Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 aprile 2017, n. 8788

Imposte dirette - IRPEF - Accertamento - Cessione di terreno edificabile - Plusvalenza - Tassazione

 

Ritenuto in fatto

 

L'Agenzia delle Entrate notificava a D.C.A. un avviso di accertamento Irpef, anno di imposta 1999, con il quale riprendeva a tassazione la plusvalenza di lire 108.659.000 realizzata mediante la cessione di terreno edificabile sito in Rodi Garganico, avvenuta con atto del 8.4.1999 per il corrispettivo di lire 458.550.000.

Contro l'avviso di accertamento D.C.A. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che lo accoglieva con sentenza n. 263 del 2007.

L'Agenzia delle Entrate proponeva appello. Osservava che, al momento della vendita, il terreno in oggetto era suscettibile di utilizzazione edificatoria secondo il piano regolatore generale allora vigente e secondo quanto risultava dallo stesso atto di compravendita, nel quale le parti davano atto che l'acquisto del terreno era finalizzato alla realizzazione di una struttura alberghiera in conformità al progetto predisposto. La Commissione tributaria regionale con sentenza del 25.9.2009 rigettava il gravame. I giudici di appello, sulla base della certificazione di destinazione urbanistica allegata dal contribuente al ricorso di primo grado, affermavano che l'area in questione non poteva essere considerata edificabile in quanto su di essa erano ammesse soltanto costruzioni rurali e di servizio per uso agricolo, nonché unità residenziali con un indice di edificabilità particolarmente limitato, corrispondente ad un manufatto delle dimensioni di mq 25 su un area complessiva di mq 7.500.

L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per tre motivi.

L'intimato resiste con controricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 81 (ora 67) del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, in relazione all'art. 360 comma primo n. 3 cod.proc.civ., nella parte in cui ha ritenuto non edificabile un terreno per il fatto che vi si potesse costruire un immobile di soli 25 mq di superficie rispetto ad un area di complessivi mq.7500.

2.Omessa motivazione su fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 comma primo n.5 cod.proc.civ. nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha omesso di esaminare il certificato di destinazione urbanistica del terreno in oggetto, che, al momento della cessione, risultava inserito in un comparto edificatorio con indice di edificabilità di 1,5 me al mq.

I motivi, da esaminare congiuntamente poiché connessi, sono fondati. A norma dell'art. 67 comma primo lett. b) del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (corrispondente al previgente art. 81) costituiscono "redditi diversi" imponibili, le "plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo onerose di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione". Il tenore letterale della citata disposizione è inequivoco: essa assoggetta ad imposta la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di terreno sul quale lo strumento urbanistico, vigente al momento della cessione, consente lo svolgimento di una attività edificatoria, a prescindere da quale sia l'indice di edificabilità consentito, il quale non rileva ai fini dell' "an" della pretesa tributaria, ma, riflettendosi sul corrispettivo percepito, incide sul "quantum" della plusvalenza realizzata e quindi sull'entità dell'imposta dovuta a norma dell'art. 68 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (in senso conforme Cass. n. 23316 del 2013).

Fermo il principio che la qualificazione di un terreno come edificabile rinviene direttamente dallo strumento urbanistico generale adottato dal Comune che ne preveda una qualunque utilizzabilità di tipo edificatorio, occorre ulteriormente ribadire che dal disposto dell’art. 36, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006 n. 248 (contenente una definizione generale di area edificabile, valevole in materia di Iva, di imposta di registro, di imposte sui redditi e di Ici) si desume che il dato a cui occorre fare riferimento per la qualificazione dell'area come edificabile è costituito dallo strumento urbanistico generale vigente al momento in cui si realizza il presupposto impositivo (nella specie atto di vendita), il quale, qualificando un' area come edificabile, è di per sé sufficiente a determinarne un incremento del valore venale, senza che assumano rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico ad opera dell'ente regionale, atteso che la valutazione del bene dev’essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo (Cass. 27077 del 2014; Cass. 18655 del 2016).

In proposito, la denuncia del vizio di motivazione appare fondata. La Commissione tributaria regionale ha omesso di motivare con riguardo alla specifica censura dedotta nell'atto di appello della Agenzia delle Entrate (trascritto nella parte di interesse nel presente ricorso), con cui rilevava che, alla data di stipulazione dell'atto di vendita, l'allora vigente piano regolatore generale del Comune di Rodi Garganico adottato con delibera dell'Amministrazione comunale del 24.7.1998, ancorché non approvato dalla Regione Puglia, inseriva detto terreno in un comparto edificatorio che, previa approvazione del Piano Particolareggiato, prevedeva il maggiore indice di edificabilità di 1,5 mc/mq.

3. Motivazione omessa o insufficiente su fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 comma primo n. 5 cod.proc.civ..

Il terzo motivo è assorbito dall'accoglimento dei precedenti.

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione perché proceda a nuovo giudizio attenendosi ai principi di diritto precedentemente evidenziati. Le spese del giudizio di legittimità saranno regolate all'esito del giudizio di rinvio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.