Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 novembre 2017, n. 27010
Nullità del termine - Eccezionale carico di lavoro - Prova della circostanza - Conversione del rapporto - Onere di specificazione delle ragioni giustificatrici, sufficientemente particolareggiate - Rendere possibile la loro conoscenza e il relativo controllo di effettività
Rilevato
che, con sentenza del 9.12.2015, la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto intercorso tra S.F.R. e Equitalia Sud spa per il periodo dal 1.9.2008 al 31.12.2008 rilevando che la società non aveva dimostrato che la lavoratrice fosse stata coinvolta o avesse svolto attività collegata all' "eccezionale carico di lavoro rapportato alla gestione quotidiana di monitoraggio degli incarichi ai legali ed alle udienze presso i Tribunali di riferimento nonché a tutta la preparazione relativa alla documentazione degli interventi" (causale del contratto), non mancando di osservare che era emersa quale circostanza non contestata ex adverso che la lavoratrice era stata assegnata presso altri uffici, il che comprovava ulteriormente l'assenza di eccezionale carico di lavoro presso l'ufficio cui era stata adibita; che all'accertata nullità del termine ed alla conversione del rapporto a tempo indeterminato seguiva la condanna della appellata al pagamento di un'indennità omnicomprensiva pari a 5 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori;
che di tale pronuncia Equitalia Sud Spa ha chiesto la cassazione, affidando l"impugnazione ad unico motivo, al quale ha opposto difese la S., con controricorso;
che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio;
Considerato
1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;
2. che viene denunziata violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro, assumendosi che non rileva ai fini considerati l'eccezionalità dell'esigenza posta a fondamento dell'assunzione a termine e che, con la modifica legislativa dell'art. 1 del D. lgs 368/01 recata dall'art. 21 comma 1 D. L. 25.6.2008 n. 112, conv. con modificazioni dalla legge 133/2008, è stato previsto che le ragioni giustificative del termine possano riferirsi anche all'ordinaria attività del datore di lavoro e che, in ogni caso, le difese erano state correlate alle deduzioni della lavoratrice relative all'asserito calo dei pignoramenti e interventi di terzo;
3. che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
4. che, infatti, la interpretazione della normativa in materia porta ad escludere che sussista una sostanziale fungibilità fra il contratto a termine ed il contratto a tempo indeterminato e che il contenuto dello stesso si esaurisca nella dimostrazione di una ragione né arbitraria, né illecita, che, comunque, renda preferibile l'assunzione con contratto a termine, indipendentemente dalla puntuale specificazione di circostanze precise e concrete che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze imprenditoriali, nell'ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione di lavoro a tempo determinato;
che, invero, è principio consolidato presso questa Suprema Corte (Cass. Sez. Lav. n. 1931/2011; n. 10033/2010, da ultimo, v. 1552/2017) che, in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore ha imposto, con l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 368 del 2001, un onere di specificazione delle ragioni giustificatrici "di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo" del termine finale, che debbono essere sufficientemente particolareggiate così da rendere possibile la conoscenza della loro effettiva portata e il relativo controllo di effettività, dovendosi ritenere tale scelta in linea con la direttiva comunitaria 1999/70/CE e dell'accordo quadro in esso trasfuso, come interpretata dalla Corte di Giustizia, la cui disciplina non è limitata al solo fenomeno della reiterazione dei contratti a termine ma si estende a tutti i lavoratori subordinati con rapporto a termine indipendentemente dal numero di contratti stipulati dagli stessi, rispetto ai quali la clausola 8 n.3 (cosiddetta clausola di non regresso) dell'accordo quadro prevede - allo scopo di impedire ingiustificati arretramenti di tutela nella ricerca di un difficile equilibrio tra esigenze di armonizzazione dei sistemi sociali nazionali, flessibilità del rapporto di lavoro e sicurezza per i lavoratori - che l'applicazione della direttiva "non costituisce un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori dell'ambito coperto dall'accordo;
5. che a diverse conclusioni non è possibile pervenire a seguito dell'integrazione apportata all'originario testo del D.Lgs. n. 368, art. 1, dalla L. n. 133 del 2008, art. 21, con la precisazione che la clausola di durata è apponibile anche quando le ragioni che ne costituiscono il fondamento sono "riferibili all'ordinaria attività del datore di lavoro", dal momento che la norma vale ad escludere che l'apposizione del termine sia consentita solo in presenza di circostanze connotate da eccezionalità ed imprevedibilità, e non anche di ragioni riferibili all'ordinaria e fisiologica attività dell'impresa, ferma restando la necessità che queste ultime evidenzino esigenze aziendali, puntualmente specificate nel contratto di assunzione, che possono essere soddisfatte, sulla base di criteri di normalità tecnico - organizzativa, con il ricorso alla clausola di durata, piuttosto che con l'ordinario contratto di lavoro;
6. che in tal contesto, rilievo centrale assume l'obbligo della motivazione dell'assunzione a termine, che, a differenza di quanto avveniva con la disciplina previgente, si estende anche all'individuazione ed espressa enunciazione delle relative ragioni giustificatrici, con la previsione di un onere probatorio a carico del datore di lavoro, che, per essere funzionale ad assicurare la trasparenza e veridicità dell'opzione contrattuale, non può risolversi in formule pleonastiche o puramente ripetitive degli enunciati legali e contrattuali;
7. che la decisione si sviluppa sulla ritenuta mancata adibizione della S. al lavoro di monitoraggio degli incarichi e delle udienze presso i Tribunali di riferimento, nonché alla predisposizione della documentazione per gli interventi cui era stata destinata, e sulla mancata dimostrazione dell'eccezionale carico di lavoro presso il relativo ufficio che era stato posto a fondamento dell'assunzione a termine;
8. che, anche a volere ritenere possibile l'adibizione, sulla base di scelte imprenditoriali non sindacabili, ad uffici diversi, in ogni caso sarebbe dovuto essere oggetto di dimostrazione da parte del datore di lavoro anche la correlazione di tale adibizione, adeguatamente esplicitata in causale, con l'incremento di attività dell'ufficio di destinazione interessato da eccezionale carico di lavoro, non fronteggiabile da altri lavoratori;
9. che della assenza di una prova di tale correlazione è stato correttamente dato atto nella decisione impugnata, che, pertanto, si pone in linea con i principi enunciati e non si espone ai rilievi formulati nel ricorso per cassazione dalla società:
10. che, in conclusione, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell'art. 375, n. 5, cod. proc. civ.;
11. che le spese del presente giudizio vanno regolate come da dispositivo;
12. che sussistono le condizioni di cui all'art. 13, comma 1 quater, dPR 115 del 2002;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'art.13, comma1bis, del citato D.P.R..