Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 ottobre 2016, n. 19785

Indennità di accompagnamento - Domanda amministrativa - Requisiti sanitari

 

Svolgimento del processo

 

Con la sentenza n. 3948 del 2011, la Corte d'appello di Roma dichiarava inammissibile l'appello proposto da V.O. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che, recependo le conclusioni del c.t.u. medico legale, aveva dichiarato il suo diritto all'indennità di accompagnamento a decorrere dalla domanda amministrativa del 25/5/2005.

La Corte disattendeva il motivo di gravame con il quale si lamentava che il Tribunale avesse riconosciuto la provvidenza solo dalla seconda domanda amministrativa, e non da quella più risalente, presentata in data 21.6.1991, argomentando che la sentenza di primo grado non conteneva alcun riferimento alla prima domanda amministrativa, e che tale omissione di pronuncia non era stata censurata dall'appellante, che si era limitata a riproporre le argomentazioni contenute nel ricorso di primo grado, in violazione dell'articolo 434 c.p.c.

Avverso tale sentenza V.O. ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui ha resistito l'Inps con controricorso. Il Ministero dell'economia e delle finanze ha depositato atto di costituzione al solo fine di ricevere l'avviso per l’udienza di discussione.

 

Motivi della decisione

 

1. Come primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 434 c.p.c. in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel non rilevare che l’atto di appello consentiva di individuare con idonee argomentazioni l’errore in cui era incorsa la sentenza di primo grado, con richiamo alla prima domanda amministrativa.

2. Come secondo motivo, in via subordinata, si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 346 c.p.c. e si rileva l'erroneità della sentenza d'appello, laddove afferma che sul punto relativo all'esame della prima domanda amministrativa si sarebbe formato il giudicato. Sostiene che, anche sulla base della valutazione della Corte d'appello, la domanda riferita alla più risalente decorrenza non sarebbe stata respinta, implicitamente né esplicitamente, ma solo non esaminata, sicché la sentenza avrebbe valore meramente processuale e non anche sostanziale e la domanda potrebbe essere riproposta.

3. Il primo motivo di ricorso è fondato.

Il Tribunale di Roma riconobbe a V.O. l'indennità di accompagnamento a far data dalla domanda amministrativa del 23.5.2005, dichiarando di condividere le conclusioni del c.t.u. La decorrenza integrava quindi un accoglimento parziale della domanda, le cui ragioni giustificative risultavano illustrate mediante il rinvio all'elaborato peritale.

Si rammenta infatti che il giudice del merito, qualora condivida i risultati della consulenza tecnica d’ufficio, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, atteso che la decisione di aderire alle risultanze della consulenza implica valutazione ed esame delle contrarie deduzioni delle parti, mentre l’accettazione del parere del consulente, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce motivazione adeguata, (Cass., 22 febbraio 2006, n. 3881). In tal caso, infatti, l’obbligo della motivazione è assolto con l'indicazione della fonte dell’apprezzamento espresso, senza la necessità di confutare dettagliatamente le contrarie argomentazioni della parte, che devono considerarsi implicitamente disattese (cfr. fra le tante, Cass. 9 marzo 2001, n. 3519).

Nel ricorso in appello (il cui contenuto è riportato a pg. 4 del ricorso), tale argomentazione era stata censurata: si riferiva infatti di avere presentato una prima domanda amministrativa in data 21.6.1991, che veniva rigettata e reiterata in data 23.5.2005, con nuova domanda anch'essa respinta, e che con il ricorso di primo grado si era chiesto il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento dalla prima data. Si argomentava poi alla pg. 7 che i requisiti invalidanti ricorrevano sin dalla prima domanda amministrativa, contrariamente a quanto ritenuto dal c.t.u. di primo grado, e si concludeva in tal senso.

Il motivo d'appello, con riferimento a tale decisione di rigetto, era quindi sufficientemente specifico, laddove riproponeva la domanda di primo grado e ne argomentava la fondatezza richiamando gli aspetti sanitari che erano stati disattesi dal c.t.u. Risultavano quindi rispettati i requisiti dei motivi di impugnazione, quali individuati dalla giurisprudenza di questa Corte con riferimento al previgente testo dell'art. 434, 1 c. c.p.c., che richiede che le ragioni dell'impugnazione siano formulate con un sufficiente grado di specificità e siano correlate con la motivazione della sentenza impugnata, in modo da incrinarne il fondamento logico-giuridico, (v. ex plurimis Cass. n. 5210 del 2003, Cass. n. 8926 del 2004, Cass. n. 967 del 2004, Cass. n. 11781 del 2005, Cass. n. 12984 del 2006, Cass. n. 9244 del 2007, e già Cass., S.U., n. 9628 del 1993, n. 9244 del 2007, Cass. n. 15166 del 2008, Cass. n. 25588 del 2010, Cass. S.U. n.23299 del 2011, Cass. n. 1248 del 2013, Cass. n. 6978 del 2013). Né si esclude che il ricorso in appello possa riproporre anche le argomentazioni già svolte in primo grado, purché esse siano comunque funzionali a supportare le censure proposte nei confronti di specifici passaggi argomentativi della sentenza appellata (Cass. n. 2143 del 2015).

4. Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, proposto in via subordinata.

5. Segue la cassazione della sentenza in relazione al motivo accolto ed il rinvio per nuovo esame, ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie II ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.