Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 maggio 2017, n. 12267

Tributi - Ritenute - Cessazione del rapporto di lavoro - Dirigenti - Somme provenienti dal fondo previdenziale Fondenel

 

Fatti di causa

 

L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 161/29/14, resa in sede di giudizio di rinvio disposto da questa Corte con sentenza 30766/11.

I contribuenti avevano proposto ricorso avverso il silenzio-rifiuto opposto dall'Agenzia alle istanze di rimborso avanzate in merito alle ritenute operate con aliquota media (ai sensi degli art. 16 e 17, comma 2, d.p.r. 917/1986), anziché con quella del 12,50 % (ai sensi degli artt. 42, comma 4, d.p.r. 917/1986 e 65 I. 482/1985), in occasione della corresponsione delle somme provenienti dal fondo previdenziale denominato Fondenel (nel quale, dopo il 1998, era confluito il fondo P.i.a., istituito con accordo Enel/Findai 16.5.1986), loro rispettivamente erogate in qualità di dirigenti Enel, in luogo del trattamento di pensione integrativa, al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Sostenevano che le erogazioni in parola, configurando reddito da capitale e non trattamento di fine rapporto o indennità equipollente, dovevano ritenersi assoggettate a tassazione, non ai sensi degli art. 16 e 17, coma 2, d.p.r. 917/1986 (come effettuato dal sostituto), ma ai sensi degli artt. 42, comma 4, d.p.r. 917/1986 e 65 l. 482/1985, con ritenuta, a titolo di imposta, del 12,50%, commisurata alla differenza tra l'ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo ove si trattasse di capitale corrisposto dopo almeno dieci anni dalla conclusione del contratto di assicurazione.

L'adita commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione, che, in esito all'appello dei contribuenti fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale, che aderì all'impostazione degli appellanti, riconoscendo alle somme sottoposte alle contrastate ritenute natura di reddito da capitale e, come tali, per  intero assoggettabili all'aliquota del 12,50% ai sensi degli artt. 42, comma 4, d.p.r. 917/1986 e 65 l. 482/1985.

Su ricorso dell'Agenzia, la decisione di questa Corte sopra citata cassò con rinvio la sentenza di appello, rilevando la necessità che la decisione si uniformasse al più articolato principio di diritto, affermato dalle Sezioni unite, con la sentenza 13642/11.

In esito alla riassunzione dei contribuenti, il giudice del rinvio - rilevato che era incontroverso che tutti i contribuenti erano iscritti al fondo di previdenza aziendale P.i.a./Fondenel da epoca antecende all'entrata in vigore del d.lgs. 124/1993 e che l'erogazione delle somme assoggettate alle contestate ritenute era avvenuta, per tutti, entro il 31 dicembre 2000 - ritenne, sulla scorta di certificazioni rilasciate da Enel s.p.a., assoggettabili alla ritenuta del 12,50% tutti gli importi maturati a favore dei contribuenti entro la data anzidetta, che non fossero riferibili a contributi a carico del dirigente ovvero dell'Azienda. Ridefinì quindi, conseguenzialmente, le somme in concreto oggetto dei crediti restitutori dei contribuenti.

Avverso tale decisione, l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione in sei motivi.

Gli intimati resistono con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. - Con il primo motivo di ricorso - deducendo "violazione e falsa applicazione dell'art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all'art. 360, primo comma n. 4, c.p.c. e dell'art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992" - l'Agenzia delle entrate denuncia la nullità della sentenza impugnata per la natura puramente apparente della sua motivazione.

2. - La censura è palesemente infondata, giacché la motivazione della sentenza impugnata esprime un iter argomentativo, condivisibile o non, certamente identificabile nella sua essenza.

3. - Con il secondo motivo - deducendo "violazione e falsa applicazione dell'art. 384, secondo comma, c.p.c, in relazione all'art. 360, primo comma nn. 3 e 4, c.p.c. ed all'art. 62, primo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546" - la ricorrente denuncia l'illegittimità della sentenza per violazione del principio di diritto richiamato dalla sentenza di rinvio.

Con il terzo motivo - deducendo "violazione e falsa applicazione dell'art. 13, comma 9, del d.lgs. n. 124 del 1993, e dell'art. 1, comma 5, del d.l. n. 669/96, conv. nella I. 30/97, nonché degli artt. 16 e 17 e dell'art. 42 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 (vecchia numerazione), in relazione all'art. 360, primo comma n. 3, c.p.c. e all'art. 62, primo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546" - la ricorrente rileva la contrarietà della decisione ai principi costantemente enunciati dalla pregressa giurisprudenza di questa Corte.

Con il quarto motivo - deducendo "violazione e falsa applicazione dell'art 2697 c.c, in relazione all'art. 360, primo comma n. 3, c.p.c. ed all'art. 62, primo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546" - la ricorrente denuncia la violazione del criterio di distribuzione dell'onere della prova, spettando al contribuente, che invoca il diritto alla ripetizione della maggior ritenuta praticata dal sostituto di imposta.

Con il quinto motivo - deducendo "omesso esame di fatti controversi e decisivi della causa, che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 60, primo comma, n. 5, c.p.c. ed all'art. 62, primo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546" - la ricorrente lamenta l'omissione di ogni indagine in merito al fatto che le somme ritenute in sentenza assoggettabili alla ritenuta nella misura del 12,50% configurassero quota meramente residuale rispetto a quella costituita dai contributi ovvero, come affermato dalla giurisprudenza delle Sezioni unite, somma "imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato".

Con il sesto motivo - deducendo "violazione e falsa applicazione dell'art. 6, secondo comma, d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, in relazione all'art 360, primo comma n. 3, c.p.c. ed all'art. 62, primo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546" - la ricorrente censura la decisione impugnata per non aver considerato che, riconosciuto che la somma percepita dai ricorrenti era frutto del riscatto con il metodo della capitalizzazione di pensione integrativa, conseguita in virtù del rapporto di previdenza integrativa aziendale {Pia) costituito nell'anno 1986 ed ispirato al criterio retributivo ("a contribuzione definita"), risultava evidente che l'indennità in rassegna, quale provento sostituitivo di detta pensione, dovesse necessariamente rivestire la stessa natura del reddito sostituito (e cioè reddito di lavoro, tale essendo la pensione, e non di capitale.

4. - Le doglianze sopra riportate - che, in quanto strettamente connesse, vanno congiuntamente esaminate - sono fondate e meritano accoglimento.

5. - In base al dictum delle pronuncia di rinvio, il giudice del rinvio era tenuto ad applicare alla fattispecie concreta il principio di diritto affermato da Cass., ss.uu., 13642/11, che, in tema di fondi previdenziali integrativi, ha chiarito (con altre coeve decisioni) che le prestazioni erogate in forma capitale a soggetto iscritto, da epoca antecedente all'entrata in vigore del d.lgs. 124/1993, a fondo di previdenza complementare aziendale (quale Fondenel, in precedenza, P.i.a.) sono assoggettate a duplice trattamento tributario. A) Agli importi maturati a decorrere dall'1 gennaio 2001, si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16 comma 1 lett. a) e 17 del t.u.i.r.. B) Agli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1 lett. a, e 17 del t.u.i.r., per quanto riguarda la sorte capitale corrispondente all'attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro; mentre, alle somme rivenienti dalla liquidazione del cd. rendimento - per tale esplicitamente intendendosi il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato - si applica la ritenuta del 12,50 % prevista dall'art. 6 della I. 482/1985.

Secondo il vincolante principio di diritto imposto dalla decisione di rinvio, per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, il discrimine tra l'applicazione dell'aliquota del 12,50% e la sottoposizione a tassazione separata va, dunque, riferito alla ricorrenza o meno di concreta gestione sul mercato del capitale accantonato, (cfr., tra le tante: Cass. 720/17, Cass. 10604/15, 1977/15, 8310/14, 6380/14, 3136/14, 3132/14, 22950/13, 22492/13, 12491-12496/13, 7724-7728/13, 8320/12, 5376/12, 280/12, 29583/11). Detta gestione verrebbe, ovviamente, a mancare se, e nella misura in cui, le somme erogate fossero frutto, anziché d'investimento di contributi, di accantonamento in base al criterio delle riserve matematiche e fossero, dunque, realizzate, anziché con metodo "contributivo", con metodo "retributivo" (per analoga soluzione con riguardo a situazione simile: cfr., tra le tante, Cass. 120/17, 26739/16, 21332/15 17535/12). D'altro canto - posto che, in tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con il conseguenziale corollario in tema di distribuzione dell'onere della prova (cfr., tra le altre, Cass. 15026/14, 18427/12) - spetta indubbiamente al contribuente, che invoca il diritto alla ripetizione della maggiore ritenuta praticata dal sostituto di imposta, fornire la prova del fondamento della sua pretesa, dimostrando quale sia la parte dell'indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d'investimento sui mercati di riferimento.

6. - Alla luce di quanto precede, deve ritenersi che la sentenza impugnata - affermando l'assoggettabilità alla ritenuta del 12,50% di tutti gli importi maturati a favore dei contribuenti entro la data del 31 dicembre 2000 che non fossero riferibili a contributi a carico dei dirigenti ovvero dell'Azienda, senza fornire alcuna indicazione (pur a fronte di specifiche contestazioni dell'Agenzia) in merito al fatto che le somme erogate al beneficiario derivassero in concreto, in tutto o in parte, dalla gestione di capitali sui mercati di riferimento - ha violato il principio di diritto affermato dalle Sezioni unite ed il dictum della decisione di rinvio che ad esso si è richiamata.

La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata e la causa va nuovamente rinviata al giudice di appello, perché si dia effettivo corso al dictum della sentenza di questa Corte n. 30766/11, consistente nell'affermazione del diritto dei contribuenti ad usufruire dell'imposizione con aliquota del 12,50%, ai sensi degli artt. 42, comma 4, d.p.r. 917/1986 e 65 l. 482/1985, con esclusivo riguardo alle somme costituenti frutto di effettivo impiego sul mercato di capitale accantonato (in tal senso, con riguardo ad analoghe controversie, v., anche, Cass. 720/17 e 26728/16).

La causa va, pertanto, rinviata alla Commissione tributaria regionale della Sicilia perché - ai fini della definizione dell'ammontare dell'eventuale credito restitutorio dei contribuenti - accerti se (ed eventualmente quale) parte delle somme complessivamente erogate ai contribuenti corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato del capitale accantonato e calcolando, quindi, le imposte dovute dai contribuenti, con applicazione solo alla parte suddetta delle somme erogate dell'aliquota del 12,50% secondo la disciplina dettata dall'art. 6 I. 482/1985, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1 lett. a, e 17 d. p.r. 917/1986. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese alla Commissione tributaria regionale della Sicilia.