Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 aprile 2017, n. 9814

Accertamento - Importazione di prodotti ortofrutticoli - Pagamento dazio - Mancato versamento

 

Premesso che

 

- la contribuente, C. Spa, ricorre contro la decisione della CTR della Liguria in epigrafe assumendo:

a) (primo motivo) la violazione dell'art. 5, par. 4, del reg. n. 3223/94/CE per aver il giudice d'appello ritenuto - con riguardo al pagamento del dazio per l'importazione di prodotti ortofrutticoli - legittima la ripresa dell'Agenzia del maggiore dazio per il mancato versamento della prescritta cauzione e la tardiva prova della veridicità del prezzo di smercio, nonché (secondo motivo) omessa motivazione per non aver considerato la documentazione depositata comprovante la correttezza dei prezzi dichiarati;

b) (terzo motivo) la violazione dell'art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000 per essere stato notificato il verbale di revisione di accertamento unitamente agli avvisi di rettifica, senza il rispetto del termine dilatorio di 60 giorni;

c) (quarto motivo) la violazione dell'art. 7 della I. n. 212 del 2000 e dell'art. 11, comma 5 bis, d.lgs. n. 374 del 1990 per aver omesso l'Amministrazione doganale nei provvedimenti di rettifica ogni specificazione in ordine al titolo dell'obbligazione vantata;

 

Considerato, quanto alle prime due doglianze, che

 

- l'art. 5 del reg. n. 3223/94/CE, nel caso di importazioni nella Comunità di prodotti elencati nell'allegato A, rimette all'importatore la possibilità di optare, ai fini del regime daziario, tra: 1) il prezzo fob ("free on board") dei prodotti nel paese d'origine, maggiorato delle spese di assicurazione e di trasporto sino alle frontiere del territorio doganale della Comunità, quando tali prezzi e tali spese siano noti alla data della dichiarazione in dogana dei prodotti; 2) il valore in dogana calcolato in conformità all'art. 30, n. 2, lett. c), del codice doganale comunitario, ossia al valore ottenuto sulla base del prezzo unitario al quale i prodotti importati o prodotti identici o simili sono venduti nella Comunità; 3) il valore forfettario all'importazione, determinato dalla Commissione e applicabile al prodotto e all'origine presi in considerazione;

- con riguardo alle prime due ipotesi (nella prima quando il prezzo di entrata superi dell'8% il valore forfettario), l'importatore è tenuto a costituire la cauzione di cui all'art. 248, paragrafo 1, del reg. n. 2454/1993/CEE; secondo l'art. 5, par. 2, del reg. cit., l'importatore "dispone di un termine di un mese a decorrere dalla vendita dei prodotti di cui trattasi, nel limite di un termine di quattro mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica, per fornire la prova che la partita è stata smerciata in condizioni tali da confermare la realtà dei prezzi" e "in caso d'inosservanza di uno dei due termini suddetti la cauzione costituita viene incamerata

 

Ritenuto che

 

- il reg. n. 3223/94 al "terzo considerando" precisa che "la fornitura della maggior parte degli ortofrutticoli deperibili indicati nell'allegato del presente regolamento viene effettuata in base al regime commerciale della vendita in consegna, il che solleva particolari difficoltà per la determinazione del loro valore" (v. anche Corte di Giustizia, sentenza 16 gennaio 2003, Capespan International Pie, C-422/00);

- il legislatore comunitario, a fronte della varietà e difficoltà della determinazione dei prezzi (per prodotti tanto deperibili) e all'usuale modalità di deposito della merce prima della vendita, ha rimesso all'importatore la scelta della classificazione tariffaria, ancorando, tuttavia, tale scelta al parametro del cd. valore forfettario, ossia del prezzo medio determinato alla stregua delle rilevazioni giornaliere operate dalla Commissione, con un meccanismo di versamento provvisorio dell'inferiore dazio prescelto dall'importatore e il deposito di una cauzione pari alla differenza tra i due valori, destinata ad essere svincolata ove l'importatore dimostri, entro un determinato termine, la veridicità del prezzo praticato;

- la finalità perseguita da tale regolamentazione è, dunque, quella, da un lato, di evitare che la commercializzazione (e l'immissione in libera circolazione) di prodotti tanto deperibili non subisca ritardi ingiustificati e che l'importatore non venga inutilmente gravato di eccessivi oneri; dall'altro, che non siano immessi prodotti a prezzi tanto differenti da quelli medi, sì da determinare distorsioni sul mercato comunitario;

- l'inosservanza degli obblighi posti all'importatore (la mancata prova della veridicità del prezzo di smercio; il mancato rispetto dei termini prefissati per fornire tale prova, suscettibili in forza dell'art. 5, par. 3 di una limitata proroga "su richiesta debitamente motivata") è sanzionata con l'incameramento della cauzione;

- occorre tuttavia distinguere tra le due ipotesi: nel caso in cui non sia stata fornita la prova (art. 5, par. 2, secondo capoverso) "la cauzione viene incamerata a titolo di pagamento dei dazi d'importazione", sicché è l'obbligazione doganale che si consolida nella misura del valore forfettario;

- invece in caso di inosservanza termini per fornire la prova la norma (art. 5, par. 2, primo punto, ultimo periodo) prevede solo che "la cauzione costituita viene incamerata", assumendo, quindi, una valenza esclusivamente sanzionatoria per l'inottemperanza all'obbligo posto a presidio non solo dell'obbligo di importazione ma anche dell'obbligo di presentare la prova dell'utilizzazione del titolo entro un certo termine (sulla natura sanzionatoria v. Corte di Giustizia, sentenza 18 luglio 2013, Martini Spa, C-211/12; Corte di Giustizia, sentenza 16 luglio 1998, Kyritzer Stärke GmbH, C- 287/96, che, in relazione ad una disposizione di analogo contenuto, ha ritenuto valida la sanzione per il ritardo atteso che "la fissazione di un termine oltre il quale la mancata presentazione della prova richiesta è considerata come violazione dell'obbligo è necessaria per ovviare agli inconvenienti che comporterebbe il prolungamento indefinito di una situazione d'incertezza riguardo allo stato della cauzione costituita");

- è poi irrilevante il mancato versamento della prescritta cauzione, atteso che, ai sensi dell'art. 5, par. 4, cit., qualora "non siano rispettate le condizioni del presente articolo", l'Ufficio, nel quadro dei controlli a posteriori, deve procedere al recupero dei dazi dovuti avvalendosi della procedura di cui all'art. 220 del codice doganale;

- né è pertinente il richiamo alla decisione della Corte di Giustizia, 8 maggio 2008, Ecotrade, C-95/07 e C-96/07, (e alla successive sentenze 9 febbraio 2017, Euro Tyre BV, C-21/16; 20 ottobre 2016, Plock, C-24/15) che attiene "all'inosservanza degli obblighi derivanti dalle formalità introdotte dalla normativa nazionale" in applicazione della disciplina comunitaria e, in ¡specie, "degli obblighi contabili e di dichiarazione risultanti, rispettivamente, dal detto art. 22, nn. 2 e 4", della sesta direttiva, con diniego del diritto a detrazione dell'IVA, venendo ivi in rilievo l'inosservanza di obblighi meramente formali introdotti dalla disciplina nazionale, mentre, nella vicenda in esame, viene in rilievo il contenuto sostanziale dell'obbligazione doganale e la violazione degli obblighi posti a suo presidio;

- va pertanto affermato il seguente principio:

"in tema di dazi all'importazione di prodotti ortofrutticoli disciplinati dal regolamento n. 3223/94/CE, l'importatore può scegliere, previa costituzione di cauzione, un minor valore tra quelli indicati dalla norma in luogo di quello forfettario purché dimostri la veridicità del successivo prezzo di smercio, la cui prova deve essere fornita nei termini di cui dall'art. 5, par. 2, reg. cit., pena l'incameramento della cauzione a titolo di sanzione"; ritenuto, quanto alle ulteriori doglianze, che:

- in tema di avvisi di rettifica in materia doganale "è inapplicabile l'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, operando in tale ambito lo jus speciale di cui all'art. 11 del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374, nel testo utilizzabile ratione temporis, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all'impugnazione in giudizio del suddetto avviso" (si veda Cass. n. 15032 del 2014, rv. 631845);

- quanto al dedotto vizio di motivazione dell'atto di rettifica la doglianza è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo il contribuente riprodotto l'atto contestato, da cui evincere l'asserita mancanza;

 

Ritenuto pertanto che

 

- il ricorso va respinto e le spese di questo giudizio regolate per soccombenza, ponendosi a carico del ricorrente anche l'obbligo di versare l'ulteriore importo per contributo unificato ex art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/2002

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.