Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 aprile 2017, n. 9402

Lavoro - Pubblica Amministrazione - Contratti a termine - Nullità - Violazione dell'art. 1 e ss del D.Lgs. n. 368/2001

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte di appello di Genova, con sentenza n. 492 del 2013, rigettava l'appello del Comune di Carrara avverso la sentenza del Tribunale di Massa che, accogliendo parzialmente il ricorso di S.B., aveva dichiarato la nullità del termine apposto a ciascuno dei cinque contratti stipulati tra le parti per violazione dell'art. 1 e segg. d.lgs. n. 368/01 ed, esclusa la conversione del rapporto, ostandovi il disposto di cui all'art. 36 d.lgs. n 165/01, aveva condannato l'Ente territoriale a risarcire alla ricorrente il danno patito, liquidato in misura pari a venti mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in applicazione dell'art. 18, commi 4 e 5, L. n. 300/70 (cinque mensilità previste dal quarto comma, come risarcimento minimo, più quindici mensilità previste dal quinto comma come misura sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro).

2. La Corte di appello, premesso che i primi quattro contratti erano stati stipulati per lo svolgimento di mansioni di "accompagnatore scuolabus" (il primo dal 20.9.1999 al 10.6.2000, il secondo dal 7.1.2002 al 27.3.2002, il terzo dal 24.7.04 al 4.9.04 e il quarto dal 15.9.2004 all'8.6.2005) e il quinto per mansioni di "bigliettaio presso la piscina comunale", osservava in sintesi - per quanto rileva nella presente sede - che:

- il diritto al risarcimento del danno previsto dall'art. 36, comma 5, d.lgs. 165/01 era soggetto non alla prescrizione quinquennale, ma a quella ordinaria decennale ex art. 2946 c.c.;

- quanto al primo contratto, facente riferimento alla determinazione n. 31 del 1999, la clausola appositiva del termine era nulla, in quanto il progetto era finalizzato ad assicurare servizi nell'ambito scolastico e si identificava con la necessità di assicurare il normale servizio di scuolabus negli asili e nelle scuole e quindi in ragioni che esulano dalle previsioni di cui all'art. 1 e segg. L. n. 230/62, disciplinante ratione temporis la fattispecie;

- del pari del tutto generica era la causale apposta al secondo contratto stipulato per il periodo 7.1.2002-27.3.2002 per le medesime necessità e dunque ancora una volta per soddisfare esigenze ricorrenti, in violazione tanto dell'art. 1 D.Lgs n. 368/2001, nel testo vigente ratione temporis, quanto dell'art. 36 d.lgs. n. 165/2001;

- la nullità dei primi due contratti rendeva ultroneo lo scrutinio di legittimità di quelli successivi;

- doveva essere disattesa anche la censura svolta dal Comune avverso la condanna al risarcimento del danno, correttamente parametrata al Tribunale in venti mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, atteso che per il valore del posto di lavoro può essere utilmente adottato quale parametro quello di cui all'art. 18, comma 5, L. n. 300/70, che, costituendo un'alternativa alla reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo, rappresenta il valore del posto come  tipizzate dall'ordinamento; a tale risarcimento va poi aggiunto quello di cui all'art. 32 L. n. 183/2010, condivisibilmente quantificato in cinque mensilità di retribuzione, stante il numero dei contratti e la complessiva durata del rapporto.

3. Per la cassazione di tale sentenza il Comune di Carrara propone ricorso affidato cinque motivi. Resiste con controricorso S.B. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 36 d.lgs. n. 165/01, artt. 1422 e 2947 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.. Si contesta il rigetto dell'eccezione di prescrizione quinquennale formulata dal Comune di Carrara in relazione le richieste risarcitorie avanzate dalla ricorrente relativamente per i contratti di lavoro stipulati con l'Amministrazione tra il 1999 e il 2005. Si chiede di affermare che, nel caso di rapporti di lavoro a tempo determinato alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, il diritto al risarcimento del danno subito al lavoratore per effetto dell'illegittima apposizione del termine ha natura precontrattuale, o comunque extracontrattuale, e quindi lo stesso è soggetto al termine di prescrizione quinquennale.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e segg. L. 230/62 e 16 CCNL del 6.7.1995 comparto Regioni ed Autonomie locali, in relazione all'art. 360 n 3 c.p.c.. Si deduce che, nel caso di rapporti di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione soggetti alla disciplina di cui alla legge n. 230/62, è legittimo il rapporto a tempo determinato sorto nell'ambito di progetti aventi carattere straordinario ed occasionale e per di più instaurato per fare fronte ad esigenze sostitutive, le quali siano espressamente indicate, unitamente al nominativo del dipendente sostituito, negli atti amministrativi finalizzati all'instaurazione di tale rapporto. Ci si duole del fatto che la Corte di appello, al pari del primo giudice, non abbia valorizzato la circostanza che l'assunzione della Savoia era avvenuta per lo svolgimento del progetto di cui alla delibera della giunta comunale del 10.8.1999 n. 623, e in tale contesto specificamente per sostituire la signora R.A.R..

3. Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e segg. d.lgs. n. 368/2001, art. 7 CCNL 14.9.2000 comparto Regioni ed Autonomi locali e artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all'art. 360 n 3 c.p.c.. Si sostiene la legittimità ex art. 1 d.lgs. n. 368/01 del ricorso a contratti a tempo determinato stipulati dalla P.A. nell'ambito di progetti aventi carattere straordinario ed occasionale, le cui esigenze emergano per relationem mediante il richiamo, all'interno dei contratti di lavoro, degli atti amministrativi preordinati all'instaurazione di tali rapporti. In tale contesto ci si duole anche del fatto che la Corte di appello abbia esaminato, oltre al primo, solo il secondo contratto, quello stipulato per il periodo 7.1.2002- 27.3.2002, omettendo di esaminare quelli successivi ed in particolare il quarto e quinto.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 36 d.lgs. n. 165/2001 sotto il profilo della sussistenza del diritto risarcimento del danno, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.. Si sostiene che la Corte di appello aveva omesso di considerare l'orientamento interpretativo espresso dalla giurisprudenza di legittimità con la sentenza n. 392/2012 e si chiede che venga affermato il principio per cui, nel caso di rapporti di lavoro a tempo determinato alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, ove venga accertata l'illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro pubblico contrattualizzato, il danno asseritamente subito dal lavoratore deve essere provato in giudizio tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento, comprese le presunzioni. Al riguardo, ci si duole del fatto che la Corte territoriale abbia riconosciuto il risarcimento in difetto assoluto di prova, anche solo presuntiva, che la ricorrente Savoia avrebbe dovuto fornire, circa la sussistenza e l'entità del danno subito.

5. Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 36 d.lgs. n. 165/2001, dell'art. 18 L. n. 300/70 e dell'art. 32 L. n. 183/2010, sotto il profilo della quantificazione del danno, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.. Si chiede che sia affermato che, nel caso di contratto di lavoro a tempo determinato alle dipendenze della Pubblica Amministrazione che risulti illegittimo, il danno subito lavoratore deve essere quantificato dal giudice effettuando una valutazione sostanziale che prende a riferimento la reale situazione di fatto che ha condotto alla stipula del contratto a tempo determinato e, quindi, l'effettiva perdita o meno di un'occasione di lavoro stabile alle dipendenze lo Stato.

6. Per ragioni di logica espositiva si esaminano preliminarmente il secondo e il terzo motivo, mentre l'esame del primo, avente ad oggetto l'eccezione di prescrizione del risarcimento del danno, è effettuato unitamente all'esame del quarto e del quinto.

7. Il secondo motivo è infondato.

7.1. Occorre premettere che, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, la Corte territoriale ha confermato la nullità delle causali appositive del termine: quanto al primo contratto di cui alla determinazione n.31 del 1999 del tutto generica era la causale costituita dal "progetto finalizzato ad assicurare servizi nell'ambito scolastico ", come pure altrettanto generica era la determinazione con la quale il Comune dispose la proroga di detto progetto e quindi del contratto. Questo finiva per identificarsi con la necessità di assicurare il normale servizio di scuolabus negli asili e nelle scuole e quindi in ragioni che non corrispondevano alle prescrizioni di cui alla Legge 230 del 1962, disciplinante la fattispecie relativa al primo contratto e alla sua proroga. Ugualmente, quanto al secondo contratto stipulato per il periodo gennaio- marzo 2002 con richiamo della delibera dell'11 agosto 2001, nulla era specificato se non la necessità di assumere a termine per assicurare il servizio di scuolabus per l'anno scolastico in corso; anche in questo caso non erano rispettate le prescrizioni di cui all'art. 1 d.Lgs. n. 368/01, nel testo vigente all'epoca dei fatti, atteso che l'art. 36, comma 2, d.lgs. 165/01 consente alle Pubbliche Amministrazioni di ricorrere a forme flessibili solo per rispondere alle esigenze temporanee ed eccezionali. Né poteva valere l'enunciazione delle ragioni oggettive svolta per relationem mediante richiamo nei singoli contratti delle delibere autorizzative di sottostanti progetti, proprio perché anche l'accesso ai documenti in parola non consentiva di individuare ex ante l'effettività e la congruità delle ragioni sottese al termine, risultando anch'essi del tutto vari e indeterminati.

7.2. Dunque, con motivazione sufficiente e non contraddittoria la Corte d'appello di Genova ha rilevato che i contratti di assunzione a termine della lavoratrice non indicavano la causale del termine o la indicavano in termini non specifici così violando tanto il disposto di cui all'art. 1 e segg. L. n. 230/62, quanto il disposto dell'art. 1 d.lgs. n. 368 del 2001 (nel regime precedente la modifica introdotta dalla legge n. 92 del 2012). In proposito questa Corte (Cass. 18 ottobre 2013 n. 23702) ha affermato che costituisce regola generale l'obbligo di apporre nel contratto individuale di lavoro a tempo determinato la ragione giustificativa del termine, la cui enunciazione deve essere specifica nel regime previsto dal d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368. E' vero che — come già ritenuto da questa Corte (Cass. 26 agosto 2015 n. 17155) — nell'apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato, la specificazione delle ragioni giustificatrici ex art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001 può anche risultare per relationem da altri testi richiamati nel contratto di lavoro (cfr. Cass. 22 gennaio 2015 n. 1170), ma l'indicazione della causale prevista art. 1 d.lgs. n. 368/2001 cit., prima delle modifiche introdotte dall'art. 1 legge n. 92 del 2012, deve essere circostanziata e puntuale e deve trattarsi di documenti accessibili agevolmente al lavoratore. La Corte di appello ha motivatamente ritenuto la genericità della causale meramente riproduttiva del progetto al quale la lavoratrice era stata assegnata in ragione delle ordinarie esigenze di tale settore senza riguardo a specifiche necessità che legittimassero l'apposizione del termine (per analoga fattispecie, cfr. Cass. S.U. n. 4913/16).

8. Il terzo motivo è fondato.

8.1. La Corte di appello ha ritenuto che, una volta accertata la responsabilità del Comune ex art. 36, quinto comma, d.lgs. 165/01 per avere instaurato plurimi contratti a termine illegittimi, a fronte della nullità dei due primi contratti restava ultroneo l'esame di legittimità dei contratti successivi ed in particolare il quarto e quinto.

8.2. Tuttavia, mentre nell'ipotesi di rapporto di lavoro privato, in cui la conversione rende ultroneo l'esame dei contratti successivi al primo dichiarato illegittimo, nel caso del rapporto di lavoro pubblico, in cui non opera la conversione, l'illegittimità va esaminata partitamente per ciascuno dei contratti oggetto dell'impugnativa giudiziale, anche per gli effetti che da tale accertamento possono derivare in relazione al riconoscimento e alla quantificazione del danno risarcibile ex art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165/01. Pertanto, a fronte dell' omesso esame della legittimità del quarto e del quinto contratto (in ordine al terzo non vi è motivo di ricorso), la sentenza va cassata in parte qua.

9. Il ricorso è fondato anche in ordine agli ultimi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, avendo ad oggetto il tema del danno risarcibile nel caso di abusivo ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una Pubblica Amministrazione. Tale questione, essendo di particolare importanza ex art. 374 c.p.c., ha giustificato l'assegnazione del ricorso — unitamente ad altri analoghi ricorsi - alle Sezioni Unite in ragione anche di non uniformi orientamenti della Sezione Lavoro.

9.1. Le Sezioni Unite, con la sent. 5072 del 2016, hanno affermato i seguenti principi di diritto: a) In materia di pubblico impiego privatizzato, nell'ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall'art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va escluso - siccome incongruo - il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all'art. 32, comma 5, della I. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come "danno comunitario", determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l'indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l'onere probatorio del danno subito.

b) In materia di pubblico impiego privatizzato, il danno risarcibile di cui all'art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, non deriva dalla mancata conversione del rapporto, legittimamente esclusa sia secondo i parametri costituzionali che per quelli europei, bensì dalla prestazione in violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori da parte della P.A., ed è configurabile come perdita di "chance" di un'occupazione alternativa migliore, con onere della prova a carico del lavoratore, ai sensi dell'art. 1223 c.c..

9.2. In conclusione, per le ragioni diffusamente argomentate nella citata pronuncia delle S.U. n. 5072 del 2016, da ritenere qui richiamate, il ricorso va accolto in parte qua, avendo la Corte d'appello seguito criteri diversi quanto al riconoscimento e alla quantificazione del danno risarcibile.

10. Venendo alla questione della prescrizione del diritto al pagamento dell'indennità "forfetizzata" e "onnicomprensiva", di cui al comma 5 dell'art. 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, questa Corte ha osservato che la L. 28 giugno 2012, n. 92, all'art. 1 comma 13, con chiara norma di interpretazione autentica (in senso conforme a quanto già affermato dalla Corte Costituzionale e da questa Corte di legittimità), ha così disposto: "La disposizione di cui al comma 5 della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, si interpreta nel senso che l'indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro". La nuova indennità "forfetizzata" e "onnicomprensiva", dunque, prescinde dalla costituzione in mora del datore di lavoro; "copre" tutti i danni causati dalla nullità del termine e costituisce un nuovo e diverso diritto che, seppure collegato alla nullità del termine - di per sé imprescrittibile - è soggetto alla prescrizione ordinaria (Cass. n. 14996/2012).

11. Il ricorso va, dunque, accolto quanto al terzo, al quarto e al quinto motivo e la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di appello di Genova in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Genova in diversa composizione.