Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 novembre 2017, n. 27675

Rapporto di lavoro subordinato - Nullità del termine - Violazione del principio di specificità delle ragioni giustificatrici - Conoscenza della loro effettiva portata e relativo controllo di effettività

Fatti di causa

Con sentenza n. 134/2012, depositata il 19 marzo 2012, la Corte di appello di Torino, in parziale accoglimento del gravame del lavoratore, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto stipulato il 27/9/2005 da A.F. e da S. S.p.A. - Autostrade A4 Torino-Milano e A21 Torino-Piacenza, per il periodo dall'1/10/2005 al 31/12/2005, "ai sensi del d.lgs. 6 settembre 2001 n. 368, nonché dell'art. 2, punto 2, lett. C) del C.C.N.L. 15/07/2005 per sopperire alle necessità di servizio in conseguenza dell'attuazione di programmi di riorganizzazione e di revisioni tecnico-organizzative riguardanti il settore esazione pedaggi", con la condanna della società al pagamento di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto a titolo di indennizzo ex art. 32, comma 5, I. n. 183/2010 e con la condanna altresì al pagamento delle retribuzioni maturate dal 26/10/2009, data di deposito del ricorso di primo grado.

La Corte riteneva, quanto alla ritenuta nullità del termine, che nella specie fosse stato violato il principio di specificità di cui all'art. 1, co. 2, d.lgs. n. 368/2001, non essendo sufficiente a tal fine il solo accenno, contenuto nel contratto individuale, alla circostanza che il processo di riorganizzazione riguardasse il settore pedaggi, nell'assenza di alcun riferimento ai tempi di tale processo e di ragioni che facessero comprendere la necessità di fare ricorso all'assunzione nel periodo indicato.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società con tre motivi; il F. ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

 

Ragioni della decisione

 

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 d.lgs. n. 368/2001 nonché violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di settore per avere la Corte di merito ritenuto illegittimo il contratto in data 27/9/2005 a motivo del mancato richiamo, nella relativa lettera di assunzione, e a differenza di altri contratti a termine stipulati dalle medesime parti, dell'accordo aziendale del 21/9/2005, tralasciando, tuttavia, l'esame di tale accordo, come di ogni altra fonte collettiva agli atti, esame dal quale sarebbe risultata evidente la prova, anche per il contratto dichiarato illegittimo, dell'effettiva ricorrenza degli elementi giustificativi del termine.

Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 d.lgs. n. 368/2001, nonché contraddittoria motivazione e omesso esame di fatti decisivi, per non avere la Corte considerato che l'onere di specificazione della causale nell'atto scritto di assunzione si propone di delimitare la facoltà riconosciuta dal legislatore di fare ricorso al contratto di lavoro a termine per soddisfare esigenze aziendali e per non avere valutato in modo idoneo l'ampia documentazione prodotta, che tali esigenze avrebbe comprovato, peraltro contraddittoriamente ritenute esistenti, sulla base della stessa documentazione, per gli altri contratti dichiarati legittimi.

Con il terzo motivo viene dedotta la violazione di legge con riferimento all'art. 32 I. n. 183/2010 per non avere la Corte considerato la natura onnicomprensiva dell'indennità stabilita da tale norma, quale invece precisata dalla giurisprudenza costituzionale (con la sentenza n. 303/2011) e poi riconosciuta a livello legislativo con I. n. 92/2012.

Il primo e il secondo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.

La Corte di merito ha, infatti, verificato, con valutazione di merito non sindacabile nella presente sede di legittimità, l'assenza nel contratto 27/9/2005 del presupposto previsto dall'art. 1 del decreto legislativo n. 368/2001 per l'apposizione del termine ai contratti di lavoro, avendo la società fatto riferimento nella lettera di assunzione alle "necessita" di servizio in conseguenza dell'attuazione di programmi di riorganizzazione e di revisioni tecnico-organizzative riguardanti il settore "Esazione Pedaggi" (senza altro e contestuale riferimento "ai tempi di tale processo" di riorganizzazione e alle ragioni che, in base ad esso, avrebbero determinato "la necessità di fare ricorso all'assunzione del F. per il quadrimestre ivi indicato": cfr. sentenza, p. 14): e cioè ad esigenze non sufficienti a motivare il ricorso al contratto a termine, il quale richiede invece che tali ragioni vengano in concreto esplicitate e puntualmente motivate.

In proposito questa Corte, con la sentenza n. 1931/2011, ha affermato - e ritiene ora di ribadire - che, in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore ha imposto, attraverso la norma di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 368/2001, un onere di specificazione delle ragioni giustificatrici (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo) del termine apposto alla durata del contratto, ragioni che debbono essere sufficientemente particolareggiate così da rendere possibile la conoscenza della loro effettiva portata e il relativo controllo di effettività, dovendosi ritenere tale scelta in linea con la direttiva comunitaria 1999/70/CE e l'accordo quadro in essa trasfuso, come interpretati dalla Corte di Giustizia (sentenza del 23 aprile 2009, in causa C - 378/07 ed altre; sentenza del 22 novembre 2005, in causa C - 144/04).

E' invece fondato, e deve essere accolto, il terzo motivo di ricorso.

La Corte di merito, stabilendo che l'indennità prevista dall'art. 32 I. n. 183/2010 andasse a ristorare il pregiudizio sofferto dal lavoratore fino alla data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (con la condanna della società al pagamento delle retribuzioni per il periodo successivo), non si è invero attenuta al principio di diritto, per il quale "in tema di risarcimento del danno nei casi di conversione del contratto di lavoro a tempo determinato, l'indennità di cui all'art. 32, commi 5 e 7, della legge 4 novembre 2010, n. 183, come disciplinata dall'art. 1, comma 13, della legge 28 giugno 2012, n. 92, con norma di interpretazione autentica, ha carattere "forfetizzato" ed "onnicomprensivo" e, pertanto, ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto "intermedio", che decorre dalla scadenza del termine sino alla sentenza di conversione e non sino al deposito del ricorso introduttivo del giudizio (Corte cost., sentenza n. 303 del 2011)": Cass. n. 151/2015. L'impugnata sentenza della Corte di appello di Torino n. 134/2012 deve, pertanto, essere cassata in relazione al terzo motivo e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla stessa Corte in diversa composizione, la quale, uniformandosi al principio di diritto richiamato, provvederà a determinare l'indennità prevista dall'art. 32, co. 5, I. n. 183/2010, secondo i criteri indicati dalla norma, accertando l'esistenza di eventuali contratti o accordi collettivi ai sensi del comma 6 e facendo applicazione, ove necessario, delle disposizioni di natura processuale fissate nel comma 7 della medesima legge.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo e il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Torino in diversa composizione.