Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 novembre 2017, n. 26163

Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto - Pagamento del tfr non corrisposto dal datore di lavoro - Decadenza dell’azione giudiziaria - Termine annuale - Decorrenza del termine e della durata massima complessiva del procedimento amministrativo - Decisione tardiva dell'Istituto sulla domanda amministrativa - Decisione del ricorso tardivamente proposto - Circostanze non idonee a far slittare la decorrenza della decadenza

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d'Appello di Perugia rigettava il gravame svolto dall'INPS avverso la decisione di primo grado, che aveva riconosciuto il diritto dell'attuale intimata, ai sensi della legge n. 297 del 1982, al pagamento del TFR maturato e non corrisposto dal datore di lavoro, che aveva cessato l'attività il 2 gennaio 2006, oltre interessi legali e rivalutazione amministrativa dalla data della domanda amministrativa (del 25 ottobre 2007).

2. Per quanto in questa sede rileva, la Corte territoriale riteneva tempestiva la domanda proposta dalla lavoratrice (con ricorso depositato il 15 gennaio 2010), e infondata l'eccezione di decadenza sollevata dall'INPS, per essersi esaurito il procedimento amministrativo in data 25 gennaio 2009, decorsi novanta giorni per l'impugnazione del provvedimento tardivo di diniego di pagamento del TFR, ricevuto, dalla lavoratrice, in data 27 ottobre 2008.

3. Per la cassazione di tale sentenza l'Inps ha proposto ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, cui l'intimata ha resistito con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

4. Con un unico mezzo d'impugnazione l'Inps deduce violazione e falsa applicazione del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 nel testo sostituito dal d.l. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, comma 1, convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438, lamentando che il Giudice d'appello non si sia avveduto del fatto che all'accoglimento della domanda della lavoratrice ostava l'intervenuta decadenza sostanziale dall'azione prevista dal d.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 essendo trascorso, tra la presentazione della domanda amministrativa (il 25 ottobre 2007) e la data di deposito del ricorso in giudizio (il 15 gennaio 2010), un termine superiore ad un anno e trecento giorni.

5. Il ricorso è manifestamente fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte (v., ex multis, Cass. 8 luglio 2014, n.15531 e successive conformi; fra le tante, v. Cass. 4 febbraio 2016, n. 2249, Cass. 3 maggio 2016, n.8671, Cass. 25896 del 2016; fra le più recenti, v. Cass. 25 gennaio 2017, n. 1877 e Cass. 18 aprile 2017, n. 9158).

6. Il d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 nel testo sostituito dal d.l. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, comma 1, convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438, operante ratione temporis ed anteriore alle modifiche apportate dal d.l. n. 98 del 2011, art. 38 conv. in legge 15 luglio 2011, n. 111, dispone quanto segue: «Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l'azione dinanzi all'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 459 c.p.c. e segg.. Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza di termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione. Per le controversie in materia di prestazioni della Gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24, l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date in cui al precedente comma. Dalla data della reiezione della domanda di prestazione decorrono, a favore del ricorrente o dei suoi aventi causa, gli interessi legali sulle somme che risultino agli stessi dovute. L'Istituto nazionale della previdenza sociale è tenuto ad indicare ai richiedenti le prestazioni o ai loro aventi causa, nel comunicare il provvedimento adottato sulla domanda di prestazione, i gravami che possono esser proposti, a quali organi debbono essere presentati ed entro quali termini. È tenuto, altresì, a precisare i presupposti ed i termini per l'esperimento dell'azione giudiziaria».

7. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 19992 del 2009, hanno chiarito che la decadenza annuale dall'azione prevista dal disposto sopra riportato si applica anche alle prestazioni erogate dal Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto, in quanto questo rientra nella "Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti" di cui alla L. n. 1989 del 1988, art. 24 (Ndr: L. 9 marzo 1989, n. 88 art. 24):, richiamato nel D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, comma 3.

8. L'Inps sostiene, correttamente, che tale decadenza nel caso si sia verificata, essendo ampiamente decorso il termine di un anno e trecento giorni - corrispondente alla durata massima complessiva del procedimento amministrativo risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni previsto per la decisione della domanda dalla L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 7 e di centottanta giorni, previsto per la decisione del ricorso amministrativo dalla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 46, commi 5 e 6 - dalla presentazione delle domande amministrative all'Inps.

9. Neanche l'eventuale decisione tardiva dell'istituto sulla domanda amministrativa e la decisione del ricorso tardivamente proposto, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, possono costituire circostanze idonee a far slittare la decorrenza della decadenza rispetto alle scadenze legislativamente previste, trattandosi di termini dettati da disposizioni di ordine pubblico, indisponibili dalle parti e sulle quali l'attività delle stesse non può incidere (v., Cass., Sez.U, nn. 12718 e 19992 del 2009).

10. Sempre in ragione del fatto che si tratta di una decadenza di ordine pubblico, con conseguente inderogabilità della relativa disciplina, irrinunciabilità e rilevabilità d'ufficio da parte del giudice, si è pure affermato che non rileva, al fine di far slittare tale dies a quo, la decisione intervenuta sul ricorso amministrativo tardivamente proposto, restando preclusa la possibilità, per le parti, di derogare, attraverso propri atti o comportamenti, alla disciplina legale (v., fra le altre, Cass. n. 19225 del 2011 e Cass. n. 7148 del 2008) e lo stesso principio è stato applicato all'ipotesi di tardivo provvedimento di rigetto, nel merito, da parte dell'istituto previdenziale (v., ex multis, Cass. n. 3592 del 2006, n. 13276 del 2007; v., inoltre, Cass., Sez.U., 26019/2008, sulla natura di ordine pubblico della decadenza sostanziale dall'azione e sulla rilevabilità, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, e proponibilità, per la prima volta, anche in Cassazione).

11. Neanche si versa, nel ricorso all'esame, in ipotesi di giudicato interno sulla questione di decadenza.

12. In conclusione, all'accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito, ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto dell'originaria domanda.

13. Quanto alle spese dell'intero processo, mentre si reputa equo compensare tra le parti quelle dei gradi di merito - tenuto conto dei tempi di consolidamento degli orientamenti della giurisprudenza, anche di legittimità - per quanto concerne, invece, le spese del giudizio di legittimità esse vanno poste a carico della parte controricorrente soccombente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda. Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e pone quelle del giudizio legittimità a carico della parte intimata, liquidate in euro 900,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.