Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 aprile 2018, n. 8423

Recupero crediti previdenziali evasi - Lavori edili svolti in economia - Estinzione del giudizio

 

Fatti di causa

 

Con sentenza n. 894/2012 la Corte d'Appello di Campobasso, in riforma della sentenza impugnata, ed in applicazione dell'articolo 38 comma primo lettera a) del decreto-legge 98/2011 convertito in legge 111 del 2011, dichiarava estinto il giudizio di opposizione a cartella esattoriale, notificata ad istanza dell'Inps, con la quale veniva ingiunto a F.F. il pagamento di euro 445,92, a titolo di recupero crediti previdenziali asseritamente evasi, in relazione a lavori edili svolti in economia presso il cantiere di cui era proprietario la moglie del ricorrente.

A fondamento della sentenza la Corte rilevava che ricorressero tutte le condizioni prescritte dalla norma citata per dichiarare l'estinzione del giudizio; trattandosi di processo in materia previdenziale, il cui valore non superava i 500 euro, ancora pendente in primo grado alla data del 31/12/2010, per il quale dunque alla medesima data non era ancora intervenuta sentenza; talché a norma della citata disposizione doveva esserne dichiarata anche d'ufficio l'estinzione e con detta declaratoria riconosciuta la pretesa economica in favore del ricorrente.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Inps con un motivo, mentre F.F. è rimasto intimato.

 

Ragioni della decisione

 

1. - Con l'unico motivo di ricorso l'Inps deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 38, comma 1, lettera a) del decreto-legge 6 luglio 2011 numero 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, numero 211; sostenendo con una prima censura che la declaratoria di estinzione del giudizio non poteva che essere dichiarata dal giudice di primo grado, essendo la norma entrata in vigore il 6 luglio 2011 e la causa decisa dal tribunale all'udienza del 1 febbraio 2011, talché la parte soccombente doveva proporre appello sul punto ed in mancanza di esso il collegio di secondo grado non aveva il potere di applicare d'ufficio tale norma.

Con una seconda censura l'Inps sostiene che la norma non si applica a tutti i processi previdenziali tout court ed in particolare a quelli relativi al pagamento di obblighi contributivi da parte dei datori di lavoro o di lavoratori autonomi, bensì solo a quelli ove si discute del diritto di una parte ad avere una prestazione previdenziale.

2. - La prima censura è infondata in quanto la legge prevede che l'estinzione dei processi (della cui identificazione si dirà in seguito), pendenti nel primo grado di giudizio alla data del 31 dicembre 2010, debba essere dichiarata di diritto; con ciò intendendo dire in base a potere d'ufficio, esercitato in qualsiasi grado, anche in appello o in cassazione, a prescindere da una specifica istanza o impugnazione di parte. Oltretutto nel caso in esame la sentenza di primo grado era stata pronunciata all'udienza del 1° febbraio 2011, e quindi prima dell'entrata in vigore della norma in questione; talché non poteva evidentemente pronunciarsi alcuna estinzione o esservi per questo necessità di un gravame.

3. - La seconda censura è fondata nei termini di cui alle seguenti considerazioni. Viene in questione l'interpretazione dell'ampio disposto normativo di cui all'articolo 38, primo comma lett. a) del decreto legge 6 luglio 2011 convertito in legge numero 111 del 2011, il quale dispone: «Al fine di realizzare una maggiore economicità dell'azione amministrativa e favorire la piena operatività e trasparenza dei pagamenti, nonché deflazionare il contenzioso in materia previdenziale, di contenere la durata dei processi in materia previdenziale, nei termini di durata ragionevole dei processi, previsti ai sensi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, i processi in materia previdenziale nei quali sia parte l'INPS, pendenti nel primo grado di giudizio alla data del 31 dicembre 2010, per i quali, a tale data, non sia intervenuta sentenza, il cui valore non superi complessivamente euro 500,00, si estinguono di diritto, con riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente. L'estinzione è dichiarata con decreto dal giudice, anche d'ufficio. Per le spese del processo si applica l'articolo 310, quarto comma, del codice di procedura civile».

4. - Reputa il Collegio che il riferimento al fine di "favorire la piena operatività e trasparenza dei pagamenti" nonché l'espressione finale, pure contenuta nella norma, secondo cui l'estinzione del processo previdenziale deve condurre al "riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente", portino a preferire un'interpretazione restrittiva, diretta a circoscrivere il disposto normativo ai soli processi relativi a prestazioni, in cui cioè si discuta di una pretesa economica da riconoscere a favore del privato ricorrente; con esclusione; perciò, di quelli vertenti in materia contributiva, in cui sia l'INPS a chiedere il pagamento di una contribuzione non corrisposta.

5. - Né conta osservare che anche in questi ultimi casi, il ricorrente formale sia pur sempre il privato che agisca in opposizione ad un provvedimento esecutivo; siccome nei medesimi giudizi l'attore in senso sostanziale è invece l'INPS, il che avrebbe dovuto portare, in seguito all'estinzione del processo, a riconoscere il credito contributivo in capo all'INPS, con espropriazione del diritto di difesa dello stesso soggetto obbligato.

6. - D'altra parte, deve ritenersi che il legislatore con la normativa in discorso, ricorrendo allo strumento della generalizzata estinzione di «diritto» dei giudizi di contenuto valore abbia inteso apprestare un rimedio per attuare la deflazione del contenzioso previdenziale (Corte Cost. ord. 158/2014) e fronteggiare un determinato fenomeno - che era notorio e concentrato in alcuni territori del paese - relativo alla proliferazione dei giudizi aventi ad oggetto prestazioni previdenziali di minimo valore (per lo più intrapresi da lavoratori agricoli), i quali portavano ad incidere sui termini di durata complessiva dei processi in materia previdenziale e ad una possibile violazione del principio costituzionale di ragionevole durata.

7. - Per le considerazioni espresse, il ricorso va quindi accolto, la sentenza impugnata va quindi cassata e la causa rinviata al giudice indicato in dispositivo per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Campobasso in diversa composizione.