Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 aprile 2017, n. 10112

Tributi - Credito d'imposta ex art. 8 della Legge n. 388/2000 - Recupero - Bene non strumentale - Credito inesistente

 

Esposizione delle ragioni in fatto ed in diritto della decisione

 

1. La società P. s.r.l. impugnava l'avviso di recupero, notificato il 26.3.2009 con cui era stato recuperato a tassazione un credito d'imposta ex articolo 8 della legge 388/2000 utilizzato in compensazione negli anni dal 2002 al 2005. La Commissione Tributaria Provinciale di Sassari respingeva il ricorso. Proposto appello da parte della contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, sezione staccata di Sassari, lo rigettava sul rilievo che si trattava di bene non strumentale e che ulteriori rilievi afferenti compensazioni relative all'anno di imposta 2002 erano inammissibili in quanto non proposte innanzi al giudice di primo grado.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a tre motivi L'Agenzia delle entrate è costituita in giudizio con controricorso.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 4, cod. proc. civ., in relazione all'art. 112 cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR ha omesso di pronunciarsi in ordine alla rilevata decadenza in cui era incorso l'ufficio in quanto non era applicabile la disciplina di cui all'art. 27, comma 16, del d.l. 185/2008, convertito dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2, ma l'articolo 43 del d.p.r. numero 600/73, posto che si trattava non già di "crediti inesistenti", cui si applicava il termine di otto anni previsto per l'accertamento dall'art. 27 citato, ma di " crediti non spettanti", cui si applicava il termine di quattro anni previsto dall'articolo 43 del d.p.r. numero 600/73.

4. Con il secondo motivo deduce omessa motivazione, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ., in quanto, anche qualora si ritenesse che la CTR abbia implicitamente rigettato il motivo d'appello riguardante la decadenza in cui era incorse l'ufficio, nella sentenza non era esplicitato il percorso logico-giuridico che aveva indotto alla decisione.

5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all'art. 57 d. Igs. 546/92. Sostiene che nel giudizio di appello non è stata introdotta una domanda nuova laddove è stata evidenziata la violazione dell'art. 27, comma 19 del d.l. 185/2008, convertito dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2 (in caso di mancato pagamento entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 ) poiché il richiamo di tale disposizione di legge costituiva mera specificazione della domanda originariamente proposta volta ad eccepire l'intervenuta decadenza dell'ufficio in ordine alle compensazioni effettuate nel 2002 e nel 2003.

6. Preliminarmente rileva la Corte che il controricorso risulta tardivo, giusta l'art. 370 cod. proc. civ., in quanto è stato notificato alla contribuente il 9.5.2013 laddove il ricorso principale è stato notificato all'agenzia delle entrate il 7.3.2013.

7. In ordine al primo motivo di ricorso, mette conto considerare che, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell'art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l'inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. n. 2313 del 01/02/2010 ). Ciò posto, esaminando la questione oggetto della omessa pronuncia, il rilievo è infondato. Invero l'art. 1, comma 421, della legge n. 311 del 30 dicembre 2004 prevede " ... per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, l'Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall'articolo 60 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 ". E l'articolo 27, comma 16, del decreto-legge 185/2008, convertito dalla legge numero 2/2009 prevede "... l'atto di cui all'articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo ". La contribuente sostiene che la norma citata non può trovare applicazione e si deve, invece, applicare l'articolo 43 del d.p.r. numero 600/73, che prevede il termine decadenziale di quattro anni decorrente dal 31 dicembre dell'anno in cui è stata presentata la dichiarazione, in quanto di tratterebbe non di " crediti inesistenti " ma di " crediti non spettanti ". Sennonché la distinzione basata sulla diversa definizione terminologica del credito d'imposta, oltre a non avere base normativa, si appalesa speciosa in quanto la ratio della norma di cui all'articolo 27, comma 16, del decreto-legge 185/2008, convertito dalla legge numero 2/2009, che prevede il termine di otto anni per il recupero dell'imposta, è volta a consentire all'ufficio di compiere gli accertamenti, talvolta complessi, riguardanti la natura dell'investimento che ha generato il credito di imposta. Dunque, ogniqualvolta il credito derivante dall'operato investimento non sussiste, per ciò solo deve ritenersi inesistente nel senso precisato dalla norma. Va rilevato, poi, che la risoluzione dell'agenzia delle entrate n. 452/E del 27.11.2008, richiamata dall'appellante a sostegno del proprio assunto nel giudizio di appello, definisce " non spettanti" i crediti utilizzati in compensazione in misura superiore al limite stabilito dalla legge, ma comunque esistenti mentre, nel caso di specie il credito si appalesava inesistente sia perché relativo all'acquisto di un bene riconosciuto non strumentale sia perché esso era stato acquistato in epoca antecedente all'entrata in vigore della norma agevolativa.

8. Il secondo motivo rimane assorbito.

9. Il terzo motivo è infondato. Invero la contribuente, invocando la violazione dell'art. 27, comma 19, del d.l. 185/2008, convertito dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2 si è doluta, con l'appello, della illegittimità del titolo esecutivo in ragione del fatto che il ruolo utilizzato, in luogo di quello straordinario, era il ruolo ordinario. Tale domanda si appalesa diversa da quella formulata in relazione alla decadenza in cui sarebbe incorso l'ufficio e, dunque, legittimamente la CTR ne ha dichiarato l'inammissibilità.

10. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l'art. 13, comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all'Agenzia delle Entrate le spese processuali, che liquida in euro 6.000, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.