Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 ottobre 2016, n. 19893

Tributi - Controllo della dichiarazione ex art. 36-bis DPR n. 600 del 1973 - Obbligo di comunicazione di irregolarità preventiva all’iscrizione a ruolo - Esclusione

 

Svolgimento del processo

 

1. Con sentenza depositata in data 28/5/2008 la C.T.P. di Roma rigettava il ricorso proposto dalla P. V. 2000 S.r.l. avverso cartella di pagamento emessa ai sensi dell'art. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, a seguito del controllo automatizzato della dichiarazione modello Unico 2002, presentata per l'anno d'imposta 2001, con la quale si richiedeva il pagamento di € 2.010,60 per imposte risultanti dalla dichiarazione e non versate (Irpef ritenute alla fonte), sanzioni ed interessi; riteneva, infatti, destituita di fondamento la sollevata eccezione di nullità della cartella per omissione della comunicazione delle irregolarità riscontrate.

2. La decisione era confermata, con la sentenza in epigrafe, dalla C.T.R. del Lazio, che rigettava l'appello proposto dalla contribuente escludendo che la comunicazione al contribuente dell'esito della liquidazione della dichiarazione fosse adempimento indispensabile per la legittimità dell'iscrizione a ruolo e della conseguente cartella di pagamento.

3. Avverso tale sentenza la società propone ricorso per cassazione, con unico mezzo, cui resiste l'Agenzia delle entrate, depositando controricorso.

Il Ministero dell'economia e Equitalia Gerit S.p.a., non hanno svolto difese nella presente sede.

 

Motivi della decisione

 

4. Occorre preliminarmente rilevare che non vi è prova agli atti del l'avvenuto perfezionamento della notifica a mezzo posta del ricorso introduttivo nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze e della Gerit S.p.a..

Ciò deve condurre alla declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto proposto nei confronti dei predetti, senza che possano prospettarsi esigenze di integrazione del contraddittorio nella presente sede.

Va invero al riguardo in primo luogo osservato che il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’infondatezza del ricorso (vedasi infra), di definire con immediatezza il procedimento, senza che rilevi ogni questione sulla integrazione del contraddittorio nei confronti di eventuali litisconsorti necessari, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio (v. Cass. Civ., Sez. 3, n. 12995 del 24/05/2013, Rv. 626808; Sez. 3, n. 15106 del 17/06/2013, Rv. 626969).

Ma mette conto altresì considerare che le ragioni di opposizione fatte valere dalla contribuente non costituiscono vizi propri della cartella. La legittimazione passiva spetta, dunque, all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, senza che sia configurabile un litisconsorzio necessario con riflessi dì natura processuale (Cass. Sez. 5, n. 10477 del 14/05/2014, Rv. 630892; Sez. 5, n. 22939 del 30/10/2007, Rv. 601121; conf. Sez. U, n. 16412 del 25/07/2007, Rv. 598269). Infatti, nella sua qualità di soggetto legittimato per legge a ricevere il pagamento del contribuente al posto dell'ente creditore, il concessionario della riscossione è di per sé stesso vincolato alla decisione del giudice tributario nei confronti dello stesso ente (v. da ult. Sez. 5. n. 2622 del 10/02/2016; Sez. 6 - 5, Ord. n. 97 del 08/01/2015, Rv. 634119).

5. Con l'unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione dell'art. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all'art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ."; sostiene che dalla norma richiamata, e dall'art. 6, comma 5, legge 27 luglio 2000, n. 212, emerge il carattere essenziale e imprescindibile della comunicazione di irregolarità con le risultanze del controllo automatizzato della dichiarazione e che dalla sua omissione consegue la nullità di tutto il procedimento di liquidazione e di riscossione.

La censura è infondata.

È consolidato infatti nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non è stata preventivamente emessa la comunicazione preventiva prevista dal terzo comma dell'art. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ogni qual volta la pretesa derivi dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva all'iscrizione a ruolo è necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarità dichiarativa non vi è alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli importi dichiarati, o, con riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, se non "sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione" (v. da ultimo Cass., Sez. 6-5, Ord. n. 3154 del 17/02/2015, Rv. 634631; Sez. 6 - 5, Ord. n. 42 del 03/01/2014, Rv. 629010; Sez. 5, n. 17396 del 23/07/2010, Rv. 615009).

Nel primo caso peraltro - comunicazione dell'esito della liquidazione (c.d. comunicazione di irregolarità) prevista dal terzo comma dell'art. 36-bis d.P.R. 600/73 "quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero dai controlli eseguiti dall'ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un'imposta o una maggiore imposta" - il relativo obbligo imposto all'amministrazione non è sanzionato da alcuna nullità; si tratta infatti, come è stato osservato, di una forma blanda dì partecipazione del contribuente nel procedimento, inidonea a generare un vincolo procedi mentale in termini di obbligatoria attivazione del contraddittorio endoprocedimentale. Tanto si giustifica in considerazione dal maggiore grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili, cui non può che corrispondere una conseguente irrilevanza della violazione di tale disciplina partecipativa ai fini della validità del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo. Nel procedimenti ordinari di liquidazione dei tributi dovuti in base alle dichiarazioni, in considerazione dell'elevato grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili, lo svolgimento di un effettivo contraddittorio fra ufficio e contribuente, ad avviso del legislatore, non rappresenta una fase indispensabile del procedimento, essendo sempre possibile per il contribuente far valere eventuali doglianze In punto di illegittimità della pretesa impositiva in sede di impugnazione del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo.

Con riferimento poi al contraddittorio endoprocedimentate imposto dall'art. 6, comma 5, st. contr. - obbligo bensì sanzionato, a differenza del primo, con la nullità in caso di inadempimento - è utile ribadire che, secondo orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità esso non è imposto "In tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, ma soltanto "qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione" situazione, quest'ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre II contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso" (Cass., Sez. 5, n. 8342 del 25/05/2012, Rv. 622681; v. anche Sez. 6 - 5, Ord. n. 15584 del 08/07/2014, Rv. 631667; Sez. 5, n. 12023 del 10/06/2015, Rv. 635672).

Orbene, nella sentenza impugnata, ed anche nel ricorso della società, manca un’argomentata evidenziazione che nel caso di specie "sussistessero incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione", tali da imporre la comunicazione del detto invito bonario.

6. Il ricorso, in quanto proposto nei confronti dell'Agenzia delle entrate, va quindi rigettato.

Alla soccombenza segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso in quanto proposto nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze e della Gerit S.p.a.; rigetta nel resto il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali, in favore della Agenzia dell'entrate, liquidate in £ 1.000, oltre spese prenotate a debito.