Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 aprile 2018, n. 8245

Tributi - Accertamento - Riscossione - Registrazioni contabili - Procedimento - Contenzioso tributario

 

Fatti di causa

 

1. A seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza di Napoli, l'Ufficio delle Imposte Dirette di Caserta emetteva, ai sensi dell'art. 39, comma 1, e 40 d.P.R. n. 600/73, avviso di accertamento nei confronti del Consorzio N.C.A.O.T.L. - UNICOOP a r.l. in liquidazione, con il quale, in relazione all'anno d'imposta 1985, venivano recuperate a tassazione, ai fini IRPEG ed ILOR, £ 1.553.659.000 a titolo di ricavi non fatturati e non contabilizzati e £ 18.178.000 per costi non inerenti.

2. Nei confronti del suddetto avviso di accertamento, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.T.P. di Caserta, che lo accoglieva in gran parte. La commissione dichiarava l'illegittimità del recupero relativo ai pretesi ricavi non fatturati e non contabilizzati, ad eccezione del modesto importo di £ 1.432.000, ritenendo la fondatezza del recupero per costi non inerenti e riconoscendo al Consorzio l'applicabilità dell'esenzione di cui all'art. 10 d.P.R. n. 601/1973.

3. Respinto l'appello principale dell'Ufficio ed in parziale accoglimento dell'appello incidentale del Consorzio, la C.T.R. della Campania annullava anche la ripresa di £ 18.178.000 per costi non inerenti.

4. La Corte di cassazione, adita da entrambe le parti, con sentenza n. 14024 del 2007, accoglieva in parte il ricorso dell'Agenzia delle entrate, limitatamente alle censure relative alla ritenuta inaffidabilità della ricostruzione del conto economico operata dall'Ufficio ed ai risultati cui esso era pervenuto, nonché riguardo al riconoscimento dell'applicabilità dell'esenzione di cui all'art. 10 d.P.R. n. 601/1973.

5. Il giudice del rinvio, con sentenza del 23 aprile 2010, ha riconosciuto la non spettanza dell'esenzione di cui all'art. 10 d.P.R. n. 601/1973, accogliendo invece il ricorso del contribuente in relazione ai recuperi a tassazione sia dei ricavi non fatturati e non contabilizzati, sia dei costi non inerenti.

6. Avverso detta pronuncia, l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi.

7. Resiste con controricorso la società contribuente.

 

Ragioni della decisione

 

1. La struttura del ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate si articola nei seguenti termini. Dopo una premessa in cui è esposto in estrema sintesi lo svolgimento del processo, segue il primo motivo di ricorso, con il quale - in relazione al recupero a tassazione di ricavi non fatturati e non contabilizzati, ritenuto illegittimo dalla C.T.R. - si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 53 d.P.R. n. 633/72, nonché omessa o insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo del giudizio. E' quindi riportata la motivazione della sentenza impugnata e sono riprodotti l'avviso di accertamento ed il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza (il quale consta di n. 131 pagine e di n. 8 allegati); infine, vi è una breve illustrazione del motivo di ricorso. Segue il secondo motivo, con il quale si denuncia omessa o insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo del giudizio, nonché violazione degli artt. 2721, 2729 e 2697 cod. civ., richiamando il contenuto del processo verbale di constatazione e formulando una sintetica critica della sentenza impugnata in relazione alla ritenuta illegittimità del recupero di costi non inerenti.

2. Il controricorrente ha eccepito l'inammissibilità del ricorso per cassazione, per come strutturato, in quanto esso si compone di una successione di atti, «riversati» sul giudice di legittimità, cui è demandato il compito di ricercare e sceverare quanto possa eventualmente avere rilevanza ai fini della decisione.

3. L'eccezione è fondata.

Va premesso che, come è noto, la tecnica di redazione dei cosiddetti ricorsi «assemblati» o «farciti» o «sandwich» implica una pluralità di documenti integralmente riprodotti all'interno del ricorso, senza alcuno sforzo di selezione o rielaborazione sintetica dei loro contenuti.

Tale eccesso di documentazione integrata nel ricorso non soddisfa la richiesta alle parti di una concisa rielaborazione delle vicende processuali contenuta nel codice di rito per il giudizio di cassazione, viola il principio di sinteticità che deve informare l'intero processo (anche in ragione del principio costituzionale della ragionevole durata di questo), impedisce di cogliere le problematiche della vicenda e comporta non già la completezza dell'informazione, ma il sostanziale «mascheramento» dei dati effettivamente rilevanti per le argomentazioni svolte, tanto da risolversi, paradossalmente, in un difetto di autosufficienza del ricorso stesso. La Corte di cassazione, infatti, non ha l'onere di provvedere all'indagine ed alla selezione di quanto è necessario per la discussione del ricorso.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno osservato che il requisito dell'esposizione sommaria dei fatti di causa, previsto dall'art. 366 n. 3 cod. proc. civ., è preordinato allo scopo di agevolare la comprensione dell'oggetto della pretesa, l'esito dei gradi precedenti con eliminazione delle questioni non più controverse ed il tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura (sent. n. 16628 del 2009). Si è inoltre rilevato (ord. n. 19255 del 2010) che l'assolvimento del requisito in questione è considerato dal legislatore come un'attività di narrazione del difensore che, in ragione dell'espressa qualificazione della sua modalità espositiva come sommaria, postula un'esposizione finalizzata a riassumere sia la vicenda sostanziale dedotta in giudizio che lo svolgimento del processo. E' stato, altresì, precisato (Cass. n. 10244 del 2013) che la pedissequa riproduzione di atti processuali e documenti, ove si assuma che la sentenza impugnata non ne abbia tenuto conto o li abbia mal interpretati, non soddisfa il requisito di cui all'art. 366 n. 3 cod. proc. civ., in quanto costituisce onere del ricorrente operare una sintesi del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure, al fine di evitare di delegare alla Corte un'attività, consistente nella lettura integrale di atti e documenti assemblati finalizzata alla selezione di ciò che effettivamente rileva ai fini della decisione, che, inerendo al contenuto del ricorso, è di competenza della parte ricorrente e, quindi, del suo difensore.

Alla luce dei richiamati principi giurisprudenziali, la tecnica espositiva adottata nel ricorso in esame appare inidonea ad integrare il requisito dell'art. 366 n. 3 cod. proc. civ. poiché onera la Corte, per percepire il fatto sostanziale e lo svolgimento del fatto processuale, di procedere alla lettura degli atti e documenti riprodotti, similmente a quanto avviene in ipotesi di mero rinvio ad essi, difettando quella sintesi funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata in cui si sostanzia il principio di autosufficienza del ricorso.

Nella specie, non può peraltro trovare applicazione il principio espresso da questa Corte, in base al quale la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un'esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell'art. 366 n. 3 cod. proc. civ., e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza, sicché è sanzionabile con l'inammissibilità, a meno che il coacervo dei documenti integralmente riprodotti, essendo facilmente individuabile ed isolabile, possa essere separato ed espunto dall'atto processuale, la cui autosufficienza, una volta resi conformi al principio di sinteticità il contenuto e le dimensioni globali, dovrà  essere valutata in base agli ordinari criteri ed in relazione ai singoli motivi (Cass. n. 18363 del 2015).

Il ricorso in esame, invero, si compone di n. 179 pagine, costituite in larga parte dal processo verbale di constatazione (il quale consta di n. 131 pagine e di n. 8 allegati), dalla motivazione della sentenza impugnata e dall'avviso di accertamento. Orbéne, espunti tali atti e documenti, in quanto facilmente individuabili ed isolabili, il ricorso si riduce a n. 5 pagine contenenti una breve 61 illustrazione dei due motivi di ricorso e le conclusioni formulate, precedute da una estremamente sintetica esposizione dei fatti processuali. Il ricorso, pertanto, una volta ricondotto a dimensioni e contenuti rispettosi del canone di sinteticità configurato nel modello legislativo del giudizio per cassazione, non si palesa conforme al principio di autosufficienza, poiché esso non contiene tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata.

4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida € 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.