Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 27 ottobre 2017, n. 25542
Tributi - Accertamento - Avviso emesso senza rispettare il termine dilatorio - Illegittimità - Annullamento
Rilevato che
Con sentenza in data 13 novembre 2015 la Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, previa riunione dei gravami, respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 72/4/10 della Commissione tributaria provinciale di Cagliari che aveva accolto il ricorso della S. - società finanziaria meridionale - srl contro l’avviso di accertamento IRAP, IRES, IVA 2005, mentre accoglieva l’appello proposto da C.R. e C.A. avverso la sentenza n. 57/6/12 della Commissione tributaria provinciale di Cagliari che ne aveva rigettato i ricorsi contro gli avvisi di accertamento IRPEF ed altro 2005. La CTR osservava in particolare che risultava corretta la statuizione contenuta nella sentenza impugnata dall’agenzia fiscale di invalidità dell’accertamento societario in quanto emesso prima dello scadere del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, Legge 212/2000, dovendosi fare applicazione del principio di diritto in tal senso sancito dalla Corte di Cassazione a SU, con sentenza n. 18184/2013; che quindi, confermato l’annullamento dell’atto impositivo emesso nei confronti della S. srl, doveva di conseguenza accogliersi l’appello proposto dal C. e dalla C. riguardante gli avvisi di accertamento reddituali derivanti dal medesimo, che per l’effetto contestualmente annullava.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo un motivo unico.
Resistono con controricorso i contribuenti.
Considerato che
Con l’unico mezzo dedotto - ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - l’agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, Legge 212/2000, poiché la CTR ha affermato l’insussistenza dell’allegata urgenza al fine di giustificare l’emissione anticipata dell’avviso di accertamento impugnato dalla società contribuente e conseguentemente annullato gli avvisi di accertamento reddituali emessi nei confronti dei suoi soci.
La censura è inammissibile.
Va infatti ribadito che «In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un'erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura é possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione» (ex multis Sez. 5, n. 26110 del 2015).
Orbene, nel caso di specie la CTR ha dato piena applicazione al principio di diritto sancito nella citata pronuncia delle SU di questa Corte, secondo il quale «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell'atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l'emissione anticipata, bensì nell'effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall'osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all'epoca di tale emissione, deve essere provata dall'ufficio» (Sez. U, Sentenza n. 18184 del 29/07/2013, Rv. 627474 - 01).
Il giudice tributario di appello infatti è approfonditamente entrato nel merito delle allegazioni e delle prove addotte dall’Ente impositore a giustificazione dell’emissione anticipata dell’atto impositivo impugnato dalla S. srl, negandone la fondatezza/adeguatezza, appunto così esprimendo una valutazione di merito che non può essere ulteriormente sindacata in questa sede, in aderenza al principio di diritto di cui al primo arresto giurisprudenziale citato.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1 - quater; d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Sez. 6 - L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 - 01).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 17.000 oltre euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.