Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 maggio 2018, n. 11077

Agevolazioni fiscali - Credito di imposta - IRPEF - Art. 2, co.210, L. n. 662/1996 - Istanza di rimborso

Rilevato che

nella controversia concernente l'impugnazione da parte di P.P., dottore commercialista, del silenzio rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria all'istanza di rimborso delle imposte versate negli anni dal 1999 al 2002 (essendosi il contribuente avvalso delle agevolazioni fiscali, di cui all'art. 2, co.210, della legge n. 662/1996, consistenti nel possibile utilizzo di un credito di imposta pari al 50% dell'Irpef con il limite massimo di lire 5.000.000 per l'anno di inizio di attività e per i cinque anni successivi), la Commissione tributaria regionale della Campania, rigettando gli appelli proposti da entrambe le parti, confermava la prima decisione, favorevole al contribuente;

a seguito di ricorso per cassazione proposto dall'Agenzia delle entrate, questa Corte, con ordinanza n. 30488/2008 del 20 novembre 2008, cassava la predetta sentenza per difetto di motivazione;

riassunto il giudizio ad opera del contribuente, la Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava la richiesta di rimborso argomentando che, in assenza di una disciplina che disciplinasse i rapporti pregressi, il beneficio in parola, soppresso per mutate valutazioni del legislatore, non poteva continuare ad essere applicato a coloro che avevano già iniziato a usufruirne e che il principio di irretroattività della legge tributaria non poteva trovare applicazione trattandosi, nella specie, non di tributo ma di esenzione fiscale;

avverso la sentenza il contribuente ha proposto ricorso, su unico motivo;

l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375, secondo comma, e dell'art. 380 bis 1 cod. proc. civ., introdotti dall'art. 1bis del d.l. 31 agosto 2016 n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016 n. 197;

 

Considerato che

 

con l'unico motivo il ricorrente deduce la violazione dell'art. 2, c.210, della legge n. 448/1998, dell'art. 10 della legge n. 212/2000, dell'art. 11 delle preleggi al codice civile e dell'art. 3 della legge n. 212/2000 nonché l'illogicità della motivazione;

in particolare, il ricorrente -premesso di avere iniziato la propria attività professionale nell'anno 1997, di essersi avvalso delle agevolazioni previste dall'art. 2, co.216, della legge n. 662/1996 ma che aveva potuto beneficiare di tale agevolazione solo negli anni 1997 e 1998, poiché, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 3 della legge n. 448/1998, tale agevolazione era stata abrogata- deduce l'errore in cui sarebbe incorso il Giudice di merito, nel negare il chiesto rimborso, laddove la norma invocata riconosceva espressamente il diritto all'agevolazione per l'anno di inizio di attività e per i cinque anni successivi e la soluzione adottata dalla C.T.R. era in contrasto non solo con tale norma ma, anche, con il principio di collaborazione e buona fede sancito dallo Statuto del contribuente;

la censura è infondata;

la legge n. 662 del 1996, art. 2, commi da 210 a 213, ha introdotto un credito d'imposta per i contribuenti che avessero iniziato un'attività produttiva o professionale a decorrere dal 1/1/1997 nei territori previsti e per i cinque anni successivi;

la legge 23 dicembre 1998 n.448 ("Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo") all'art. 3, comma 11, ha abrogato i predetti commi da 210 a 213 della 662/1996, a far data del 1 gennaio 1999;

in materia, questa Corte (sentenza n. 8990/2013; ord. n. 909/2016) ha già avuto modo di statuire che, in virtù di tale abrogazione, il contribuente ha acquisito il diritto soggettivo a pagare l'Irpef e l'Irap nella misura ridotta per effetto del credito d'imposta, solamente per gli anni 1997 e 1998, mentre per gli anni d'imposta successivi, fin dall'anno 1999 (quindi già al momento del sorgere dell'obbligazione tributaria) il relativo credito d'imposta era già stato abrogato con la conseguenza che lo stesso non spetta perché soppresso per effetto di espressa abrogazione della norma istitutiva, senza che possa essere individuato alcun diritto soggettivo perfetto a godere dell'agevolazione in capo al contribuente;

inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, non può revocarsi in dubbio che il credito di imposta in oggetto, pur sorto per tutte le annualità successive con l'originaria legge istitutiva sia stato, successivamente, del tutto legittimamente abrogato in via retroattiva dalle legge n.448 del 23 dicembre 1998;

da un canto va, infatti, rilevato che, per costante orientamento di questa Corte (Cass. n. 696 del 16/01/2015; id. n.ri 1248 del 2014 e 4518 del 2014) le norme della legge 27 luglio 2000, n. 212, emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione e qualificate espressamente come principi generali dell'ordinamento tributario, sono idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell'Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell'ordinamento, criteri guida per il giudice nell'interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria e, conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse;

dall'altro, che, in fattispecie analoga alla presente, la Corte Costituzionale ha affermato che "il valore del legittimo affidamento non esclude che il legislatore possa assumere disposizioni che modifichino in senso sfavorevole agli interessati la disciplina dei rapporti giuridici anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, ma esige che ciò avvenga alla condizione che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica. Solo in presenza di posizioni giuridiche non adeguatamente consolidate, dunque, ovvero in seguito alla sopravvenienza di interessi pubblici che esigano interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente su di esse, ma sempre nei limiti (di proporzionalità) della proporzionalità dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti, è consentito alla legge di intervenire in senso sfavorevole su assetti regolatori precedentemente definiti" (cfr. Corte Cost. n. 149/2017, paragrafo 9 del "considerato"); mentre -per quanto possa rilevare nella misura in cui la materia sia regolata da norme eurounitarie- anche la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, occupandosi del concetto di legittimo affidamento, ha affermato che lo stesso, per quanto sia un principio fondamentale dell'ordinamento dell'Unione non si traduce nella aspettativa di intangibilità di una normativa, in particolare in settori in cui è necessario, e di conseguenza ragionevolmente prevedibile, che le norme in vigore vengano continuamente adeguate alle variazioni della congiuntura economica (Corte Giust. Sentenza del 23.11.1999, in C-149/96) e che di conseguenza, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie (v.sentenza 15 luglio 1982, causa 245/81 Edekam race 1982 pag.2745, punto 27; sentenza 28 ottobre 1982, causa 52/81, Faust, race 1987, 3745, punto 27; sentenza 17 giugno 1987, cause riunite 424 e 425/85, Frico, Race,1979, pag.2755, punto 33) (v.Corte di Giustizia caso C-350/88);

alla luce delle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso;

la novità della soluzione giurisprudenziale rispetto alla data di proposizione del ricorso induce a compensare integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito e di questo giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.