Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 novembre 2017, n. 26384

Avviso di addebito - Contributi previdenziali e assistenziali nella Gestione commercianti - Socio accomandatario - Attività di mera gestione di immobili di proprietà - Rileva

 

Rilevato

 

che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Genova, per quanto in questa sede interessa, confermava la decisione di primo grado che aveva rigettato l'opposizione avanzata da D.F.E., in persona delle procuratrici D.F.P., D.F.P., avverso l'avviso di addebito con la quale gli era stato intimato il pagamento della somma di € 11.311,24 a titolo di contributi previdenziali e assistenziali nella gestione commercianti per gli anni 2006 - 2010, alla quale era stato iscritto d'ufficio stante il suo ruolo di socio accomandatario della C. O. di N. di D.F.E. s.a.s.;

che la Corte territoriale aveva fondato la decisione sul rilievo che era irrilevante la circostanza che la società fosse stata dedita unicamente alla gestione di immobili di sua proprietà, poiché anche tale gestione, peraltro di non trascurabile entità in ragione dei ricavi risultanti, si sarebbe risolta in attività commerciale;

che per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso M.P.D.F. e P.D.F. quali eredi del defunto E.D.F. sulla base di un unico motivo;

che le controparti hanno resistito con controricorso, con il quale hanno preliminarmente dedotto l'inammissibilità del ricorso per cassazione, per essere stata notificata copia priva delle pagine pari della stessa, rendendo impossibile qualsiasi difesa;

che con ordinanza interlocutoria n. 1986/2017 del 25/1/1917 questa Corte, preso atto dell'enunciato di SU n. 18121 del 2016, ha disposto la nuova notifica di una copia integrale del ricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata;

 

Considerato

 

che con il primo motivo le ricorrenti deducono, ai sensi degli artt. 360, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 1 c. 203 I. 662/1996 e contestuale violazione e falsa applicazione dell'art. 132 n. 4 e dell'art. 421 c.p.c., rilevando che l'attività svolta dalla società era di mera gestione immobiliare consistente nella locazione di immobili di proprietà e non vi era prova che il D.F. l'avesse svolta personalmente con caratteri di abitualità e prevalenza;

che il motivo è fondato alla luce del principio già espresso da questa Corte secondo cui la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà ed a percepire i relativi canoni di locazione non espleta un'attività commerciale ai fini previdenziali a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l'attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145 dell'11 febbraio 2013 e ribadito di recente in Cass. n. 17643 del 6 settembre 2016). Non risulta, infatti, che negli anni in contestazione la società abbia svolto attività differente dalla mera gestione del patrimonio immobiliare mediante concessione in locazione;

che giova ribadire in questa sede il principio enunciato da Cass. n. 27376 del 29/12/2016: <In tema di iscrizione alla gestione commercianti ai fini previdenziali, va escluso lo svolgimento di attività commerciale, che ne costituisce il presupposto, nel caso di una società di persone che eserciti un'attività limitata alla locazione di immobili di sua proprietà ed alla riscossione dei relativi canoni, a meno che la stessa non s'inserisca in una più ampia prestazione di servizi quale l'attività di intermediazione immobiliare>;

che, alla luce di quanto esposto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va accolto, l'impugnata sentenza va cassata con decisione nel merito - ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto - con l'annullamento dei ruoli e delle cartelle opposte;

che le spese relative ai gradi di merito vanno compensate tra le parti in ragione del recente consolidarsi del principio richiamato, mentre quelle relative al presente giudizio sono liquidate secondo soccombenza;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie l'originario ricorso. Dichiara compensate le spese relative ai gradi di merito e condanna l’INPS alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi euro 1.500,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.