Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 aprile 2018, n. 8306

Imposte dirette - IRPEF - Dichiarzioni dei redditi - Accertamento - Riscossione - Cartella di pagamento

 

Fatti della causa

 

1. A.P. ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza resa dalla commissione tributaria regionale della Puglia in data 11.8.2011, con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, la pretesa della Agenzia delle Entrate per irpef dell'anno 2002 pari a € 2249,78, oltre interessi e sanzioni, portata in una cartella contestata da esso ricorrente con la motivazione di avere versato somme eccedenti il preteso debito per (Lire 9.180.000 ossia) € 4741,07 e di essere ulteriormente creditore di (Lire 4.356.000, ossia) € 2249,69) per versamenti eccedenti il dovuto, relativi al precedente periodo di imposta (anno 2000), era stata ritenuta legittima considerando che l'ufficio aveva dimostrato che, per l'anno 2000, il contribuente risultava essere non già creditore di (L.4.356.000 ossia) € 2249,69 ma debitore di (L. 14.584.000 ossia) € 7532,00.

2. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso, P. lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 57 d.lgs. 546/92 e degli artt. 345 e 437 c.p.c., con riferimento all'art. 360, comma 1, n.4, c.p.c., per avere la commissione tributaria regionale della Puglia illegittimamente esteso il proprio esame, e per aver deciso, riguardo all'anno d'imposta (2000) precedente a quello a cui erano riferiti la cartella, il ricorso iniziale, i rilievi dell'Agenzia, la decisione di primo grado.

2. Con il secondo motivo di ricorso, P. lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 43 d.lgs. 600/73, con riferimento all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la commissione tributaria regionale della Puglia tenuto conto dell'affermazione della Agenzia sull'esistenza di un preteso debito relativo all'anno 2000, laddove invece tale affermazione non avrebbe dovuto essere tenuta in conto essendo decorso il termine, previsto dall'art. 43, entro il quale l'amministrazione avrebbe potuto sollevare rilievi rispetto alla dichiarazione irpef a suo tempo presentata.

3. con il terzo motivo di ricorso, P. lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 57 d.lgs. 546/92, con riferimento all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., e contraddittorietà e illogicità della motivazione, con riferimento all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., peravere la commissione tributaria regionale della Puglia dato illogicamente credito alla deduzione dell'ufficio secondo cui esisteva un debito di esso ricorrente per l'anno d'imposta 2000, malgrado dalla documentazione in atti tale debito non risultasse affatto.

4. Il primo motivo di ricorso è fondato:

4.1. è indiscusso che la cartella impugnata è riferita all'anno d'imposta 2001;

4.2. il pagamento, relativamente a quell'anno, da parte del P. di somme in eccesso rispetto al debito recato dalla cartella, è stato accertato dalla commissione;

4.3. l'oggetto del processo era definito dalla pretesa impositiva di cui alla cartella e dai motivi di impugnazione della cartella correlati alla tale pretesa, con la conseguenza che la commissione regionale, accertata l'insussistenza della pretesa in questione per eccedenza rispetto ad essa dei pagamenti effettuati dal contribuente, avrebbe dovuto limitarsi ad annullare l'atto impositivo senza poter esaminare, in contrasto con il disposto dell'art. 57 d.lgs. 546/92, se la pretesa tributaria fosse comunque giustificata operando una sostituzione del credito in contestazione con un credito, fatto valere dall'Agenzia solo in secondo grado come titolo di domanda e non di mera eccezione, per una annualità di imposta precedente;

5. in ragione di quanto sopra, assorbiti il secondo ed il terzo motivo di ricorso, l'impugnazione va accolta e la sentenza della commissione tributaria regionale della Puglia va cassata;

6. non vi sono dati di fatto da accertare ed è dunque possibile, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., decidere la causa nel merito con accoglimento del ricorso originario.

7. Le spese del merito sono compensate in ragione dell'evoluzione della vicenda processuale, mentre le spese del presente giudizio di legittimità, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'iniziale ricorso del contribuente; compensa le spese del merito;

condanna la Agenzia delle Entrate a rifondere a A.P. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 1500,00, oltre accessori di legge.