Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 novembre 2017, n. 27118
Pensione di anzianità - Requisito minimo di contribuzione - Certificazione Inps attestante il possesso dei requisiti contributivi -Dimissioni - Risarcimento del danno a carico dell’Inps - Retribuzioni perse nel periodo intercorso tra le dimissioni e la maturazione del diritto a pensione - Lettura dell’estratto conto contributivo non agevole - Ingannevole il dato riportato
Rilevato
che I.M.L. (bracciante agricola) presentava (17.5.2004) domanda di pensione di anzianità, che era respinta per mancanza del requisito minimo di contribuzione (1820 settimane);
che assumendo di essersi dimessa dal lavoro a seguito di certificazione Inps, attestante invece il possesso dei requisiti contributivi (24.2.2004), la medesima chiedeva la condanna dell'istituto al risarcimento del danno; che accolta la domanda, proposto appello dall'Inps - che era stato condannato al pagamento della somma complessiva di € 25.000 - la Corte d'appello di Torino (sentenza 1.8.2011) respingeva l'impugnazione; che la Corte rilevava che la certificazione era stata rilasciata ai sensi dell'art. 54 della legge n. 88 del 1989 e che tuttavia, pur priva di errori tecnici, non era stata abbastanza chiara da essere comprensibile a persona di basso livello culturale e che, pertanto, era apparso giustificato il fraintendimento del suo contenuto, con conseguente obbligo risarcitorio dell'Inps;
che il danno veniva determinato in base all'imponibile risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'anno precedente alla domanda di pensionamento e commisurato alle retribuzioni perse nel periodo intercorso tra le dimissioni e la maturazione del diritto a pensione, nonché al minor importo pensionistico derivante dal mancato pagamento della contribuzione per lo stesso periodo;
che propone ricorso l'Inps con tre motivi, al cui accoglimento si oppone la I. con controricorso, illustrato da memoria;
Considerato
a) che col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1226, 1227 e 2697 cod. civ., oltre che per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., l'Inps contesta la decisione della Corte di merito di riconoscere l'esistenza di una duplice voce di danno da agganciarsi sia alla mancata percezione del reddito da lavoro di bracciante agricola da parte della I., nel periodo compreso tra le dimissioni (1° aprile 2004) e la percezione della pensione di vecchiaia (1.10.2006), sia alla decurtazione del trattamento pensionistico di vecchiaia in conseguenza della mancata contribuzione nel suddetto lasso temporale;
b) che la controparte non aveva allegato e dimostrato di essersi attivata per il reperimento di un lavoro nell'arco di oltre due anni che le mancavano per il raggiungimento dell'età pensionabile, onde poter fruire di un reddito per il proprio sostentamento e che la medesima non aveva nemmeno ritenuto utile richiedere il versamento della contribuzione volontaria al duplice fine di accedere al pensionamento di anzianità e di aumentare il monte contributivo sul quale sarebbe stato calcolato l'importo del trattamento pensionistico di anzianità o di vecchiaia;
che un tale comportamento avrebbe dovuto essere considerato dai giudici di merito ai fini della determinazione dei danni che la controparte non si era preoccupata di contenere, delineandosi una responsabilità della creditrice per sua inerzia ai sensi dell'art. 1227 c.c.;
c) che col secondo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1226, 1227 e 2697 cod. civ., nonché per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., l'Inps contesta che i giudici di merito, nel riconoscere la voce di danno dovuto a decurtazione della pensione per omesso versamento contributivo, hanno finito per accogliere la relativa domanda sulla base di mere assunzioni connesse all'età della ricorrente, all'importo del trattamento di vecchiaia fruito dall'1.10.2006 e all'incidenza dei contributi non versati (circostanza ignota);
d) che col terzo motivo, formulato per violazione dell'art. 112 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.), il ricorrente si duole che la Corte territoriale ha omesso di pronunziarsi in ordine al motivo concernente la lamentata incongruenza della decorrenza degli interessi legali, in quanto in sede di gravame si era fatto presente che, pur a fronte della domanda con la quale erano stati reclamati gli interessi a decorrere dall'1.5.2004 in relazione al periodo 1.5.04 - 1.10.06 per il quale era stato richiesto il risarcimento dei danni, il primo giudice aveva anticipato il diritto agli accessori all'1.4.2004, mentre questi ultimi avrebbero dovuto essere fatti decorrere dal momento della messa in mora;
e) che i primi due motivi del ricorso, che per ragioni di evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati; che, invero, la Corte d'appello ha posto bene in evidenza, con motivazione adeguata ed esente da rilievi di legittimità, che dagli atti e dai documenti risultava pacificamente provato che in data 24.2.2004 l'Inps aveva trasmesso alla I. certificazione del conto assicurativo, ai sensi dell'art. 54 della legge n. 88/1989, attestante il numero complessivo dei contributi utili per il diritto a pensione, unitamente all'estratto conto analitico dei periodi contributivi registrati negli archivi dell'ente, ma che la lettura di tali documenti non era risultata agevole, prestandosi ad un'interpretazione equivoca in quanto era apparso ingannevole il dato riportato nella seconda colonna, intitolata "requisito contributivo in alternativa all'età", di 2132 settimane, superiore a quello legislativamente previsto di 2080 settimane anche a voler sottrarre la contribuzione figurativa di 26 settimane concernente la "disoccupazione" e che a disposizione di chi leggeva non vi era alcuna nota idonea a chiarire l'inutilizzabilità della contribuzione figurativa, tale da evidenziare l'imprescindibilità del requisito dei 35 anni di effettiva contribuzione;
f) che, secondo la stessa Corte di merito, la comunicazione dell'Inps non si limitava a fornire l'indicazione a proposito del numero dei contributi accreditati, ma si spingeva per ben due volte a definire detti contributi come "utili per il diritto a pensione" (così nella nota di accompagnamento del 24.2.2004), ovvero "utili per il raggiungimento del requisito contributivo" (così nella comunicazione certificativa della stessa data), per cui si ravvisavano i presupposti atti a creare un indebito affidamento nella destinataria ed il conseguente nesso causale tra l'errore così determinato e le dimissioni dell'I.;
g) che questa Corte (Cass. sez. lav. n. 21454 del 19.9.2013) ha già avuto occasione di affermare che "nell'ipotesi in cui l'I.N.P.S. abbia fornito all'assicurato, mediante il rilascio di estratti-conto assicurativi, contenenti risultanze di archivio e pur se privi di sottoscrizione, una erronea indicazione (in eccesso) del numero dei contributi versati, solo apparentemente sufficienti a fruire di pensione di anzianità, il danno sofferto dall'interessato per la successiva interruzione del rapporto di lavoro per dimissioni e del versamento dei contributi, è riconducibile non già a responsabilità extracontrattuale, ma contrattuale, in quanto fondata sull'inadempimento dell'obbligo legale gravante su enti pubblici dotati di poteri di indagine e certificazione, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all'art. 97 Cost.), di non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi al conseguimento di beni essenziali della vita (quali quelli garantiti dall'art. 38 Cost.), fornendo informazioni errate o anche dichiaratamente approssimative, pur se contenute in documenti privi di valore certificativo;
h) che, inoltre, dall'impugnata sentenza non risulta che l'istituto si era fatto carico di provare che la creditrice avrebbe potuto evitare l'aggravamento del danno, di cui aveva chiesto il risarcimento, usando l'ordinaria diligenza;
i) che si è, infatti, statuito (Cass. sez. 3, n. 15750 del 27.7.2015) che "in tema di concorso del fatto colposo del creditore, previsto dall'art. 1227, comma 2, c.c., al giudice del merito è consentito svolgere l'indagine in ordine all'omesso uso dell'ordinaria diligenza da parte del creditore solo se sul punto vi sia stata espressa istanza del debitore, la cui richiesta integra gli estremi di una eccezione in senso proprio, dato che il dedotto comportamento che la legge esige dal creditore costituisce autonomo dovere giuridico, espressione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede. Il debitore deve inoltre fornire la prova che il creditore avrebbe potuto evitare i danni, di cui chiede il risarcimento, usando l'ordinaria diligenza";
I) che è altresì infondata la contestazione in merito alla determinazione del danno, posto che la Corte di merito ha mostrato di aver fatto buon governo dei suoi poteri, avendo tenuto conto del parametro certo ed oggettivo dell'imponibile risultante dalla dichiarazione dei redditi per l'anno precedente a quello in cui era stata presentata la domanda di pensionamento, commisurata al tempo intercorso dalle dimissioni alla maturazione della pensione, oltre che del mancato raggiungimento di un tetto contributivo superiore correlato al medesimo periodo di tempo in cui non era stata più esercitata attività lavorativa;
che si è, infatti, affermato (Cass. sez. lav. n. 1104 del 24.1.2003) che "il lavoratore indotto alle dimissioni da colpevole comportamento dell'INPS, che gli abbia erroneamente comunicato il perfezionamento del requisito contributivo per il conseguimento della pensione di anzianità, ha diritto al risarcimento del danno in un importo commisurabile a quello delle retribuzioni perdute fra la data della cessazione del rapporto di lavoro e quella dell'effettivo conseguimento della detta pensione, in forza del completamento del periodo di contribuzione a tal fine necessario, ottenuto col versamento di contributi volontari, da sommarsi a quelli obbligatori anteriormente accreditati" (in senso conf. v. Cass. sez. lav. n. 19340 del 17.12.2003);
m) che, pertanto, i primi due motivi vanno rigettati;
n) che è, invece, fondato il terzo motivo in quanto la I. aveva chiesto il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno per il periodo 1.5.2004 - 1.10.2006, per cui non è effettivamente dato comprendere per quale ragione la Corte di merito ha confermato la decisione di prime cure attraverso la quale la decorrenza degli interessi legali era stata individuata nella data antecedente del 1° aprile 2004, quando in ogni caso la stessa non avrebbe potuto essere mai fissata in un mese precedente a quello indicato nella domanda di risarcimento; né in ciò è ravvisabile un semplice errore materiale, come dedotto dall'odierna controricorrente, non intravedendosi al riguardo alcun contrasto tra motivazione e dispositivo che possa indurre a far ritenere sussistente un tale tipo di errore; o) che, pertanto, il terzo motivo va accolto e la sentenza impugnata va cassata solo in relazione a tale censura;
p) che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, co. 2°, c.p.c., con fissazione della decorrenza degli interessi legali dal 1° maggio 2004, data iniziale del periodo di richiesta di risarcimento del danno;
q) che le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico dell'inps in base al principio della soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta i primi due motivi, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, fissa la decorrenza degli interessi legali dal 1°/5/2004. Condanna l'Inps al pagamento delle spese nella misura di € 2700,00, di cui € 2500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.