"euro 322.500 costi per incentivazione all'esodo: la società ha contabilizzato nell'anno 2005 somme corrisposte per le risoluzioni consensuali avvenute nel 2006

Questo Collegio concorda con le determinazione della CTP nel ritenere tali costi di competenza dell'esercizio 2006, ai sensi dell'art. 109 comma 2 del DPR 917/86 in quanto in tale anno è avvenuta l'effettiva erogazione, mentre nel 2005 è stata siglato l'accordo con le organizzazioni dei lavoratori."

La pronuncia è giuridicamente corretta ed il motivo di ricorso infondato. Il costo per incentivazione all'esodo diviene certo (e quindi deducibile secondo il principio di competenza) non quando viene siglato l'accordo generale con le organizzazioni sindacali, ma quando il singolo lavoratore sottoscrive con l'azienda l'accordo personale per la cessazione anticipata del rapporto di lavoro, corrispondente all'anno di erogazione dell'incentivo all'esodo.

3. Terzo motivo: "Nullità della sentenza impugnata nella parte in cui viene confermata la pretesa esercitata, ai fini Ires ed Irap, in recepimento del rilievo 1/b afferente ai costi per premi assicurativi parzialmente ritenuti non di competenza per l'anno 2005.

La sentenza è viziata in quanto emessa in violazione del principio di non contestazione di cui all'art. 115 primo comma cod.proc.civ., in relazione all'art. 360 primo comma n. 4 cod.proc.civ.".

Il motivo è infondato. In riferimento al disconoscimento parziale dei costi di assicurazione dei macchinari impiegati nei cantieri, in quanto non di competenza dell'anno 2005, la decisione del giudice di appello non viola il principio di non contestazione, ma è basata sulla condivisione dell'assunto dell'Ufficio impositore secondo cui "le caratteristiche del contratto di assicurazione, ossia di durata, sono tali che la maturazione del corrispettivo è proporzionata al trascorrere del tempo, non rendendo applicabile nel caso in esame il concetto di tempo economico" (estratto avviso di accertamento riportato a pag. 50 del ricorso incidentale); la decisione è inoltre basata sulla ulteriore valutazione in fatto espressa conclusivamente dal giudice di appello secondo cui "le affermazione della ricorrente, che sostiene il concetto di tempo economico, in relazione ad un impiego dei macchinari più intenso nell'anno in oggetto, risultano non dimostrate" (pag. 4 sentenza).

Con il deposito della memoria la società controricorrente ha dedotto la sopravvenuta illegittimità parziale delle sanzioni irrogate a seguito della entrata in vigore del d.lgs. 24 settembre 2015 n. 158, che ha sostituito le disposizioni del d.lgs.18 dicembre 1997 n. 471 contenute nell'art. 1 comma 2 in materia di sanzioni per infedele dichiarazione Irpef ed Irap, nell'art. 5 comma 4 in materia di sanzioni per infedele dichiarazione Iva, nonché nell'art. 6 comma 1 in materia di sanzioni per violazione degli obblighi di documentazione e registrazione delle operazioni soggette all'Iva, prevedendo in ciascuno dei predetti casi la determinazione del minimo edittale della sanzione nella misura del 90% della maggiore imposta dovuta, in luogo del previgente minimo pari al 100%.

Il rilievo deve essere accolto.In applicazione del principio del trattamento sanzionatorio più favorevole al contribuente, stabilito dall'art. 3 comma 3 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, la sopravvenuta revisione del sistema sanzionatorio tributario introdotta dal decreto legislativo n. 158 del 2015, vigente dal 1 gennaio 2016 a norma dell'art. 32 del d.lgs n. 158 del 2015, come modificato dall'art. 1 comma 133 della legge 28 dicembre 2015 n. 208, è applicabile retroattivamente alla condizione, ricorrente nel caso in esame, che il processo sia ancora in corso con la conseguente non definitività della parte sanzionatoria del provvedimento impugnato (conforme Sez. 6-5, Ordinanza n. 15978 del 27/06/2017).

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata nella parte relativa alla determinazione delle sanzioni con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, per le necessarie valutazioni di merito ai fini della determinazione delle sanzioni in conformità alla nuova cornice edittale prevista dalla normativa sopravvenuta. Alla medesima Commissione tributaria regionale è demandata la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; in riferimento alla sopravvenuta disciplina sanzionatoria introdotta dal d.lgs. n. 158 del 2015, cassa la sentenza impugnata in relazione alla determinazione delle sanzioni e rinvia, anche sulla spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.